Archivio per il mese di gennaio, 2014
Il calendario di febbraio al Teatro dell’Attrito
Ecco la locandina con il calendario degli eventi presentati al Teatro dell’Attrito nel mese di febbraio 2014:
Casa al Colosseo: assolto l’on. Claudio Scajola [II]
Queste sono le immagini delle prime pagine di Libero e il Giornale di cui Travaglio scrive nel suo fondo odierno, le avevo usate in questo post.
Adesso si sperticano per “l’amico ritrovato” che, tra l’altro, finalmente si sente libero di parlare e, di conseguenza, di farmi tornare il buonumore.
I giornalisti saranno “spocchiosi” e “supponenti” (come dice qualcuno), ma, come disse tempo fa a Ospedaletti il Procuratore Cavallone “riportano le notizie”.
E le notizie sono in mostra nelle locandine delle edicole, tipo: “Al treno deragliato ora ci penso io”.
E motivo di studio sarebbe anche quello di sapere come diavolo ha passato questi tre anni e mezzo visto che da una parte si legge che “Questa assoluzione piena mi ha in parte ripagato dei tre anni e nove mesi in cui ho perso il sonno e mi è stata rovinata la vita” [Il Secolo XIX, 28 gennaio 2014] e dall’altra “Sono sempre stato sereno” [Il Secolo XIX di oggi] quindi dormiva o si arrampicava sui muri?
Detto questo e sebbene qua sotto troviate l’articolo di Travaglio, c’è un aspetto che secondo me nessuno ha voglia di approfondire e che è parte di quei livelli superiori di cui parlavo in un post precedente. Io sono sempre più dell’idea che qualcuno abbia voluto far pagare qualcosa al nostro eroe che è sì vanitoso e ingenuo, ma che faceva parte di un ingranaggio a lui sconosciuto (quello a un livello più alto di lui e Anemone, per capirci).
Perché al primo livello c’è da divertirsi, ma a quelli più alti c’è da stare attenti. Non mi sono “convertito”, cerco di stare in mezzo alle colonne che reggono il baraccone.
Gli insaputi
A leggere i giornali e a vedere i tg, pare che un bel mattino di quattro anni fa i magistrati cattivi si siano svegliati e abbiano deciso di inquisire il povero Scajola, costringendolo a dimettersi da ministro in combutta con la stampa forcaiola e i mastini giustizialisti del Pd, malgrado la strenua difesa di B. & C. In realtà il 24 aprile 2010 Repubblica rivelò che la Procura di Perugia, indagando sulla Cricca della Protezione civile, si era imbattuta in 900 mila euro pagati da Anemone tramite Zampolini per pagare dueterzi di casa Scajola. La segnalazione era partita da Bankitalia, insospettita dagli 80 assegni circolari da 12.500 euro ciascuno astutamente usati per l’operazione. Scajola fece sapere che aveva pagato tutto lui, minacciò querele e precisò di non essere indagato. In effetti, né allora né mai i pm di Perugia lo iscrissero nel registro (era competente la Procura di Roma, che se la prese comoda e lo indagò solo il 29 agosto 2011). Eppure, dopo una settimana di afonia perché non sapeva che dire, Scajola si dimise il 4 maggio 2010. Per motivi non giudiziari (inesistenti), ma di opportunità,che avevano indotto persino il Giornale a chiedergli di sloggiare con un editoriale di Vittorio Feltri (“Chiarisca o si dimetta”): “Se non ha niente da dire oltre a ciò che ha detto, le conviene rassegnarsi. Anzi, rassegnare le dimissioni…Qui c’è sotto qualcosa di poco chiaro, per essere gentili… È verosimile che lei non sapesse nulla degli assegni? Mica tanto. L’opinione pubblica è scossa… dalle testimonianze di Zampolini e delle sorelle Papa (le venditrici dell’immobile, ndr). Perché dovrebbero mentire?”.
Lo capì financo Scajola, in una memorabile conferenza stampa senza domande: “Per esercitare la politica, che è un’arte nobile con la P maiuscola, bisogna avere le carte in regola e non avere sospetti”. Poi se ne uscì con la frase che inaugurò il filone satirico dell’insaputismo: “Mi dimetto perché non potrei, come ministro, abitare in una casa pagata in parte da altri senza saperne il motivo”.
Mentre i giornalisti presenti si sganasciavano e quelli della stampa estera pensavano a un errore di traduzione, il premier B. disse in Consiglio dei ministri che Scajola era “indifendibile” perché “quello delle case è un tema che colpisce molto la gente: se uno compra una casa che vale 1 milione e 800 mila euro e la paga 600 mila, c’è qualcosa che non va. E se non può spiegare agli italiani il perché, deve dimettersi”.
Il Cainano avviò persino sue personali indagini, come narravano entusiasti i suoi house organ.
“Adesso indaga Berlusconi”, titolava il Giornale: “Vuole individuare le mele marce. Sta studiando personalmente le carte dell’inchiesta sui grandi appalti: ‘Chiederò spiegazioni a tutti. Nessuna indulgenza per chi ha sbagliato. L’arricchimento personale è inaccettabile’”. Libero lo descriveva “sfinito”, “chiuso in casa”, dove “riceve in pigiama”, “ fa il pm e interroga i suoi: ‘Ditemi la verità… C’è chi s’è arricchito alle mie spalle. Chi ha sbagliato pagherà’”. Belpietro plaudiva alla svolta giustizialista (tranquilli però, “non mi sono convertito al travaglismo”). Sallusti lo scavalcava in manettismo: “Il Presidente sa bene che gli elettori si infuriano di fronte ai privilegi che riguardano la vita privata, a partire dalla casa.
Per questo ha usato parole molto dure, mai pronunciate prima: chi ha sbagliato deve pagare e lasciare incarichi e ministeri. Scajola insegna…
Una convinzione che si è fatto dopo aver indagato a fondo ed esser giunto alla conclusione che è possibile che nel governo o nelle sue vicinanze ci possa essere qualche ladro di polli, che mette a rischio la credibilità politica di tutti. Meglio fare pulizia e pure in fretta”. Ora, dopo l’assoluzione in un processo che ha confermato tutti fatti già noti nel 2009, Libero titola un’intervista strappalacrime al perseguitato: “Io, dato in pasto al tribunale del popolo”. E il Giornale, profittando della smemoratezza generale: “Toghe intimidatorie”, “Scajola assolto: l’indagine gli costò il ministero”. E il Foglio: “Le nostre scuse a Scajola”.
Ma andè a ciapa’ i ratt.Marco Travaglio – il Fatto Quotidiano, 29 gennaio 2014
Casa al Colosseo: assolto l’on. Claudio Scajola
Sull’assoluzione di Scajola si è già detto di tutto ovunque, perciò di mio ci metto solo la frase che un’amica mi ha detto la scorsa settimana:
“Vedrai che ci ritroveremo Scajola e Strescino a far campagna elettorale sottobraccio“.
“Insieme a qualcun altro di nostra conoscenza“, ho aggiunto io.
E riporto di seguito l’articolo di Marco Travaglio apparso su il Fatto Quotidiano di oggi:
Dunque, per il Tribunale di Roma, Claudio Scajola è innocente a sua insaputa (s’era dimesso, ma l’hanno assolto). E all’insaputa di Berlusconi (aveva preteso le sue dimissioni da ministro e, proprio dopo quello scandalo, aveva violentato se stesso annunciando una legge anticorruzione). E perfino all’insaputa dei complici (l’architetto Angelo Zampolini, che ha patteggiato la pena, e il costruttore della Cricca Diego Anemone, che se l’è cavata solo per prescrizione).
Ma l’aspetto più paradossale di questa sentenza paradossale che chiude (almeno in primo grado) una vicenda paradossale, è che potrebbe essere molto meno scandalosa di quanto appaia. Anzi, potrebbe essere addirittura in linea con la legge italiana sull’illecito finanziamento ai partiti. In attesa delle motivazioni della sentenza, che comunque si annunciano avvincenti, si può solo tirare a indovinare come abbia potuto il giudice stabilire che, per un deputato e ministro dell’Interno, beneficiare di 1 milione e passa versati in nero da imprenditori che lavorano per il suo ministero, “non costituisce reato”. Quel che è certo è che la legge del 1974 sul finanziamento ai partiti, essendo stata scritta dai partiti, è piena di buchi e scappatoie, almeno per i partiti. Tutto ruota intorno al “dolo”: l’intenzione di violare la legge. Che, naturalmente, va dimostrato. Il politico foraggiato può sostenere – e infatti di solito sostiene – di non sapere che il finanziamento provenisse dai fondi neri di una società di capitali senza deliberazione dell’organo societario competente e senza l’iscrizione a bilancio: pensava che l’imprenditore avesse preso i soldi dal suo patrimonio personale. In teoria, se non ci sono prove che lo smentiscano e se il giudice è particolarmente generoso o credulone, viene assolto. Potrebbe essere il caso di Scajola. Un caso comunque eccezionale, perché di solito la condanna scatta lo stesso per “dolo eventuale”: se il politico non ha verificato la provenienza del finanziamento, ha accettato il rischio che uscisse dalla società del finanziatore. Il quale fra l’altro, per pagarlo fuoribusta, ha dovuto accumulare fondi neri e farli uscire dalle casse dell’azienda (aggiungendo al finanziamento illecito i reati di falso in bilancio, frode fiscale e appropriazione indebita).
Scajola è stato più fortunato: non verificò, comprò una casa con vista Colosseo pagandola un terzo del suo valore, e al resto provvidero i costruttori, ma il giudice lo esime dal dolo. Un’altra possibile spiegazione è che sia riuscito a convincere il Tribunale della sua versione che tanto buonumore suscitò a suo tempo in Italia e nel mondo: al compromesso con le proprietarie dell’immobile, non era presente nell’ufficio del notaio quando Zampolini arrivò con gli assegni circolari; dunque non si accorse che l’appartamento costava il triplo della somma versata da lui e che il resto l’avevano pagato altri, dunque anche in questo caso il suo “dolo” non c’è. Se il giudice si fosse bevuto una storia così comica bisognerebbe complimentarsi con lui per il suo spiccato sense of humour. Ma questo lo sapremo solo al deposito della motivazione. Per ora sappiamo solo che “il fatto”, anche se per il primo giudice “non costituisce reato”, è assolutamente certo: Scajola (lo spieghiamo a pag. 5) acquistò un mega-appartamento in una delle zone più chic di Roma pagandone un terzo, mentre il resto lo versarono due costruttori che avevano appena beneficiato di due contratti senza gara dal suo ministero. Il che basterebbe e avanzerebbe, in un paese serio, per farlo scomparire dalla circolazione per sempre. E per mettere subito mano alla legge sul finanziamento illecito per renderla più severa, tappando la falla che ha consentito a Scajola di farla franca. Invece siamo in Italia, dunque Scajola – anziché accendere un cero alla Madonna – fa pure il martire, piagnucola per i “quattro anni di sofferenza”, esulta perché “giustizia è fatta” e chiede che “mi venga restituita la mia credibilità politica”. Restituire quel milioncino no, eh?Marco Travaglio – il Fatto Quotidiano, 28 gennaio 2014
Come sono umani in Provincia!
E utilizziamo fuori Gianni Giuliano, non lo può veder nessuno, perché gli dicono che Gianni Giuliano non ha risolto nessuno dei problemi della Provincia per otto anni, ti dicono. Cosa fai? E lo metti adesso a dire lui, che bisogna risolvere il problema dei rifiuti, o dell’acqua, capisci?
Intercettazione Scajola-Leone, 20 ottobre 2010
E’ notizia di qualche giorno fa [Il Secolo XIX del 24 gennaio 2014] che i tredici dirigenti della Provincia rinunceranno ai buoni pasto aziendale.
Oggi si viene a sapere che la Provincia rinuncerà alle trasferte considerate “inutili”, cioè a quelle che, stando a quanto si legge su Il Secolo XIX, “finora hanno dato risultati positivi.
Sono due belle notizie e aspetto, tra le altre cose, che i dirigenti si dimezzino lo stipendio.
In ogni caso qualcosa sta cambiando rispetto all’era Giuliano.
Quando c’era lui, per esempio, nel 2009, l’ing. Alessandro Barla, funzionario del Comune di Imperia, fu chiamato dall’Amministrazione Provinciale con la modalità del “comando parziale” senza alcuna procedura concorsuale, a dirigere il Settore Ambiente della Provincia. L’atto amministrativo con cui fu chiamato è la Deliberazione di Giunta Provinciale n.449 del 11.11.2009, predisposta dall’allora Segretario e Direttore Generale dott. Giorgio Negro.
E le domande sorgono spontanee:
1) Perché fu chiamato un tecnico di un’altra Amministrazione, gravando ulteriormente sulle già scarse risorse economiche della Provincia, senza attingere ai numerosi funzionari interni, già dipendenti provinciali?
2) Perché l’ing. Barla, che in Comune era, ed è tuttora, inquadrato come funzionario con uno stipendio pari a circa 35.000 euri annui, in Provincia venne pagato come Dirigente e uno stipendio pari a circa 75.000 euro lordi annui?
Processo Ponticelli: che scontrescion!
IL PROCESSO ALL’EX PRESIDENTE DELLA PROVINCIA GIULIANO
Discarica abusiva a Ponticelli sfilano i testi dell’accusaUdienza dedicata all’audizione dei testi dell’accusa, ieri mattina, al processo per reati ambientali e abuso d’ufficio che vede imputati l’ex presidente della Provincia di Imperia Gianni Giuliano e l’ex assessore all’ambiente Alberto Bellotti, Danilo Sfamurri, Davide Bianchi, Luigi Bianchi, Alessandro Barla e Franco Minasso.
L’accusa mossa agli ex vertici dell’ente e ai suoi funzionarièdi avere concesso l’ampliamento della discarica di Ponticelli, nonostante il sito fosse già saturo. Ieri, davanti al pm Roberto Cavallone, è stato illustrato l’esito del sopralluogo alla discarica di Ponticelli effettuato dal geometra Lionello Belmonte. Hanno testimonato, tra gli altri, l’ingegnere Carlo Senesi, ex assessore all’ambiente del Comune di Genova,e Gianpietro Filippi, ex assessore ai rifiuti della Provincia di Savona, che nel 2008 ricevettero dal Comune di Imperia una richiesta in merito alla disponibilità di conferire nei relativi siti i rifiuti imperiesi, quindi Giorgio Negro, all’epoca direttore generale della Provincia, che emise la Valutazione di impatto ambientale favorevole all’ampiamento della discarica. Il processo è stato aggiornato al 25 marzo.Il Secolo XIX – 22 gennaio 2014
Domanda da uomo della strada: la “valutazione di impatto ambientale” non dovrebbe essere emessa da un ingegnere e un architetto che, con tutto il rispetto per Giorgio Negro, forse sono più competenti? E, se non mi sbaglio, non è la Legge a prevederlo?
Ai confini della realtà
L’interpretazione della meccanica quantistica secondo il modello a molteplici universi, afferma che differenti versioni di noi stessi vivono contemporaneamente in diversi mondi, un numero infinito di mondi e sono tutti reali.
[Gary Zukov, citazione dal libro di A.C. Weisbecker "Cosmix bandidos"]
So bene che è tutto un gioco che si svolge a diversi livelli: a quello più basso ci siamo noi comuni mortali che, tra l’altro, andiamo a votare e pensiamo di scegliere una persona o un partito o un movimento che ci rappresenti.
La chiamano democrazia.
Si presentano delle liste con dei candidati e l’elettore sceglie per chi votare, con la speranza di vederlo al governo della città. Parlo della politica locale, per quella nazionale questo non è il posto adatto.
Poi c’è il livello di chi questi candidati li ha scelti o li ha messi nelle liste.
Al gradino superiore ci sono appunto quelli che hanno deciso quali candidati presentare e che dettano le linee: la politica si fa nei salotti e nelle cene del martedì, con o senza cappuccio o cravatta, non ha importanza.
In quei salotti o quelle villette su per le colline ci sono personaggi che non conosciamo, o perlomeno, magari ne conosciamo qualcuno a uno a uno, ma non sappiamo chi si raggruppa.
Si telefonano, si incontrano e decidono le sorti della città muovendo i fili dei loro uomini in consiglio comunale e in Giunta. Per carità: gente che magari ogni tanto ci mette del suo, ma che segue le linee guida dettate dal gradino superiore.
In campagna elettorale ti dicono spesso quello che vorresti sentirti dire: sono liberi di farlo, ma se vengono eletti devono seguire le linee guida.
Quindi capita che quello a cui abbiamo dato il voto, secondo la nostra onesta opinione, non si comporti esattamente come aveva promesso in campagna elettorale e rimaniamo delusi. Non lo sappiamo che quelli del terzo livello gli hanno detto: “Bene, ce l’hai fatta! Allora, mi raccomando, siamo d’accordo, eh! Poi tra quattro anni ti mandiamo in Regione e chissà, magari a Roma”.
Chi, degli eletti, ha un po’ di dignità, quando si presentano determinati problemi, con la dialettica dirotta il discorso e invece di colpire al centro, “sbaglia” la mira.
Sono bravi: a te dicono una cosa sapendo che poi ne faranno un’altra e deve essere piuttosto complicato restare in equilibrio.
Anche loro stessi, forse, immaginavano che le linee guida del terzo livello non potessero differenziarsi troppo dal loro pensiero e dalle loro parole dette in campagna elettorale, ma devono adattarsi.
Qualcuno lo fa con difficoltà perché ha ancora una dignità, altri lo fanno con nonchalance perché ci sono più tagliati a essere falsi: talmente tagliati che per loro è tutto normalissimo, non hanno rimorsi e per loro è naturale.
Noi siamo al livello più basso: non sappiamo cosa decidono in quei salotti e quelle villette su per le colline, ci limitiamo a vedere quello che succede. Si parla al bar, si sta su internet e si leggono i giornali.
Ti dicono che certi giornalisti raccontano fandonie e che sono spocchiosi, che si inventano le cose tanto per vedere l’effetto che fa.
Bene: ma è quello il gioco e noi lo giochiamo.
Se poi un giornalista scrive cose fantasiose, beh, si può sempre smentire con un comunicato.
E su Il Secolo XIX di questi giorni si leggono cose interessanti, viste dal livello più basso.
Una di queste, scritta da Diego David, è la seguente:
[...] i rumors di Palazzo parlano di una parte dell’attuale minoranza pronta a fare da stampella a Capacci. Si tratterebbe della componente di Forza Italia che fa capo all’imprenditore portorino Ivo De Michelis: i consiglieri Antonello Ranise, Gian Franco Gaggero, Ida Acquarone e, forse, Luca Falciola, basterebbero, infatti, per tamponare le eventuali uscite di Diego Parodi, Simone Vassallo e Paolo Montesano e dello stesso Strescino [...]
Ripeto: è un gioco? E noi stiamo al gioco.
Sullo stesso giornale, lo stesso giornalista, oggi ritorna sul tema:
[...] Se il sempre più sottile filo che lega gli “stresciniani” a Capacci dovesse spezzarsi, la stampella all’amministrazione potrebbe arrivare dalla minoranza, in particolare dagli uomini di Ivo De Michelis in consiglio comunale (Antonello Ranise, Gian Franco Gaggero, Luca Falciola e Ida Acquarone) che a loro volta sembrano voler prendere le distanze dalla componente di Forza Italia rimasta fedele all’ex ministro Claudio Scajola [...]
Non riesco a immaginare un Antonello Ranise che non sia più fedele a Claudio Scajola, ma proviamoci.
Non lo trovate allucinante? Lo è per noi, non per loro! State certi che troverebbero il modo di farci bere che lo fanno “per il bene della città“.
Ammesso e non concesso che ciò possa accadere, visto che già la maggioranza attuale mi piace poco, indovinate quanto potrà piacermi quella ipotizzata da David!
In ogni caso, se così fosse, mi auguro che ci sia qualcuno che metta insieme un po’ di persone oneste, pulite, coerenti e competenti, che non prendano linee guida da livelli superiori e che possano rovesciare definitivamente la piramide, anzi: demolirla.
Diamo i numeri
Paolo Strescino, Presidente del Consiglio Comunale super partes, in un momento di particolare euforia, forse perché vede Roma più vicina, consiglia a Giuseppe Fossati [opposizione, Imperia Riparte] un corso di statistica riguardo alla classifica de il Sole 24 ore sui Sindaci più graditi d’Italia.
E Fossati gli risponde.
E a me vengono in mente le discussioni post elezioni alle trasmissioni/gallinaio del tipo: “…si, ma rispetto all’altra volta abbiamo preso l’uno virgola qualcosa in più..” e bla bla bla.
E Fossati conclude il comunicato scrivendo: “Basta leggere”.
E io lessi! Gli si potrebbe rispondere che è vero che il gradimento di Capacci è sceso dell’11,6 rispetto al risultato del ballottaggio del 9 e 10 giugno, ma che è salito del 17,67 rispetto alle elezioni del 26 e 27 maggio.
Sono numeri che non significano niente e non varrebbe la pena neanche tornarci, solo che a me dispiace vederlo baruffare su queste cose poco rilevanti.
Volgarmente parlando: mi viene da ridere quando l’opposizione rosica su queste cose, tipo “la carcassa di un topo morto lasciata sul bordo di via Siffredi per dieci giorni” (volendo si prende per la coda con le dovute precauzioni e si deposita in un bidone della spazzatura).
L’opposizione si metta le galoches e vada a fare un giro dove sorgerà il Palasalute; prenda la macchina e vada all’Ospedale a cercare un parcheggio e, se non lo trova, prosegua per Via Sant’Agata sperando in Dio.
Chiedere poi a tutti di fare un salto nelle frazioni, forse è troppo.
Spunti di riflessione
Prima pagina del Corriere della Sera del 7 gennaio u.s.: “Il fiscalista dei potenti, scoperto l’archivio di politici, manager e 007”
Quando Paolo Oliverio fu arrestato, disse: “Se aprite quegli archivi, viene giù l’Italia“; altri titolavano: “Mezza Italia trema”.
Ad oggi di quella storia non si sa più nulla e qui non trema nessuno. In effetti è perché “tutti sanno tutto”.
Prima pagina de La Repubblica del 9 gennaio u.s.: “Arrestato re dei rifiuti, aveva 114 discariche“. Si tratta di Manlio Cerroni, il proprietario dell’area della discarica di Malagrotta (Roma).
Qui è tutto tranquillo.
Giuseppe Franciosi da anni si batte su svariate tematiche, tipo gli ascensori del Parasio, il Palasalute, Via N. Siccardi ecc. ecc.,, poco appoggiato, se non per nulla, dal partito che anche grazie a lui è al comando della città (il PD, per essere chiari).
Quando ho visto le recenti immagini del sito dove sorgerà il nuovo Palasalute, lì per lì ho pensato: “Buona idea, deve essere una piscina per la riabilitazione. Se ci mettono qualche piranas e poi ci buttano gli anziani, magari gli risvegliano le articolazioni”.
Invece era un allagamento naturale, cosa che tutti, ma proprio tutti (vi ricordo che a Imperia tutti sanno tutto), avevano previsto in caso di forti piogge. Tutti esclusi i creativi che hanno avuto l’idea di farlo lì. E siccome che in questo caso la cricca è trasversale ai partiti, nessuno, all’epoca, ha alzato un dito. E nessuno lo alza adesso: va tutto bene, risucchiamo l’acqua e si ricomincia!
E Franciosi si toglie qualche sassolino dalle scarpe, su La Stampa online e cartacea di ieri.
Presentato a Imperia il Nuovo Centro Destra
Questa mattina si è presentato il Nuovo Centro Destra: con Strescino, Minasso e Saso (per parlare dei locali) c’è anche Alberto Bellotti che a Imperiapost ha detto:
Il senso dello Stato ci deve accompagnare quotidianamente in tutte le nostre azioni. E per senso dello Stato intendo l’interesse pubblico che per quello che ci riguarda deve essere perseguito sempre in via esclusiva. Le aspettative politiche del singolo devono venire sempre dopo.
Se non sbaglio si tratta dello stesso Bellotti che è sotto processo con Gianni Giuliano, Alessandro Barla e Danilo Sfamurri per reati ambientali e abuso d’ufficio per quando era assessore provinciale all’ambiente, quindi deve avere un senso dello Stato che passa ogni immaginazione ed è uno che, molto probabilmente, andrà a sedersi in Parlamento.
Il Sindaco Capacci quarto nella speciale classifica de il Sole 24 Ore
Carlo Capacci, Sindaco di Imperia, è uno dei primi cittadini più amati d’Italia: secondo quanto risulta dalla classifica stilata da il Sole 24 ore [visibile anche qui] il nostro si piazza al quarto posto, dietro a quelli di Pavia, Bari e Salerno.
Complimenti!
Sul suo sito si legge:
50 anni, una laurea magistrale in Ingegneria Civile presso il Politecnico di Torino nel 1991. Non è stato, non è, e non sarà mai iscritto ad alcun partito.
Ha fondato e dirige la Uno Communications Spa, un’impresa leader nel settore delle telecomunicazioni che impiega oggi 25 giovani dipendenti diretti suddivisi tra la sede centrale di Milano e quella periferica di Imperia con un tasso di crescita pari al 50% negli ultimi due anni, un’impresa che con le idee e la capacità di visione si è fatta strada anche nel mondo.
Una volta eletto Sindaco di Imperia, la sua azienda, ormai adulta, sarà in grado di operare indipendentemente dalla presenza di Carlo Capacci che sarà impegnato a tempo pieno nel ruolo di guida della città.
Carlo Capacci offre oggi le sue capacità al servizio del rinnovamento di Imperia, antepomendo ai suoi interessi personali il bene della città, con passione, concretezza e idee chiare.
La decisione di dedicare 5 anni di vita alla sua terra nasce dalle esperienze vissute in tante città del mondo in cui sono stati risolti con creatività ed efficacia molti dei problemi che affliggono anche la nostra città.
“Spesso – dice Capacci – le soluzioni sono già a nostra disposizione e, per voltare pagina, basta copiare le buone idee che le altre città del mondo ci regalano”
È con questo spirito di intraprendenza e apertura al nuovo che Carlo Capacci si appresta ad intraprende il non facile viaggio che restituirà a Imperia il ruolo che merita, arricchendo la sua forza attrattiva in tutti i settori e aprendo alla speranza un territorio di rara bellezza come il nostro.
Carlo Capacci si presenta come candidato Sindaco alle elezioni amministrative del 26 e 27 maggio 2013 sostenuto da un’ampia coalizione trasversale di liste che apprezzano le sue qualità di persona e credono con convinzione nel suo progetto che ha al centro il lavoro per i giovani e il miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini di imperia e delle sue frazioni.