Istanze di stampo commerciale?

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Il Secolo XIX di ieri ha riportato la ricostruzione fatta dalla magistratura sulle vicende del nuovo porto di Imperia.
Voglio sperare che gli accertamenti che stanno venendo alla luce, non si limitino solo al fatto che non è stata Beatrice Cozzi Parodi a presentare Francesco Bellavista Caltagirone a Claudio Scajola e bla bla bla sennò basterebbe riprendere in mano e rileggere per bene il libro di Marco Preve e Ferruccio Sansa “Il Partito del Cemento”: era già più o meno tutto scritto lì, di quello che si conosce ad oggi.
Oppure, se si vuol fare una lettura un po’ più leggera dal punto di vista investigativo, bisognerebbe leggere anche “La tana degli alberibelli”: qualche traccia si trova anche lì, sebbene frutto della fantasia del romanziere Marino Magliani.
Detto questo, ancora non riesco a non meravigliarmi quando leggo una frase del genere:

La sera del 26 marzo 2006 in un dibattito tv, Scajola racconta come si è giunti a “scovare” l’imprenditore.
«Caltagirone? – rivela – Era in elicottero con Fiorani quando abbiamo fatto il giro sulla città.
Poi Fiorani, al quale abbiamo detto no per il progetto di 300 appartamenti nell’ex Italcementi, non si è più fatto vivo. Caltagirone, invece, ci ha pensato un po’ e ora ha accettato la scommessa, onerosa, di questo grandissimo porto».

E adesso si ripete la solita litania che era già stata messa in onda ai tempi del manufatto: se si bloccano i lavori, molte imprese perderanno il lavoro.
Ieri, infatti, si sono presentati dal magistrato gli avvocati di Caltagirone che pare abbia intenzione di collaborare con la Giustizia giusto per affrettare i tempi. Ma come era prevedibile, cosa hanno detto?

Il motivo della visita al pm (fissata l’altro ieri) sarebbe una proposta o un’offerta di piena disponibilità a collaborare con la magistratura per fornire le documentazioni necessarie a fare chiarezza su tutta la vicenda e le contestazioni mosse a Caltagirone, ovvero il suo concorso nell’associazione per delinquere, nel falso in documento e ideologico, e nell’abuso d’ufficio. L’offerta avrebbe come unico scopo quello di accelerare il più possibile le indagini in maniera che, se ravvisate, emergano le responsabilità. E comunque l’inchiesta proceda spedita. Un’istanza di chiaro stampo commerciale: l’attività del porto turistico imperiese e il completamento delle opere nel bacino possono procedere ma solo se Acquamare riesce a “vendere” tutti e 1238 i posti barca. Oppure il rischio che corre la società a medio termine è la chiusura del cantiere e, inattesa, il progressivo licenziamento delle maestranze.
[Il Secolo XIX - 12-11-2010]

A me lo stampo sembra diverso dal carattere commerciale.
I difensori a oltranza dell’opera saranno pronti a dire che se qualcosa si fermerà sarà per colpa della magistratura e dell’opposizione: se me lo potessero risparmiare mi farebbero un favore, ma lo farebbero soprattutto all’intelligenza degli imperiesi.
C’è dunque da augurarsi, come mi ha detto anche un autorevole componente del Pdl, che se c’è da arrestare qualcuno, lo si faccia pure, ma che l’opera sia portata a termine. Perché ormai ci hanno portato a questo paradosso: siamo tutti a pregare che il più grande porto del mediterraneo non rimanga un’opera nel deserto, non per colpa dei magistrati e dell’opposizione, ma di qualche furbetto del caruggio che voleva la fetta di torta più grande possibile.