Archivio per il mese di marzo, 2008

Andiamo al cinema

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CENTRALE
Via Cascione 52
CENERENTOLA E GLI 007 NANI (Animazione, 85’)
Usa/Germania – 2007
Regia: Paul J. Bolger
Orario: 20,15

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COUS COUS (Dramm. 151’)
Francia – 2007
Regia: Abdellatif kechiche
Con: Bouraoia Marzouk, Habib Boufares, Sabrina Ouazani, Bruno Lochet
Orario: 22,40

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IMPERIA
Piazza Unione 2

JOHN RAMBO (Avventura, 90’)
Usa – 2008
Regia: Sylvester Stallone
Con: Sylvester Stallone, Matthew Marsden, Julie Benz, Craham mc Tavish.
Orari: 20,15 – 22,40

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Scritto da Angelo Amoretti

7 marzo, 2008 alle 12:55

Pubblicato in Cinema

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L’agonia del Cinema Centrale

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Il cinema Centrale è a serio rischio chiusura.
La crisi è in atto da qualche tempo e nonostante siano state raccolte circa 500 firme a sostegno dello storico locale, le cose sono peggiorate e tra due mesi rischieremo di non vedere mai più film nell’unica sala cinematografica di Porto Maurizio.
Per chi si avventurasse per la prima volta su questo blog ricordo che Imperia è capoluogo di provincia, con circa 40.000 abitanti.
Anni fa le sale cinematografiche a Imperia erano: il Rossini, il Dante, l’Imperia e l’Odeon (estivo) a Oneglia; il Cavour, il Centrale, il Croce Bianca e il Lux a Porto Maurizio.
Sono rimasti l’Imperia e il Centrale (uno a Oneglia, l’altro a Porto). Recentemente al posto del Rossini è sorto un hotel che si allaga quando piove e il Dante, chiuso da non molto, diventerà centro di appartamenti. Il Cavour continua l’attività, con una bella stagione teatrale.
La domanda che sorge spontanea è questa: come mai Imperia rischia di rimanere con una sola sala cinematografica?
Il Cinema è anche cultura (oltre a essere intrattenimento) e questo è il segno che della cultura all’amministrazione comunale e alla maggior parte degli imperiesi importa fino a un certo punto.
Importano di più il porto e i mattoni: non sono io a dirlo, è Andrea Falciola (”una vita per il cinema, un cinema per la vita”, si potrebbe definire), portavoce della cooperativa che si occupa della gestione della sala, che al Secolo XIX rilascia quanto segue:

“Da quando abbiamo messo in moto questa mobilitazione sono passati tre mesi, ma non è successo niente. Nessuno ci ha teso una mano, nessuno si è mosso. Garanzie d’intervento, supporti, appoggio concreti per garantire la sopravvivenza del Centrale non ne abbiamo ricevuto. O qualcuno ci aiuta, aiuta questo spazio culturale sopravvissuto a Porto Maurizio oppure….si chiude. Il tempo stringe: se nei prossimi due mesi non ci saranno schiarite il Centrale abbasserà le serrande. [...] Il Comune sa che con la chiusura del Centrale l’offerta cinematografica risulterebbe inadeguata a un capoluogo di provincia ma, soprattutto, sa che si creerebbe un impoverimento culturale e sociale per l’intera città. Che senso ha investire milioni di euro per riqualificare Porto Maurizio quando non si salvaguardano le attività che sin da ora lo qualificano e fanno sì che non sia solo uno squallido rione dormitorio? La città non vive solo di mattoni e porto”

Falciola non si limita a quelli che i profani potrebbero definire “mugugni”: lancia delle proposte concrete e dice che la sala potrebbe anche diventare teatro per ragazzi al pomeriggio, luogo di presentazioni di libri sul modello dei martedì letterari del Casinò, saggi degli studenti delle numerose scuole di musica cittadine.
Inoltre gli enti pubblici potrebbero stipulare una specie di convenzione per l’utilizzo della sala per un certo numero di giorni all’anno, dove poter fare congressi e concerti musicali.
Insomma, le proposte ci sono eccome, adesso toccherebbe all’amministrazione comunale fare la sua parte, se proprio non vuole far morire la cultura in città.

Scritto da Angelo Amoretti

6 marzo, 2008 alle 12:21

Si dovrebbe

11 commenti al post

Si dovrebbe parlare di Mariano Aicardi, morto sul lavoro a 38 anni per la caduta di un muro, a Diano Castello.
Magari lo conoscevo di vista, forse conoscevo anche suo padre, ma che differenza fa? Questa morte ci colpisce proprio perché è avvenuta vicino a noi perché quella tragica sequenza partita da Torino, Genova e Molfetta, è arrivata fino qua. Nel mezzo chissà quante altre disgrazie sul lavoro: in Italia non esiste neppure un elenco preciso di morti bianche.
Si dovrebbe parlare di sicurezza sul lavoro, ma a quanto sembra, ai nostri grandi leader politici interessa di più la sicurezza nelle case, nelle famiglie e nelle città.
Dei lavoratori pare non si preoccupi più nessuno.
Si dovrebbe parlare del lavoro nero che proprio nel settore dell’edilizia ha uno squallido primato.
Ma oggi non ne ho voglia.
Tra qualche giorno dimenticheremo tutto, finché non succederà un’altra disgrazia. Invece è proprio nell’intervallo tra questa e la prossima che si dovrebbe fare qualcosa, in modo che non debba mai più avvenire.

Scritto da Angelo Amoretti

5 marzo, 2008 alle 12:14

Pubblicato in Attualità

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14 commenti al post

Dispiace constatare che ci sia sempre una certa acredine da parte di certi esponenti politici locali, quando qualcuno esprime una opinione.
E’ il caso della recente diatriba scoppiata tra Pasquale Indulgenza (Rifondazione) e Davide Ghiglione (Popolo delle Libertà).
Non voglio entrare nel merito della questione, che riassumo così: in riferimento al manifesto del Partito Socialista Europeo e della UIL, di cui ho scritto in questo post, Indulgenza, con un comunicato stampa visibile su Sanremonews e Riviera24, sottolinea che anche il partito che rappresenta si è dato da fare contro l’esagerata cementificazione del fronte e immediato retromare.
Il consigliere Ghiglione gli ha subito risposto (si attende la messa online da parte di Riviera24, mentre scrivo) e il suo comunicato è lecito.
Quello che non trovo carino, ma ovviamente è questione di gusti, è che l’architetto concluda con «Insomma da Rifondazione il solito appello dei signor “No” che ha bloccato lo sviluppo e messo in ginocchio l’Italia» mica per altro, ma perché è poco originale.
Adesso va di moda, in campagna elettorale, dire che il centrosinistra ha messo in ginocchio l’Italia. Solo che bisognerebbe fare attenzione perché tra due mesi certe prese di posizione odierne potrebbero diventare obsolete, nel caso dovesse avverarsi, come prevede Casini, il “Veltrusconismo”.
Infatti il centrosinistra nostrano ci sta più attento, sarà un caso?
E ad ogni modo, visto che ognuno è libero di fare per sé gli slogan sei per tre, a me potrebbe anche venir voglia di postare questa foto taroccata (pubblicata da Repubblica.it), senza aggiungere altro:

Scritto da Angelo Amoretti

3 marzo, 2008 alle 18:29

Pubblicato in Politica

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L’uomo di cemento

6 commenti al post

Su Il Manifesto del 22 febbraio scorso c’è un articolo di Marco d’Eramo dal titolo “Il golf s’ingolfa, la terra ringrazia” che parla del calo di questo sport negli Stati Uniti d’America.
E’ una notizia riportata dal New York Times: da sei anni la pratica del golf è in declino negli Usa. Lo sport per eccellenza dei super ricchi e dei banchieri perde colpi. Nel 2000 i golfisti in Usa erano 30 milioni, oggi sono 26 milioni (il 13% in meno). Ancor più rilevante è il declino dei golfisti accaniti, quelli che giocano almeno 25 volte l’anno: da 6,9 milioni si è passati a 4,6 (-30%).
Così, oltre alla bolla edilizia, si sta sgonfiando anche quella del golf. Gli speculatori infatti avevano scommesso sui “baby boomers” pensionati e tra il 1990 e il 2003 avevano allestito più di 3.000 campi da golf, portandone il totale a 16.000. E oggi li offrono in saldo a centinaia.
Il perché del declino non è del tutto chiaro. In Usa tutti gli sport all’aperto perdono colpi, forse per i videogiochi o il troppo tempo che si perde davanti al computer. Può darsi che sia colpa del crollo della e-economy nel 2000 e dei venti della recessione che soffiano adesso.
C’è chi sostiene che il crollo del golf sia dovuto all’eccessiva durata di una partita: circa 4 ore per 18 buche, o chi dice che il golf non è più uno status symbol: è diventato troppo democratico per uno sport nato per distinguere chi si poteva permettere di sottrarre enormi appezzamenti di terreno agli usi produttivi (agricoltura e allevamento) per adibirli a mero consumo.
L’articolo di d’Eramo conclude dicendo che a tirare un sospiro di sollievo è il pianeta terra, soprattutto in California, Nevada, Arizona e New Mexico, dove inimmaginabili fiumane d’acqua vengono sprecate per mantenere nel deserto pietroso distese di erbetta verde brillante.
Qua dalle nostre parti, è noto, siamo arretrati rispetto agli Stati Uniti di una ventina d’anni e il golf non conosce ancora questa crisi: anzi, da nove buche si vuol passare a diciotto, al golf di Castellaro, per dire, e probabilmente gli statunitensi verranno a giocare qui.
E il pianeta Terra, nel profondo nord ovest italiano, dovrà aspettare una ventina d’anni per tirare un sospiro di sollievo.

Sabato 8 marzo a Imperia presso l’Antica Compagnia Portuale di Oneglia, verrà proiettato “L’uomo di cemento”, documentario realizzato dal regista Franco Revelli e sponsorizzato da “Legambiente Valle Argentina” per denunciare le speculazioni edilizie e lo sfruttamento selvaggio del territorio a danno di chi ci è nato, ci vive e ci lavora.

Scritto da Angelo Amoretti

1 marzo, 2008 alle 12:50