La storia infinita del “manufatto” sul porto di Imperia

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Mentre con ogni probabilità in questo momento si sta svolgendo in Comune il supervertice tra il Sindaco Paolo Strescino e il patron di Acquamare, Gaetano Bellavista Caltagirone, sul futuro della Porto di Imperia SpA e non solo, su Il Secolo XIX di oggi appare questo nuovo fulmine a ciel sereno che tanto a ciel sereno non è, dal momento che sabato scorso Marco Preve, su Repubblica, scriveva quanto segue:

Quel capannone è un abuso edilizio’ così il perito bocciò la sede dei cantieri nautici

Il “capannone” del Porto di Imperia è abusivo, ha violato il codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, nonchè il Codice della navigazione, e andava sanzionato penalmente sia per l’ aumento dei volumi che per le difformità architettoniche. Sono clamorose le conclusioni cui era arrivata la consulente della procura, incaricata di effettuare una perizia, nella scorsa primavera, sulla struttura destinata ad ospitare i Cantieri Nautici che era stata oggetto di denunce ed esposti, e sequestrata per sospette irregolarità urbanistiche. La sorpresa è legata a due circostanze: la prima è che nonostante le 48 pagine (più allegati) con cui l’ architetto torinese Elena Colciago ha bollato come abuso edilizio il capannone, il pm Paola Marrali non ha sposato le tesi della sua consulente, ma ha ritenuto invece corrette le interpretazioni fornite dagli avvocati della Porto di Imperia spa e degli indagati. Fin qui nulla di strano, poiché non è la prima volta che un sostituto procuratore prenda le distanze dal suo perito. Più curioso, invece, il fatto che a Imperia, a livello mediatico, siaa lungo circolata la voce che la decisione della procura si basasse proprio sui risultati della consulenza tecnica. L’ architetto Colciago è uno dei periti più richiesti dalle procure piemontesi e liguri e si è occupata di numerosi casi scottanti, ultimo dei quali l’ inchiesta sui box di Paraggi a Santa Margherita. Lo snodo della sua consulenza è contenuto in un passaggio fondamentale, quando affronta l’ aumento di volume del capannone (52.509 metri cubi invece dei previsti 40.928): «….per la configurazione del reato di abuso edilizio, è irrilevante che la costruzione sia stata completata in ogni sua parte essendo sufficiente il solo inizio delle opere e delle relative attività prodromiche». L’ attività d’ indagine della Capitaneria aveva dimostrato, carte alla mano, che la costruzione del capannone era iniziata già con il progetto che conteneva quell’ aumento di volumetria, per il quale era stata chiesta l’ autorizzazione all’ interno della maxi variante del porto. Variante che all’ epoca non era ancora stata discussa. Il consulente della procura sottolinea poi che: «L’ illecito ambientale compiuto coi Cantieri Navali non può ottenere la compatibilità paesaggistica “postuma”» e respinge la tesi difensiva secondo cui «se fosse stata richiesta l’ autorizzazione della soprintendenza, questa l’ avrebbe concessa ugualmente approvando il progetto nella sua interezza senza modifiche». E questo perché, spiega l’ architetto Colciago, «la volumetria dell’ opera così progettata sfora il limite massimo previsto dal Piano regolatore portuale (43.500 metri cubi)», e prova ne sia, è l’ affondo del perito, che proprio per questa ragione è stata chiesta una «deroga al ministero dell’ Ambiente». E ancora: «Il “danno ambientale” viene considerato come violazione anche in assenza riconosciuta di un pregiudizio al paesaggio e nonostante il parere favorevole dell’ autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico». L’ architetto scelto dalla procura contesta anche la strada preferenziale imboccata dalla Porto di Imperia spa per chiedere la compatibilità paesaggistica. Infatti, scegliendo un articolo di legge rispetto ad un altro: «In caso di opera abusiva, ma conforme, compiuta su beni paesistici …. la sanzione sarà di tipo pecuniario» mentre secondo l’ architetto «nel caso in specie… in cui l’ opera determina aumento di volume o superficie utile e impiego di materiali in difformità la domanda doveva essere presentata in base…. e la sanzione relativa è quella penale». Il paragrafo finale elenca in sintesi le violazioni: «L’ opera risulta non conforme per le seguenti difformità: aumento di volumetria; modifica della sagoma, diversità dei materiali». Il pm Marrali aveva chiesto l’ archiviazione per i quattro indagati, il presidente della Porto di Imperia Paolo Calzia, il progettista Emilio Morasso, e infine due rappresentanti dei costruttori, Delia Marlonghi e Mariassunta Longo di Acquamare di Caltagirone Bellavista. Spetta ora al gip Domenico Varalli decidere se accoglierla oppure ordinare nuove indagini.
Marco Preve – Repubblica, 28 agosto 2010

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