Crisi profonda [II]

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La provincia di Imperia ha un’altra “bandiera nera”: quella dell’industrializzazione.
Il risultato è dato dalle statistiche fornite dall’Istat e da Unioncamere e si riferisce al 2008. Le imprese sono scese da 1736 a 1439 e le industrie manifatturiere sono diminuite a tal punto da portare al sest’ultimo posto in classifica la nostra provincia, dietro quelle di Catanzaro, Trapani, Messina e Catania.
Saremo pure in regime di crisi economica, anche se il governo ormai da tempo va dicendo che è passata, ma il fatto è che siamo messi piuttosto male, nonostante Luigi Sappa, l’ex Sindaco di Imperia ora candidato Presidente della Provincia, scriva sul suo programma che alla crisi abbiamo retto meglio di altri Paesi.
Purtroppo, in questi giorni preelettorali, non ho ancora letto un intervento del candidato del Pdl sull’emergenza economica. Non si è accorto di niente o sta sottovalutando il problema? Vuol far credere che va tutto bene o cosa?
Nel suo programma Luigi Sappa scrive che la sua politica sarà ancora quella “del fare”, ma francamente mi domando cosa abbia fatto di concreto per l’occupazione e per l’industria, il suo predecessore, Gianni Giuliano. A parte qualche bella immagine di ville e oratori ristrutturati, non mi pare che ci siano stati buoni risultati.
“La nostra sarà ancora una volta la “politica del fare”, il primato dell’operosità amministrativa” si legge nel programma del centrodestra. E io vorrei che mi si spiegasse, e che si spiegasse ai cittadini, dov’è stata tutta questa operosità amministrativa, perché francamente non riesco a vederla.
Forse l’unico settore che ha realmente funzionato è stato quello dell’edilizia. Ma non si può puntare solo e sempre sul cemento: prima o poi non rimarrà più terreno su cui costruire e anche le imprese edili smetteranno di lavorare.
Bisognerebbe trovare delle alternative che diano nuovi posti di lavoro permanenti: un po’ come quando una volta aprivano la Sasso, la Carli, la Sairo e l’Agnesi, per capirci. Industrie che hanno cominciato a produrre quasi cent’anni fa e che, a parte la Sairo, continuano a produrre e a occupare personale ancora oggi.
Si è voluto dare a intendere che la vocazione turistica della provincia sia la prediletta, ma un porto, che sia a Imperia, Aregai o altrove, sebbene funzionale e moderno, non basta a soddisfare le richieste di lavoro.
Ammettiamo pure che difficilmente verranno aperte nuove grandi o medie industrie, troviamo allora il modo di creare lavoro e ricchezza in altri modi.
Innanzitutto bisognerebbe far sì che le piccole imprese rimaste non vadano in malora. E poi magari creare una vera e propria industria del turismo, cominciando dai trasporti per arrivare agli hotel, agli agroturismi e ai bed and breakfast. Invogliamo i turisti a ritornare sulla nostra riviera promuovendo i nostri borghi sul mare e i paesi dell’etroterra, dopo aver rinnovato il loro look.
Si parla di questo incubatore d’imprese da qualche anno, ma la vecchia Sairo è ancora lì, come lo era quando ci chiedevano di spostarci in valle Impero: sono un ex dipendente e lo so. Nel frattempo è venuto il dubbio che tutto l’affare sia stato fatto solo per costruire ancora alloggi, tra la vecchia raffineria e la piscina. E intanto Sviluppo Italia, quella che inizialmente doveva occuparsi dell’incubatore, ha cambiato anche il nome.
Ci vuole una svolta: bisogna che si prenda atto che quelli che vanno dicendo che il loro è il governo del fare, in sostanza hanno fatto più parole che fatti, hanno tagliato nastri inaugurali un po’ ovunque, ma risultati concreti, quelli che in fondo sarebbero utili a tutti, se ne sono visti pochi.

Scritto da Angelo Amoretti

11 marzo, 2010 alle 8:39