La Donna Velata

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In questi giorni su La Stampa è stato risollevato il caso dei tredici civili uccisi dai nazisti alle falde del Monte Faudo il 17 agosto del ‘44, durante la Resistenza. Di quella strage si stanno nuovamente occupando le Procure, per far piena luce sulla triste vicenda.
Nel pezzo odierno viene nominata “la donna velata“, una spia fascista che operava nel nostro territorio e che terrorizzava la gente delle nostre valli.
Riporto uno stralcio da “Qualcosa della Resistenza” scritto da Attilio Mela e edito dall’Istituto Storico della Resistenza di Imperia.

Mi limito a riportare soltanto alcune notizie che ritengo essenziali per la conoscenza di questo squallido personaggio, rimasto tristemente famoso nella storia della resistenza imperiese, rimandando, per una più completa informazione, al Volume III della Storia della Resistenza Imperiese del Prof. F.Biga, e più specificatamente alle pagg. 558-557.
Maria Zucco F., meridionale di origine, emigrata in Francia, aveva fatto parte di una formazione paramilitare fascista, il “Fronte popolare Francese”, in una zona della Francia meridionale. Sfaldatosi, come le altre formazioni fasciste, con lo sbarco alleato in Provenza del 15 agosto ‘44, con altri connazionali, per sfuggire alla giustizia partigiana, cerca rifugio in Italia.
Arrestata, a quanto pare per prevenzione, venne tenuta prigioniera dai nazifascisti nei pressi di Alassio, dove fu liberata, a metà settembre dello stesso anno, durante un’azione partigiana. Fingendosi una patriota, per dar credibilità a questa sua finzione, partecipa ad azioni di guerriglia urbana.
Ai primi di novembre chiede di poter raggiungere la Francia, dove dice di avere parenti, attraverso le montagne. Entra in contatto con informatori, staffette, comandanti partigiani, e viene a conoscenza di uomini e di località dove operano molte bande.
Nel tragitto pernotta a Sant’Agata la sera del 22 novembre ‘44, in casa di Giovannina Mela e conosce “Sacchetto” (Giuseppe Mela), Faustino Zanchi e “Rino” (Adolfo Stenca). Sono con lei la sua amica Lisetta Rossi, ex militante fascista della “Milizia Francese” e certo Domenico Villa, secondo Biga, Dominic Villani secondo “Sacchettin” (Pierino Mela), che si intrattenne a lungo con lui, chiacchierando in francese. Con questi suoi amici passa di banda in banda, fino a raggiungere il confine. Ma mentre essi proseguono per Nizza, la Zucco, portata ormai a termine la sua scaltra azione di infiltrazione nel movimento resistenziale, tradendo in modo vile i “compagni” che le hanno dato aiuto fraterno, si ferma in Italia e diventa preziosa collaboratrice dei nazifascisti.
Nel gennaio ‘44 assume, con il grado di Capitanessa, il comando del Corpo Ausiliario, costituito da alcune decine di donne imperiesi, figlie di immigrati, che si era costituito nel dicembre dell’anno precedente.
Da questo momento Maria Zucco diventa la “Donna Velata”, la famigerata “Donna Velata”, terrore per mesi delle nostre vallate, dove seminerà lutti e sangue a piene mani. Veste la divisa delle Brigate Nere e per non farsi riconoscere dalle vittime, nasconde il viso con un cappuccio e un paio di occhiali scuri. Diventa l’anima della lotta partigiana (1), instancabile nei rastrellamenti, a fianco dei figuri più tristemente conosciuti (il Cap. Borro, i tenenti Vannucci e Lo Faro, il Cap. Ferrari ecc.) sadica torturatrice delle sue vittime.
Durante i giorni della Liberazione viene arrestata e riesce a fuggire, ma ripresa, viene rinchiusa nel carcere di Oneglia. Processata, viene condannata a morte, ma subdolamente dichiaratasi incinta, non viene giustiziata, anzi, grazie all’amnistia, liberata a supremo scorno e dileggio delle sue vittime!

(1) Probabilmente la frase è incompleta.

Scritto da Angelo Amoretti

4 settembre, 2008 alle 16:52