“La ballata della piccola piazza” di Elio Lanteri

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Ho appena finito di leggere il bel romanzo di Elio Lanteri  “La ballata della piccola piazza”, edito da Transeuropa che sarà nelle librerie a giorni.
Desidero scriverne innanzitutto perché, come si legge nella presentazione dell’editore, “è il più bel romanzo ligure degli ultimi anni“, e perché Elio Lanteri è nostro concittadino.
Ho avuto modo di parlare con lui una sola volta, a una delle prime edizioni della Fiera del libro di Imperia. A un tavolino, dopo il caffè, raccontava della dolce vita in Costa Azzurra, di Ava Gardner e Walter Chiari e rimasi affascinato da quegli aneddoti e da quel suo modo di “svelarli”. Poi non l’ho mai più rivisto e non sapevo che avesse questo gioiellino nel cassetto.
In effetti lo sapevano in pochi: uno di questi è Marino Magliani che nella prefazione scrive di aver letto il manoscritto qualche anno fa e di essersene innamorato. Così, grazie al suo interessamento e alla disponibilità dell’editore, il prezioso scritto di Lanteri ha potuto vedere la luce.
La storia è ambientata in un paese dell’entroterra dell’estremo ponente ligure, tra mare e monti, durante la guerra di Liberazione. Nel romanzo la guerra è marginale, i colpi di arma da fuoco si sentono in lontananza e i bombardamenti sulla costa sono rari, ma l’atmosfera di guerra si percepisce attraverso la vita quotidiana di alcuni bambini del posto.
In paese ci sono rimasti solo loro con i vecchi, gli altri sono a combattere: qualcuno tornerà, altri no. I bambini aspettano il ritorno dei genitori di cui non hanno più notizie. Forse sono morti.

Il modo con cui Lanteri descrive le stagioni in poche righe mi ha talmente colpito che voglio riportarlo:

Settembre: nella valle s’incrociano due venti.
Quello freddo del nord, superati gli alti valichi, si getta a capofitto nella vallata portando con sé i primi tordi. Il fumo delle stoppie non fa più arco verso i monti, ora accompagna il fiume e scende alla foce, raggiunge il mare e ne increspa le onde, corre a sud e si disperde al largo [...]

***

L’inverno s’insinuava nella valle. Scendeva dal Torraggio, dopo aver attraversato lentamente la provincia Granda.
Vecchio e stanco, capelli e barba bianca, portava una mantella logora annodata alle spalle. Al valico del Toraggio si riposava un poco, poggiando la schiena a una roccia, guardava tetro, in basso, i campi ancora verdi del fondovalle, soffiava leggermente e sospingeva fino al mare. Era la tramontana. Il gallo di ferro sul campanile, scricchiolando nella notte, aveva fatto mezzo giro sulla sua ruota, con la punta ora puntava al sud, verso la Corsica. La gente nei paesi aveva già indossato giacche e mantelle e tra gli affasciati di ulivi ciarlavano i tordi. L’inverno scendeva ancora giù, fino alla fascia di nasche, lasciando dietro di sé, sulle cime, i faggeti incendiati e, quando tutto era oro alle sue spalle, con un ultimo sforzo allargava le braccia, abbracciava la valle sospirando e stendeva la sua mantella logora sull’erba [...]

***

A marzo le montagne brontolano. La nonna dice che l’inverno si è risvegliato, tossisce e si libera del catarro, presto risalirà il monte per scomparire dietro il valico del Toraggio [...]

***

Giugno passò, consegnando a luglio “U stenturassu”. Un caldo umido, pesante e vischioso, le mosche si posavano sulla faccia, fastidiose. In estate la nonna invidiava chi viveva nei carruggi, le case fresche col tetto a terrazza: alla sera risale i costati della valle una lieve brezza , penetra nelle strettoie dei carruggi, e quando cala la notte si arrampica ai muri delle case, fino alle finestre, solleva le tendine e alita nelle stanze un soffio d’aria che profuma di salino.[...]

Elio Lanteri è nato a Dolceacqua nel 1929 e vive tuttora a Oneglia.
Qui la prefazione di Marino Magliani e qui il primo capitolo.