…e quella di Marco

senza commenti

Marco Chiapello, che ringraziamo sentitamente, interviene sulla morte di Felice Dani e ci prega di pubblicare la sua mail.
La pubblichiamo con piacere, in modo che sia fatta luce definitivamente.

In replica all’articolo falso e diffamatorio apparso sul “Giornale” nel 2004 , nonchè alle affermazioni prive di ogni fondamento pubblicate anche su internet da parte di altre persone e per rispetto nei confronti di chi non può più replicare a grossolane assurdità, vi prego di pubblicare questa mia mail in quanto è giusto che una volta per tutte si faccia chiarezza sulla vicenda di Dani Felice, ucciso dai nazisti nel Comune di Pontedassio nel 1944.
Io sono a conoscenza della vera storia perchè la moglie di Dani Felice che si chiamava Ugo Maria Giulia , originaria di Conio, ha vissuto per più di 30 anni nella mia famiglia fino alla morte avvenuta nel 1979 ed in più di un’occasione mi ha parlato della barbara esecuzione di suo marito ad opera dei tedeschi.
Dani Felice era un giovane contadino che sapeva a malapena leggere e scrivere, originario di Pieve di Teco e membro di una famiglia di emigrati in Francia (non è mai stato dipendente del Comune di Pontedassio, nè tantomeno segretario Comunale e lo si può facilmente verificare dagli archivi comunali ed anche leggendo la delibera di Consiglio n. 23/2004 con la quale il comune di Pontedassio smentisce ufficialmente l’articolo apparso sul “Giornale” che ha creato indignazione nell’intera cittadinanza, soprattutto tra gli anziani che ricordano o furono testimoni del fatto). Con la moglie abitava a Pontedassio (in quella via che poi prese il suo nome ) e vivevano coltivando gli ulivi di loro proprietà e collaborando con mio nonno Semeria Agostino che possedeva un’azienda di circa duemila alberi di ulivo. Ebbe origine in questo modo la grande amicizia con la mia famiglia , una tale amicizia e stima, che la vedova di Dani Felice, accolta come un membro della famiglia,rimasta sola dopo l’uccisione del marito, visse con noi fino alla morte (morì a 84 anni ed io l’amavo come una nonna). Mi raccontò che suo marito,un uomo semplice ed un gran lavoratore non si occupava affatto di politica perchè doveva faticare dall’alba al tramonto per sbarcare il lunario , ma amava molto scherzare con gli amici e prendere in giro i tedeschi che considerava occupanti (diceva che erano capaci solo a mangiare bucce di patate).
Tutta la vicenda ebbe vita da alcune parole di troppo pronunciate in tono provocante dallo stesso Felice che, una mattina, mentre andava a portare gli avanzi delle verdure ai suoi conigli ,incontrando un amico del paese, che in seguito si scoprì essere un simpatizzante dei nazisti, gli disse :” Sto portando ai crucchi le pelli delle patate che amano tanto”.
Il tizio , del quale non voglio fare il nome perchè ormai trapassato, ma che è ben conosciuto alla mia famiglia , riportò la cosa ai tedeschi gonfiandola a dismisura e riferendo loro che Felice era un collaboratore e simpatizzante dei partigiani.
I tedeschi, che in quel periodo occupavano l’intero paese ,(la mia famiglia come molte altre era stata costretta ad ospitarli) lo prelevarono in strada sotto gli occhi della moglie e di mia mamma, che allora aveva quattro anni ed era in compagnia della consorte di Felice; lo portarono nell’edificio Comunale all’interno del quale era stata allestita la prigione e a nulla valsero le proteste di molte persone affinchè lo rilasciassero in quanto non aveva fatto nulla.. Per alcuni giorni lo tennero rinchiuso e, la sera prima della sua morte disse alla moglie Giulia che ogni giorno andava a portargli del cibo di aver capito che i tedeschi volevano giustiziarlo , ma che avrebbe fatto di tutto per evitare di essere umiliato e ucciso in pubblico.
Non a caso, armato di un temperino che usava per mangiare , tentò forse nell’estremo tentativo di difendersi o, cercando volutamente la loro reazione,di ferire due tedeschi che lo stavano trascinando e trovò la morte nella tromba delle scale dell’edificio Comunale di Pontedassio trafitto da una raffica di mitra sparata da un soldato tedesco. (Ne sono latestimonianza ancora oggi i buchi sul pavimento che nessuno ha mai voluto cancellare affinchè tutti ricordassero la barbarie nazista).
Questa è la vera storia di Dani Felice, un uomo onesto e innocente morto per difendere la propria dignità di uomo libero e nessun articolo diffamatorio e falso può cambiarla , nè tantomeno si può pretendere che la lapide venga sostituita perchè a Pontedassio nessuno lo farebbe mai.”

Scritto da Angelo Amoretti

21 agosto, 2006 alle 15:09

Pubblicato in Attualità



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