Oneglia: gli yachts danno spettacolo

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Su La Stampa di ieri, 31 maggio, nella rubrica riservata ai lettori, è stata pubblicata questa simpatica lettera che riporto con piacere:

Come tanti, faccio piacevoli passeggiate con la famiglia sulla banchina di Oneglia, in calata Cuneo. Sono felice quando posso sedermi e vedere il mare. Se gli yachts mi tolgono la vista, mi sposto un po’ più in là. Anche se passano le macchine (non tutte a passo d’uomo) mi faccio da parte. E assisto anch’io allo spettacolo che ci si presenta davanti (osservare la ricchezza in vetrina, farsi fotografare sotto l’elicottero del terzo piano è davvero un bel passatempo!) e qualche volta partecipo a quello che pare un gioco molto in voga: scommettere sulla nazionalità di queste regine del mare. Isole Cayman o Virgin Islands? Guernsey o un altro sconosciuto paradiso fiscale? Certo, queste «bianche signore» sono tutt’altra cosa rispetto alle scalcagnate carrette del mare che ogni tanto (e sempre meno!) attraccano sulla banchina oceanica, con i loro carichi ingombranti e molto poco attraenti. Mentre si passeggia, poi, è un piacere ascoltare l’inglese di quello stuolo di ragazze e ragazzi, biondi e atletici, che affollano i ponti degli yachts. Da dove verranno? Wellington? Perth? O qualche lontanissimo atollo di lingua inglese? Vogliamo metterlo con la cantilena onegliese dei portuali? Ma via! È bello vedere quei giovani indaffararsi tutto il giorno intorno a questi condomini a tre piani, portare fuori i sacchi della spazzatura (non certo antiestetici come quelli di cemento!), osservarli spolverare, lucidare, lavare ogni angolo senza un attimo di tregua. Quanto lavoro! E chissà quanti ettolitri d’acqua si consumano per questi quotidiani maquillage. Come gireranno le colonnine dell’acqua e dell’elettricità! È pur sempre un guadagno per la città, no?
Alessandra Brunetti

Dall’ultimo incontro con i candidati sindaci avvenuto al Polivalente qualche giorno fa, se non ho capito male, è emerso che l’acqua non la paga nessuno.
Detto più brutalmente: la paghiamo noi.

Scritto da Angelo Amoretti

1 giugno, 2009 alle 15:44