Archivio per il mese di maggio, 2011

Appuntamenti

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Venerdì 20 maggio alle 21, il gruppo post rock strumentale “Rumore del Bianco” terrà un concerto al Circolo Arci Guernica in via Mazzini, 15, Imperia Porto Maurizio. Il gruppo è formato da:
Andreas – Chitarra
Domenico – Basso
Francesco – Sintetizzatore
Marco – Batteria

Alla Libreria Ragazzi di via Vieusseux a Imperia Oneglia, alle 21 Marco Vallarino presenterà il suo ultimo romanzo “Il Muro“.

Sabato 21 maggio, ore 21, presso il Centro Culturale Polivalente di Piazza del Duomo a Imperia Porto Maurizio, l’Associazione Culturale OlivoNero presenta un reading dedicato a “La spiaggia dei cani romantici” l’ultimo romanzo di Marino Magliani. Al violino Corrado Trabuio.

All’Arci Guernica, alle 21, incontro sul tema dell’acqua comune per votare SI ai referendum del 12 e 13 giugno. Verrà trasmesso il documentario “Water Makes Money” che descrive come le multinazionali gestiscono il servizio pubblico della distribuzione dell’acqua esclusivamente in base ai profitti che ne possono ricavare.

Al Centro Sociale La Talpa e l’Orologio, in via Argine Destro, 625 a Imperia Oneglia, alle 22, concerto del gruppo “Bud Spencer Blues Explosion“, duo romano che ha suonato anche al Concertone del 1° maggio a Roma nel 2009. Suoneranno anche  i Maneras e i SexOppida.

Scritto da Angelo Amoretti

18 maggio, 2011 alle 8:25

“Il Muro” primo romanzo di Marco Vallarino

senza commenti

E’ uscito il romanzo di Marco Vallarino “Il Muro”, per le edizioni Alacràn, nella collana per ragazzi 4YOU.

Il libro è rivolto soprattutto ai ragazzi e racconta dell’adolescenza di due studenti, Gianni e Silvia, che vivono alcune giornate intense alla ricerca di chi ha lasciato – e perché – certe scritte in svariate vie della nostra città.
Le viuzze e i caruggi di Imperia che Vallarino ci fa percorrere insieme ai due protagonisti, sono in effetti le vie che noi adulti abbiamo già percorso e potrebbero essere interpretate come il percorso della vita di ognuno: i nostri caruggi sono pieni di diramazioni che possono essere più o meno facilmente percorribili, a seconda dei casi. Tutte, più o meno, finiscono per portare sulla via principale, ma qualcuno, avventurandosi in quelle traverse, può perdere la strada maestra e trovarsi in difficoltosi e ostici vicoli. Qualcuno può trovarci la morte, altri, con un senso di orientamento più razionale, l’amore.
E’ questo il senso che ho dato a ciò che ha scritto Vallarino, che in una nota spiega perché il romanzo è ambientato nel 2003:

Il 2003 a Imperia è stato l’anno della «guerra dei graffiti», in cui la cittadina ligure si è trovata a fronteggiare l’avvento di bande di writers che hanno tappezzato il centro storico di murales, disegni, messaggi e sigle come Jori, Darkiss e Single. Più che una forma di protesta o il desiderio di seguire una nuova moda, era la volontà di assecondare una passione smodata verso il mondo della street art, che negli anni a venire avrebbe prodotto, fuori dalla iniziale clandestinità, opere d’arte acclamate in musei e a manifestazioni di tutta Italia e d’Europa.

Marco Vallarino ha 33 anni e vive a Imperia. Finalista a vari premi letterari, ha pubblicato racconti per Mondadori, De Agostini, L’Unità, Coniglio, Stampa Alternativa, Addictions, Fanucci. Per Il Secolo XIX ha scritto migliaia di articoli su eventi, personaggi, luoghi della Liguria, oltre che storie di fantasia ispirate ai principali fatti di cronaca. A stretto contatto con la realtà giovanile, si è occupato degli allarmi sociali legati a alcool e stupefacenti e ha esplorato i risvolti culturali di situazioni alternative come il writing e di altre più patinate connesse col mondo notturno delle discoteche.
Questo è il suo primo romanzo che si trova in tutte le librerie al prezzo di 13 euro.
Vallarino presenterà Il Muro alla Libreria Ragazzi di Via Vieusseux a Imperia Oneglia, venerdì 20 maggio alle 21 e sabato 4 giugno alla Fiera del Libro di Imperia, presso il Bar Le Palme, alle 18.45.

Scritto da Angelo Amoretti

17 maggio, 2011 alle 12:10

Pubblicato in Libri, Personaggi

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Il PD di Imperia va nelle frazioni

55 commenti al post

Domani il Partito Democratico sarà presente, dalle 10 alle 12, in dodici frazioni, con altrettanti banchetti, per ascoltare la voce degli abitanti. Nelle cassette delle lettere dei residenti ci dovrebbe essere un piccolo questionario come quello che si può scaricare sul blog di Giorgio Montanari.
Una volta compilato, chi vuole può consegnarlo al banchetto che troverà nella propria frazione (quelli di Massabovi stanno in zona franca).
Dal momento che non so se potrò consegnare il mio, lo compilo e lo pubblico qua.
Detto per inciso: la fontana abbiamo cercato di pulirla noi della frazione, senza photoshop.

La fontana di Clavi

Scritto da Angelo Amoretti

14 maggio, 2011 alle 11:53

Parliamone

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L’altro ieri sul sito della Fondazione Cristoforo Colombo, l’on. Claudio Scajola ha pubblicato un articolo dal titolo “Via del Fagutale? Adesso ne possiamo parlare” e allega un documento [pdf] in cui spiega la vicenda dell’acquisto dell’appartamento a Roma.
E su il Fatto Quotidiano di oggi ne parla Marco Lillo.
Riporto il suo articolo perché al momento non è ancora sul sito.

Le fatture che coinvolgono Scajola
Ecco gli appalti ad Anemone
Nelle carte dell’indagine due prove ancora non valutate

Le due fatture che inguaiano Claudio Scajola portano la data del 30 aprile e del 31 giugno 2002. Riguardano una fornitura di condizionatori per un lavoro svolto dalla Tecnocos e provano che Anemone ha lavorato al Viminale nel periodo in cui il titolare del dicastero non era Giuseppe Pisanu come si è creduto finora, ma proprio Scajola, beneficiato due anni dopo dagli assegni usati per comprare la casa vicino al Colosseo. Quelle fatture sono depositate negli atti dell’indagine di Perugia sulla cosiddetta “Cricca dei grandi eventi”, ma nessuno finora si era reso conto della loro importanza. Dopo la chiusura dell’indagine perugina dove Scajola non è mai stato iscritto nel registro degli indagati, Berlusconi ha dichiarato: “Quello che è successo al mio amico Claudio Scajola, uscito totalmente estraneo da una vicenda che ha profondamente ferito lui e la sua famiglia, è una clamorosa dimostrazione della necessità di una riforma della giustizia”.
Ieri Scajola ha pubblicato sul web un trattatello di 12 pagine dedicato alla vicenda dell’appartamento pagato “a sua insaputa” grazie ai 900 mila euro degli assegni di Anemone. A giorni si attende il suo ingresso al governo.
Finora si è detto che Anemone non ha preso nemmeno un appalto dal Viminale, quando era retto da Scajola. Per controllare questa affermazione il Fatto Quotidiano ha riletto le carte, a partire dalle due fatture emesse dalla Simait Service Srl, un fornitore storico di Anemone che si è occupato anche dei condizionatori della casa del ministro nel 2004. Simait fattura a Tecnocos di Anemone con questa motivazione: “Ns. riferimento commessa n. 26/2002 del 4 febbraio 2002 per la fornitura e posa in opera di impianto di condizionamento per una fornitura di impianti di condizionamento aria per condizionatore multisplit e inverter presso il ministero degli Interni di Roma”. La seconda fa riferimento alla commessa del 14 febbraio del 2002 per altri condizionatori sempre “presso il ministero degli Interni”.
Le date delle fatture dimostrano che c’è un buco nella ricostruzioni di investigatori e giornalisti. Non è vero che la scalata di Anemone è iniziata con con il contratto per i lavori di ristrutturazione della sala crisi del Viminale nel settembre del 2002, due mesi dopo l’arrivo di Pisanu. Sulla base di questa affermazione – nonostante siano provati i vantaggi ottenuti da Scajola – l’ex ministro non è stato indagato perché, per dirla con il brocardo latino, c’è il do di Anemone ma non c’è l’ut des di Scajola. Insomma, c’è un regalone da un milione di euro, ma manca la controprestazione. Non tanto perché i 21 contratti firmati dal 2002 al 2009 dalle società di Anemone per un centinaio di milioni di euro abbiano come controparte il Provveditorato delle Opere pubbliche del ministero delle Infrastrutture. Tutti sanno che si tratta di un contraente formale che esegue le direttive del committente reale, che spesso era il ministero dell’Interno. Scajola era escluso perché la stagione d’oro di Anemone al Viminale, così si era detto finora, era iniziato solo dopo il 4 luglio del 2002, quando Scajola si dimette dopo aver dato del “rompicoglioni” al professor Marco Biagi. E invece non è così. E basta leggere le carte di Perugia per capirlo. Già nell’elenco dei lavori sequestrato ad Anemone e allegato all’informativa del Ros dei Carabinieri del 29 aprile 2010, spunta un contratto per “manutenzione dei locali del compendio del Viminale” datato 13 maggio 2002.
Ma anche il primo contratto importante, quello da 2 milioni e 494 mila euro per la “Ristrutturazione degli ambienti destinati alla Sala Situazioni, all’area di crisi agli uffici contermini e all’archivio dell’Onorevole Ministro- Compendio del Viminale” che risulta firmato il 19 settembre 2002, stando alle fatture della Simait pubblicate oggi dal Fatto, risale a febbraio del 2002. “Quando Pisanu arriva”, spiegano al Fatto i collaboratori dell’ex ministro Pisanu “i lavori della sala di crisi e dell’ufficio erano già stati già appaltati ed erano quasi terminati”. Non basta: Scajola diventa ministro altre tre volte e in tutti e tre i casi Anemone si occupa di ristrutturare i suoi uffici: al ministero dell’Attuazione del programma nel 2004, al ministero delle Attività produttive (23 mila e 880 euro) nel 2005 e poi ancora al ministero dello Sviluppo economico: 31 mila euro pubblici spesi per “lavori nella stanza di riposo e attiguo bagno del ministro”. Sono importi piccoli. Ma nelle carte dell’indagine c’è traccia di un intervento più importante. Il 3 aprile del 2009 Bertolaso dice al telefono al dottor Guidelli che “i ministri Tremonti e Scajola hanno trasferito sul conto (della Protezione Civile) 226 milioni di euro e quindi pagheranno tutti gli stati di avanzamento dei lavori a La Maddalena”. Proprio quelli che interessavano a Anemone e Balducci.

Marco Lillo – il Fatto Quotidiano, 12 maggio 2011

Scritto da Angelo Amoretti

12 maggio, 2011 alle 17:30

Pubblicato in Politica

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Claudio Scajola torna al governo?

8 commenti al post

E’ dunque imminente il ritorno dell’on. Claudio Scajola nel governo del miglior premier degli ultimi 150 anni?
Stando a quello che si legge in giro si direbbe di sì e dopo le amministrative potrebbero aprirsi per lui le porte del ministero dello sviluppo economico o di quello delle politiche comunitarie.
In un mio post precedente dicevo che poteva trattarsi di un “risarcimento”, ma lui e il suo Capo, stanno facendo passare la cosa come una sorta di “rivincita” sulla magistratura e la stampa “avversa”, per cui occorrerà, da parte del governo, porre rimedi in merito.
Ho già scritto che non fu solo la stampa avversa a chiedere le dimissioni di Scajola: Berlusconi, che adesso telefona “all’amico Claudio” per dirgli che è stata una vergogna tutto ciò che si è detto e scritto in proposito, dimentica che in pratica gli ordinò di dimettersi perché – dopo aver evidentemente fatto uno dei suoi sondaggi anche tra gli altri componenti del governo – pare che avesse confidato a un ministro che “la situazione è difficile. La casa è un bene che colpisce molto l’immaginazione della gente” [il virgolettato si legge qui].
Ovviamente adesso il premier più piccolo degli ultimi 150 anni, [se non si considerano i tacchi e qualche centimetro di asfalto che ha in testa] direbbe che è stato frainteso o che non si riferiva a Scajola. Ormai siamo abituati alle sue piroette e anche ai tripli salti mortali, quindi non ci stupiamo più del dovuto.
Ci stupiamo, o perlomeno lo fa il sottoscritto, del fatto che non si prenda in dovuta considerazione la faccenda dell’inchiesta sul porto di Imperia in cui il nostro concittadino è indagato per associazione a delinquere.
Lui, che probabilmente ha la sfera di cristallo, dice che finirà tutto in una bolla di sapone, io che non ce l’ho, non so dire come finirà.
Ma so che eventualmente al governo ci sarebbe un ministro indagato e se anche di questo non dovrei stupirmi, penso alla figura poco edificante che farebbe nei confronti dei suoi colleghi esteri: l’inglese Jacqui Smith si dimise perché suo marito chiese il rimborso per il noleggio di due videocassette porno; il tedesco Karl Theodor zu Guttenberg rassegnò le dimissioni perché aveva copiato la tesi di laurea.
Certo, qualcuno dirà che con l’immagine che abbiamo all’estero [vedere alle voci Ignazio La Russa e Franco Frattini] una figura da cioccolataio in più o in meno, cosa cambia?

Scritto da Angelo Amoretti

11 maggio, 2011 alle 12:11

Blitz della Polizia in Procura a Imperia

5 commenti al post

Sabato, su “la Repubblica” e su “Il Fatto Quotidiano” online, sono comparsi due articoli che riporto a beneficio di chi se li fosse persi. Lo faccio anche perché occorre che la vicenda abbia la dovuta visibilità, perciò, nel mio piccolo, contribuisco anche io.
Ricordo quando tempo fa scrivevo del gran lavoro che stava svolgendo la polizia postale e che ci sarebbe stato bisogno di rafforzarla, oltre che sostenerla, e invece scopro che, stando a quanto raccontano Marco Preve e Ferruccio Sansa, qualcun altro voleva metterci del suo.
Non ho trovato la notizia sui nostri quotidiani locali perché probabilmente è sfuggita ai nostri cronisti e per dirla tutta, mi domando come mai venga fuori solo adesso, ma tant’è: è uscita e io la ripropongo di seguito.

LA REPUBBLICA - Marco Preve

Porto di Imperia, il blitz segreto della polizia
Manganelli invia i due vice per sottrarre le indagini alla Postale. Ma la procura dice no

E’ stata una missione segreta che ha creato qualche imbarazzo diplomatico, quella che ha portato i due vicecapo della polizia italiana, Nicola Izzo e Francesco Cirillo a Imperia, alla fine dello scorso anno. Due le ragioni di questo disagio percepito negli ambienti giudiziari del ponente ligure. Il primo è l’oggetto della missione: sostituire con gli investigatori della squadra mobile il gruppo di agenti della polizia postale impegnati da oltre un anno nelle delicate e riservatissime indagini sul nuovo porto che coinvolgono, tra gli altri, l’ex ministro Claudio Scajola e il costruttore Francesco Bellavista Caltagirone.
Secondo aspetto: il prefetto Izzo, uno dei due emissari del capo della polizia Antonio Manganelli, è indagato a Napoli in un’inchiesta che, seppur non a livello giudiziario, ha qualche punto di contatto con questo angolo della Liguria.
Così come li ha pure un altro indagato dell’inchiesta napoletana, l’ex questore di Genova e del capoluogo campano Oscar Fioriolli. Che oggi è il direttore centrale delle specialità da cui dipende anche la Polizia Postale.
Su questo “incontro particolare” è oggi possibile fare un po’ di luce. Al vertice che si tiene nel Palazzo di giustizia di Imperia partecipano i due prefetti Izzo e Cirillo, il facente funzioni di procuratore capo di Imperia Alessandro Bogliolo e il procuratore capo di Sanremo Roberto Cavallone. Il primo, con la collega Maria Antonia Di Lazzaro, è contitolare delle indagini che vedono indagate per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta una mezza dozzina di persone (ne parliamo in un altro articolo in questa stessa pagina).
Cavallone e i suoi pm, in un anno di indagini serrate, hanno invece rivoltato come un calzino l’estremo ponente portando alla luce intrecci tra politica, affari e criminalità che hanno prodotto anche il clamoroso scioglimento del Comune di Bordighera per infiltrazioni mafiose.
La sezione imperiese della polizia postale segue fin dall’inizio l’inchiesta sul porto mentre a Sanremo ha sviluppato con la procura un filone importantissimo sulle infiltrazioni malavitose in ambienti politici e istituzionali.
Andrebbero premiati, penserà qualcuno. Invece, da Roma, i due vice di Manganelli arrivano per chiedere che la polizia postale venga restituita ai suoi compiti di ufficio e sostituita, o perlomeno affiancata, da uffici specializzati come la squadra mobile. Le due procure, con cortesia istituzionale, rispondono picche. Formalmente perché le indagini sono iniziate con la postale e perché i pochi agenti del nucleo hanno anche continuato ad assolvere ai loro doveri di routine. Ma anche perché hanno dato massima garanzia di riservatezza e autonomia ad indagini che, per progredire, dovevano essere immuni da ogni possibile controllo gerarchico e interferenza ambientale.
I due prefetti tornano a Roma senza un risultato utile e lasciando anche un retrogusto amaro a Imperia. A Napoli, Izzo e Fioriolli sono indagati in una complessa indagine della Direzione distrettuale antimafia circa appalti per ristrutturazioni di commissariati e la realizzazione di un grande centro tecnologico. Si cerca di capire il ruolo di Finmeccanica e in particolare delle sue controllate Elsag Datamat, che ha sede a Genova, e Selex. Quest’ultima è amministrata da Marina Grossi, moglie di Pierfrancesco Guarguaglini presidente di Finmeccanica e manager di cui Claudio Scajola è sempre stato un grande sostenitore.
Così come – all’epoca nella veste di ministro dell’Interno – Scajola era vicino a Fioriolli, al punto di nominarlo questore di Genova nel torrido agosto post G8 del 2001. Vicende vecchie e recenti che si sono intrecciate a Imperia, in quella che, per i due prefetti, si è rivelata una “missione impossibile”.
Marco Preve – la Repubblica, 7 maggio 2011

IL FATTO QUOTIDIANO - Ferruccio Sansa

Inchiesta sul megaporto di Imperia e l’ingerenza dei vertici della polizia

I numeri due della Polizia (Francesco Cirillo e Nicola Izzo) si sono presentati in procura offrendosi di prendere in carico un’inchiesta scottante. Perché? A breve intanto sarannod epositate oltre 600 pagine di carte giudiziarie per un’indagine che vede indagato, tra gli altri, anche l’ex ministro Scajola.

I numeri due della Polizia (Francesco Cirillo e Nicola Izzo) che si scomodano ad andare a Imperia per offrire i loro servigi, per prendere in carico scottanti indagini affiancando o sostituendo i colleghi della Polizia Postale che le stanno seguendo. Un episodio insolito, che ha suscitato molte voci. Il motivo? L’inchiesta sulla realizzazione del megaporto turistico (un progetto da 130 milioni oggetto di polemiche e indagini) di Imperia fa tremare molti. Presto saranno depositate 600 pagine di accertamenti bancari e intercettazioni. Gli effetti potrebbero arrivare a Roma. Tra gli indagati figura Claudio Scajola (il padre del porto), ex ministro in corsa per i vertici del Pdl, che i pm Alessandro Bogliolo e Maria Antonia Di Lazzaro considerano capo dell’associazione a delinquere. Ma c’è anche Francesco Bellavista Caltagirone che ha riempito di porti il Mediterraneo (e che ha partecipato alla cordata Alitalia). Dagli atti, corre voce, gli accertamenti si potrebbero estendere ad altri porticcioli italiani. Potrebbero emergere altri nomi di politici e imprenditori. Così c’è chi ricorda: Gianpiero Fiorani a Imperia voleva reinvestire i soldi delle scalate bancarie. E poi c’è Angelo Balducci, amico della Cricca, nel 2008 nominato presidente della Commissione che vigilava sulle concessioni demaniali del porto di Imperia. Dalla Procura non esce una parola. E così cominciano gli attacchi, soprattutto contro la Polizia Postale: “Queste indagini non sono suo compito”. La Procura l’ha scelta perché preparata e riservata. Caratteristiche essenziali in una terra oggetto di infiltrazioni di ogni genere. Ma ecco l’episodio “incriminato”: l’improvviso arrivo dei due pezzi grossi nell’ufficio del Procuratore. Cirillo e Izzo si sono offerti di sostituire o affiancare la Postale che pure ha lavorato al meglio. Perché? Certamente i due vice capi volevano offrire un contributo alle indagini. C’è chi, però, non ha gradito. Qualcuno ha ricordato che Izzo è indagato a Napoli per concorso in turbativa d’asta, nell’inchiesta sugli appalti per la sicurezza in cui è chiamata in causa Finmeccanica. Un colloquio cortese, quello tra i numeri due della Polizia e i pm. Ma la risposta dei magistrati sarebbe stata ferma: vi siamo grati per l’offerta, ma grazie no.

Ferruccio Sansa – ilfattoquotidiano.it, 7 maggio 2011

Scritto da Angelo Amoretti

9 maggio, 2011 alle 8:35

Claudio Scajola estraneo ai fatti del G8

31 commenti al post

Da ieri è ufficiale: l’ex Ministro Claudio Scajola è totalmente estraneo ai fatti del G8 e al curioso acquisto del suo ormai famoso appartamento in via del Fagutale 2 con vista Colosseo a Roma, cosa per cui non era neppure indagato.
Lo annuncia dal sito della sua Fondazione con un video, giusto a un anno di distanza da quella surreale conferenza stampa in cui annunciava le dimissioni.
Dopodiché ha cominciato a far dichiarazioni bizzarre, ha smentito ciò che in una intervista aveva detto sua moglie e spesso ho detto che, a mio modesto avviso, avrebbe fatto meglio a tacere per non rendere ancora più allucinante la situazione.
Ma, al di là del fatto che, pur avendo detto che sarebbe andato dai giudici di Perugia per essere ascoltato, non si sia mai presentato; al di là del fatto che dobbiamo ancora capire come siano andate realmente le cose e infine che non sappiamo se l’appartamento è stato venduto e parte del ricavato dato in beneficienza, l’ex ministro nel suo comunicato di ieri, ha parlato di “processi mediatici“, ma forse ha dimenticato che a chiederne le dimissioni furono due giornali “amici”: Libero e il Giornale.
Proprio quella mattina del 4 maggio 2010, i due quotidiani vicini al Presidente del Consiglio (anzi, il Giornale è  di proprietà del fratello) uscivano con queste prime pagine:

Maurizio Belpietro, nel suo articolo di fondo, scriveva, tra l’altro, che a chiederne le dimissioni erano “quei quattro gatti dell’Italia dei Valori“, ma una riga più giù aggiunge: “Resta il tema di cosa sia meglio per il ministro, il quale se ha preso 900 mila euro da un imprenditore per pagarsi la casa ha l’obbligo di farsi da parte, perché temporeggiare non serve a nessuno, soprattutto a lui“.
Vittorio Feltri, all’epoca direttore de il Giornale, alla fine del suo fondo, scriveva: “E se non ha niente da dire oltre a ciò che ha detto, le conviene rassegnarsi. Anzi, rassegnare le dimissioni“.
Ora, se fossi nei panni dell’on. Scajola, più che ai media “avversi” chiederei a questi signori: “E adesso come la mettiamo?”.
Come mai Berlusconi gli aveva consigliato di farsi da parte, quando con Cosentino, a un passo dall’arresto, si è fatto di tutto per difenderlo in aula?
Lo dico con sincerità: se fossi al posto di Scajola mi girerebbero alquanto.
Quindi questa potrebbe essere la resa dei conti. A parte le scuse, riusciranno a trovargli un nuovo posto da Ministro?
L’aver fondato la Cristoforo Colombo è stato un modo per contrattaccare? Quando verrà il contrattacco? I conti bisogna farli anche in casa propria. Così, mentre gente poco affidabile e con scarsa competenza, passata da un partito all’altro, ci ha guadagnato qualche poltrona per aver salvato Berlusconi lo scorso 14 dicembre, lui ha dovuto sopportare anche questo teatrino. Una bella fregatura.
Non è ancora stanco di stare in quel partito che non è più come quando aveva contribuito a fondarlo?
Non ci vorrebbe una bella riflessione per poi trarne le dovute conseguenze?
Già, c’è ancora la questione dell’avviso di garanzia per associazione a delinquere nella faccenda del porto turistico di Imperia, ma questa è un’altra storia.

Scritto da Angelo Amoretti

6 maggio, 2011 alle 13:02

L’ex Ministro Scajola, Bin Laden e la “guerra civile” in Libia

14 commenti al post

Ogni volta che esce un nuovo articolo del nostro illustre concittadino sul sito della fondazione Cristoforo Colombo, non riesco a trattenermi dallo stupore.

L’uccisione di Osama Bin Laden a dieci anni dal terribile attentato delle Torri Gemelle di New York potrebbe chiudere una prima lunga fase della cosiddetta “guerra al terrorismo”, che ha causato i conflitti in Iraq e Afghanistan. Sull’onda del successo dell’operazione che ha eliminato il “principe del terrore”, il Presidente Obama potrebbe ora accelerare lo smantellamento di Al Qaeda, facendo emergere le protezioni sotterranee di cui Bin Laden e la sua rete terroristica godeva e probabilmente ancora gode in diversi Paesi islamici, formalmente alleati degli Stati Uniti.La morte del capo dei terroristi dovrebbe poi “mettere in sicurezza” il futuro dell’Egitto, della Tunisia, della stessa Libia ancora sconvolta dalla guerra civile: è più difficile, senza Bin Laden e con il Presidente americano più forte, ipotizzare derive fondamentaliste in Nord Africa.
Claudio Scajola

Probabilmente l’Italia, la Francia, gli Stati Uniti, la Danimarca, la Norvegia, il Belgio, l’Inghilterra e il Canada, stanno bombardando la Libia a sua insaputa.
Per quanto riguarda la guerra al terrorismo, purtroppo ci sono autorevoli opinioni di persone che, sia detto con tutto il rispetto, probabilmente in fatto di terrorismo ne sanno più di lui. Vi invito, a tal proposito, ad ascoltare l’intervista a Loretta Napoleoni, conosciuta in mezzo mondo per i suoi studi sul terrorismo e l’economia.
Come se non bastasse, sebbene lì per lì, tra le tante cose che sono scappate di bocca al Presidente Obama, ci sia anche un “Ora il mondo è più sicuro“, su La Stampa online c’è un sondaggio in cui il 69% per cento si sente meno sicuro, rispetto al 30% che invece lo è.

Scritto da Angelo Amoretti

4 maggio, 2011 alle 12:08

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“Battitore libero” il romanzo di Riccardo Giordano

100 commenti al post

Battitore Libero

E’ uscito da pochi giorni il romanzo di Riccardo Giordano dal titolo “Battitore libero” edito da Philobiblon e per me è stata una gran bella sorpresa.
Prima di tutto perché non sapevo che Riccardo fosse portato anche a scrivere romanzi e poi perché, diciamo così, nell’ambiente non ne avevo sentito parlare.
Forse è stato meglio così, perché la sorpresa è stata doppiamente piacevole.
Dunque: non starò qui né a fare un marchettone per Riccardo (non ne ha bisogno), né tanto meno a recensire il suo romanzo (non ne sarei capace).
Quando leggo qualcosa che mi fa sentire in certi posti che conosco abbastanza bene, il mio giudizio è automaticamente parziale. E stavolta, a differenza dei romanzi di Marino Magliani, Elio Lanteri o Francesco Biamonti, non c’è stato bisogno di immaginare i luoghi dove la storia si svolge:

Quell’ammasso di minerali abbruniti e scagliati contro il cielo, dalle guglie recise alla sommità, era ora coperto di ciappe e di tegole rosse. Erano i tetti di Pietrabruna, umidi di rugiada e rilucenti dell’ultima luna, in un’impressione di ordinata e pulita povertà.

Pietrabruna, chiara e netta. Lassù dove qualche volta a San Matteo ero salito dai parenti con i miei genitori in corriera a mangiare le lepri e le pernici.
Lassù dove sarei ritornato anni dopo, in Vespa, a trovare mia cugina e ad ascoltare musica insieme. E poi di nuovo con mio padre per vedere la finale del torneo di pallone elastico che generalmente era dominato da Riccardo.
Ci sono legato a quel paese e credo di conoscere e di continuare ad amare certi personaggi di cui Riccardo scrive nel suo romanzo: in fondo parte del mio sangue proviene da lassù.
A parte i ricordi personali, di cui potrebbe anche importarvi pochissimo, fatemi dire due parole sul romanzo e su Riccardo, per chi non lo conoscesse.
Riccardo Giordano è nato a Imperia nel 1964, ha trascorso la sua infanzia e la sua gioventù a Pietrabruna, dove è stato sindaco dal 2000 al 2010. E’ sposato e ha due figlie. Ora è il capogruppo del Partito Democratico in provincia di Imperia. Nel PD anche Gianrico Carofiglio e Dario Franceschini, per dire i primi due che mi vengono in mente, hanno scritto ottimi romanzi, ma “Battitore libero” è diverso perché fa conoscere due o tre cose che altrove non avevo ancora letto: il rito della caccia al cinghiale e quello della lavorazione della lavanda, da quando cresce nei campi fino a quando finisce, sotto forma di essenza, nelle damigiane. E così come senti il profumo del basilico nei romanzi di Jean Claude Izzo, in quello di Riccardo senti la fragranza della lavanda che ti inebria proprio come ti inebriava a fine agosto passando nei caruggi di Pietrabruna.
La croce e la delizia di uno scrittore della Liguria di Ponente è quella di essere paragonati al grande Francesco Biamonti.
Da una parte può essere un vantaggio, dall’altra un’ossessione. Perché non è che se uno scrive di fasce e di muretti a secco, debba per forza di cose essere paragonato al Maestro, specialmente se poi ne scrive così:

Per centinaia e centinaia di chilometri in lunghezza e per centinaia e centinaia di metri in altezza, muri di pietra, nei boschi, nei prati, per le strade, nei rii, muri di pietra ovunque.
Furono davvero gli uomini a realizzare tutto questo? Se lo chiedeva e si rispondeva: no, non furono gli uomini, è impossibile.
Furono i ciclopi, furono creature gigantesche, dalla forza sovrumana, che dimoravano sui monti e per raggiungere più comodamente le loro case, al ritorno dal lavoro, avevano costruito delle gradinate alla portata dei loro passi e dei loro piedi.
Furono i ciclopi, non poteva essere che così. Ancora oggi se si passeggia per la rena che porta dalla chiesetta di San Salvatore al monte Follia si scorgono le ossa dei loro giganteschi femori, delle loro tibie, che fuoriescono dal terreno.
Loro, i ciclopi, presero tutta la poca terra disponibile per riempire i gradini e gliene rimase pochissima per seppellire i corpi enormi dei loro morti. Le ossa sono lassù, sono fatte di pietra e calcare e possono essere scambiate per rocce affioranti, ma sono i loro resti, le vestigia della loro mitica esistenza.

E’ una storia di uomini e donne, di traditi e di traditori, di ferite da curare (o perlomeno, in un modo o nell’altro, provarci) come ce ne sono tante, ma Riccardo ha saputo inventarsela e soprattutto scriverla bene.
Il romanzo è in tutte le librerie della città e costa 12 euro.

Scritto da Angelo Amoretti

2 maggio, 2011 alle 22:11

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