L’intervista de Il Secolo XIX a Francesco Bellavista Caltagirone

2 commenti al post

«Finirò il porto in due anni ma ora basta attacchi»
Caltagirone: a Imperia nessun rischio per il Comune

«Le sembra vuoto?». Dall’alto del molo sferzato dal vento di sud est, Francesco Caltagirone Bellavista mostra il porto che sta costruendo, l’immensa diga che di notte splende di luci blu come una pista di atterraggio, banchine immacolate e per lunghi tratte deserte, con le doghe di legno e le bitte lucide in attesa di una cima di ormeggio.
C’è posto per 1.300 barche: ce ne sono molte di meno.
«Abbiamo venduto o affittato due terzi dei posti barca», assicura il costruttore romano patron di Acquamarcia, e nella foga indica anche il vecchio porticciolo, l’unica zona davvero gremita di piccoli yacht e barche da pesca, che però è sempre esistito.
«Vede com’è pieno?». Beatrice Parodi, la signora di Portosole (Sanremo) che lo affianca negli affari e in questa intervista con il Secolo XIX, spiega che di solito ci vogliono dieci anni per fare il tutto esaurito. Ma è dal 2008 che la crisi ha frenato le vendite. E questo preoccupa il Comune di Imperia, socio al 33% della concessionaria Porto di Imperia spa (i due terzi che restano sono divisi alla pari fra privati locali, fra cui la stessa Parodi, e l’Acquamare, sempre di Caltagirone). L’opposizione accusa la giunta di centro destra di aver concesso troppa libertà di manovra al gruppo romano, lasciandogli il 70% dell’affare senza patti parasociali o garanzie in caso di insuccesso. Il Pd ha pronto un dossier per la Corte dei conti.
È la prima volta che Caltagirone risponde di persona alle polemiche sul porto di Imperia, finito nella bufera dopo che la commissione regionale di collaudo, preoccupata per l’aumento dei costi di costruzione, ha mandato un esposto alla magistratura.
«È stata una serie ininterrotta di attacchi che mi hanno amareggiato e offeso».
Alle sue spalle, una lunga cortina di tabelloni promozionali separa il «porto più bello e importante del Mediterraneo» dal retroporto ancora da costruire, un grande cantiere con lo scheletro di un capannone bloccato dai magistrati e un’immensa collina di terra che ha scatenato polemiche.
Ingegnere, fu lei, nel 2006, ad annunciare che avrebbe realizzato il progetto, come si legge anche nel sito della Porto d’Imperia, in 40 mesi dalla data della concessione, dunque nell’aprile 2010. Abbiamo tutti capito male?
«Sicuramente intendevo le opere a mare, che sono state consegnate al 95% in 36 mesi. Abbiamo avuto l’inizio lavori a febbraio 2007 e ad agosto abbiamo formalmente presentato una variante alla Hall del mare, il cuore del porto, che secondo il progetto originario, da noi ereditato, doveva avere una grande copertura. La variante ci è stata concessa lo scorso marzo».
A causa di ciò, ora quando finirete?
«Teoricamente abbiamo tempo fino al marzo 2013. Ma io le dico che contiamo di finire i lavori nella primavera del 2012».
E il capannone bloccato?
«Appena la magistratura lo sblocca possiamo finirlo in 8-10 mesi».
La fognatura, ancora da fare?

«Nella conferenza dei servizi di agosto abbiamo preso un impegno con il Comune per finire l’allacciamento entro il gennaio 2011».
Un’ispezione al parcheggio interrato ha scoperto diverse infiltrazioni d’acqua.
«In quindici giorni sarà tutto a posto: normali problemi con i giunti».
I costi, secondo la Regione, sono aumentati, ma intanto avete fatto i cordoli delle banchine in cemento e non in pietra…
«Non lo so, è un dettaglio tecnico».
Si vedono delle palme un po’ sofferenti, quante ne mancano?
«Mancano quelle nell’area verde ancora da realizzare. Tutte quelle messe sono circa 400, ne mancano una cinquantina».
Tralasciamo i dettagli tecnici. Lei conferma che nella primavera del 2012 sarà tutto finito?
«Sì, lo confermo. Sempre che ci diano la conferenza dei servizi per la variante sullo Yacht club, che abbiamo chiesto di arretrare di un metro».
È vero che avete fatto un errore nella stesura dei certificati di pagamento e che tutti i costi sono stati attribuiti alle opere marittime, facendole così schizzare a 145 milioni?
«No, è vero che c’è stato un malinteso, probabilmente all’origine del contrasto con la commissione di collaudo, di cui preferisco parlare poco visto che siamo in attesa del rilascio del parere definitivo. La commissione non ha tenuto conto che la concessionaria Porto di Imperia aveva demandato a un’altra società, Acquamare, lo sviluppo intero del porto: non solo i lavori, ma l’intero coordinamento generale. Questo in base al contratto di permuta per cui Acquamare si è accollato l’onere della costruzione, con capitali esclusivamente privati e senza un soldo di contributi pubblici, in cambio del 70% delle opere realizzate».
Si parla di scatole cinesi.
«Falso. Acquamare è il coordinatore generale e provvede ai finanziamenti. Per la costruzione del porto ha nominato un general contractor, la Peschiera (sempre del nostro gruppo), che a sua volta ha nominato gli appaltatori Sielt e Euroappalti. Il 30% è rimasto alla Porto d’Imperia».
In tutto questo come e perché sono aumentati i costi?
«I maggiori costi sostenuti per valorizzare il porto e renderlo appetibile agli investitori sono totalmente a carico nostro e non incidono né sulla Porto d’Imperia né sulla durata della concessione e tutti i capitali sono interamente privati».
Se l’operazione dovesse andare male proprio per la lievitazione dei costi e si dovesse fare un aumento di capitale, ecco che il Comune, e dunque i cittadini di Imperia, ne avrebbero un danno.
«Lo escludo nella maniera più categorica, ribadendo che i costi sono interamente a carico dei privati. Comunque, in ogni caso, la Porto di Imperia rientrerebbe in possesso del 100% del porto».
Perché c’è stata questa fuga di tecnici e progettisti?
«L’ingegner Valentino Castellini, che abbiamo trovato al nostro ingresso, non teneva un comportamento consono al ruolo in azienda. Il direttore, l’architetto Emilio Morasso, si è dimesso».
Se ne sono andati perché non venivano pagati o sono stati cacciati perché non hanno voluto firmare documenti che non condividevano?
«L’architetto Morasso è stato pagato al 75%, cioè in misura superiore all’avanzamento dei lavori. Non tiro fuori i dati per correttezza, ma se lui dice che non è vero lo faccio. Castellini, invece, è stato sempre pagato».
Un altro progettista, Aldo Signorelli, è stato mandato via fin dall’ottobre 2008. Perché?
«Non eravamo contenti della sua tempistica».
Da maggio, ossia dalle dimissioni del ministro Claudio Scajola che aveva benedetto il porto fin da quando era sindaco, tutto è precipitato.Pensa che il porto di Imperia sia oggetto di un complotto politico?
«Sono abituato a guardare i fatti. Da maggio ad oggi è stato un susseguirsi senza sosta di attacchi a un porto straordinario, fatto con grande cura e fondamentale per l’Italia. Ho il conforto della gente di Imperia, che mi ringrazia e mi offre il caffè al bar».
La gente di Imperia teme che il porto rimanga com’è: mezzo vuoto e con gli scavi aperti alle spalle. Senza contare il rischio di uno scandalo giudiziario.
«Siamo assolutamente tranquilli e pronti a rispondere a tutte le istituzioni».
Avere un amministratore delegato della Porto di Imperia come Carlo Conti, indagato per abusi demaniali nel porto di Oneglia, non vi imbarazza?
«Non so perché è indagato e sono molto felice della sua nomina».
L’ha voluta Scajola in persona.
«Sono contento di conoscere Scajola, così come Claudio Burlando. Senza il presidente della Regione non ci sarebbe stato in Liguria questo sviluppo dei porti turistici. Aggiungo una cosa».
Prego?
«Scriva quello che vuole, ma abbia l’onestà di dire che il porto è bello e soprattutto la verità oggettiva e non quella di parte che abbiamo subito negli ultimi tre mesi».

Alessandro Cassinis – Il Secolo XIX – 15 settembre 2010