SAD CITY – di E. Stark – Dodicesima puntata

senza commenti

Sono in questo angolo paradisiaco da sei anni durante i quali mi sono relativamente informato su Sad City.
All’inizio avrei voluto dimenticarla completamente, ma non era possibile: era la città in cui ero nato, cresciuto e avevo lavorato, la città dove riposavano i miei cari. Così, ogni tanto, cercavo informazioni. Turisti ne arrivavano pochi, ma in un certo senso preferivo così. Non ero venuto certo qua per essere circondato da gente con la puzza sotto il naso. Quando ne capitava qualcuno cercavo di capire dall’accento di dove fosse e una volta ebbi l’occasione di sentire una giovane coppia che parlava con l’accento delle mie parti. In effetti non erano proprio di Sad City, ma la conoscevano bene. Così mi raccontarono che molte cose erano cambiate nella mia città. Prendemmo un gelato insieme e continuarono a raccontare. Poi li salutai e non li vidi più. Aiutavo un italiano che aveva un ristorante più che decoroso sulla spiaggia. In pratica facevo il cameriere, ma solo alla sera. Durante il giorno me ne stavo in spiaggia a pescare o a fare surf, quando il mare lo permetteva. Per vivere mi bastava quello che guadagnavo da Peppino, il proprietario del ristorante. L’avevo conosciuto qualche settimana dopo il mio arrivo. Ero andato a pranzare da lui e mi offrì il caffè. Era un tipo che si faceva i fatti suoi e mi aveva chiesto solamente cosa mi avesse portato qua. La prima stronzata che mi era venuta in mente gliela dissi:«Ho divorziato da poco e volevo togliermi di torno.»
Non fece commenti, ma disse semplicemente:«Se hai bisogno di qualcosa, conta pure su di me.»
Lo ringraziai e dopo due mesi ero a fare il cameriere nel suo locale. Mi trovò anche una casetta confortevole, non lontana dalla spiaggia e cominciai a star bene.
Adesso però mi è venuta voglia di tornare a Sad City. Voglio andare a vedere se le cose sono cambiate o no.
Ho pagato l’affitto a Peppino, gli ho detto della mia intenzione di tornare.
«Non so ancora se mi fermerò a Sad City» gli dico mentre lo saluto.
«In ogni caso, se vorrai tornare qua, sai dove trovarmi.»
Eravamo diventati amici: un grand’uomo, Peppino, poche parole, ma sempre quelle giuste.
Arrivo a Sad City dopo un’ora di taxi dall’aeroporto e chiedo all’autista di prendere la strada che costeggia il mare. E cominciano le sorprese.
Ai bordi del mare, lungo tutto il percorso, ci sono tantissimi pini marittimi. Non c’è più quella fabbrica in disuso, questo assomiglia di più a un parco. Chiedo lumi al tassita e mi conferma che in effetti lì c’è un parco enorme, e dentro ci sono campetti di calcio e di tennis, liberi a chiunque. Panchine e fontanelle, chioschetti eleganti che vendono bibite e panini a prezzi bassissimi, una pista dove poter fare passeggiate a cavallo…Non lo seguo più e lui si accorge del mio stupore e mi chiede:«Scusi, ma lei è di qua?»
Rispondo che ci sono nato, ma che manco da qualche anno.
Allora mi chiede se ho voglia di fare un giro perché intuisce la mia curiosità e io acconsento.
Passiamo in centro che più o meno è come prima. Mi porta verso l’entroterra e mi rendo conto che al posto dell’azienda dei Charly Brothers adesso c’è un enorme complesso, stupendo, in mezzo ai pini e agli ulivi. Lui, che conosce bene Sad City, mi dice che adesso ci sono quattro cinema, una modernissima biblioteca, un paio di librerie, un ristorante, alcuni bar e una pista di pattinaggio, tra le tante altre cose.
«Prenda per qua!» gli dico improvvisamente.
«No, di qua non si passa: è diventata una pista ciclabile che costeggia tutto il mare per quattro o cinque chilometri.»
«Accidenti, ne sono cambiate di cose!» gli dico tutto eccitato.
E lui mi racconta che in effetti ne sono cambiate molte. Il Sindaco che c’era prima l’hanno arrestato per storie di corruzione, insieme a un bel po’ di assessori e da tre anni la giunta è cambiata. Ci sono molti giovani in Consiglio, gente in gamba, che ha voluto far crescere la città senza mettersi soldi in tasca. Si sono dati da fare per tutti: giovani e anziani.
«Che bello, mi fa proprio piacere!» gli rispondo.
L’auto esce dalla città per imboccare la strada che mi riporta a casa.
Nello specchietto retrovisore vedo un cartello di sfuggita, così mi volto per guardare meglio: è a sfondo bianco e c’è scritto “Benvenuti a Sun City“.

Fine

Scritto da Angelo Amoretti

4 dicembre, 2005 alle 16:48

Pubblicato in Racconti



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