Dove osano i Cervone

2 commenti al post

Chiaro l’invito-appello del sindacato: per i lavori del megaporto turistico di Imperia assumete il più possibile mandopera locale. Che è una richiesta non solo doverosa, visto da che parte proviene, ma anche più che legittima. Perché quando parlano di porti turistici (e in provincia di Imperia stiamo assistendo a un vero e proprio boom, persino eccessivo), sindaci, presidenti, autorità varie sottolineano sempre, ribadisco sempre, l’enorme ricaduta che ci sarà sull’economia locale. Bene.
Allora vediamo di farla arrivare subito, questa ricaduta. Come? Ovvio: come dicono, suggeriscono e implorano i sindacati. Assumendo per la durata del cantiere (qualcosa come tre anni e mezzo, se tutto andrà bene, cinque con le opere accessorie) i muratori di Ventimiglia e Bordighera, i falegnami di Pieve di Teco e di Aurigo, gli operai specializzati di Diano Marina e Taggia. Solo dopo, ad esaurimento dei posti, potranno arrivare i colleghi da altre province e da altre regioni. Nessuno ci ha pensato? Male. Se invece in una delle tante convenzioni sottoscritte nei mesi e negli anni scorsi, o nel capitolato d’appalto che assegnerà i lavori, è già previsto un comma che va in questa direzione, l’appello del sindacato sarà già soddisfatto. Ma è così?

La Stampa – 6 gennaio 2007

Ho riportato questo articolo di Pier Paolo Cervone perché mi ha sorpreso molto.
Cervone, senza mezze parole, si schiera dalla parte dei sindacati che chiedono di “occupare” i lavoratori di casa nostra per i lavori del nuovo megaporto.
Il suo fondo è da ritagliare e conservare. Sì, perché sarà proprio a inizio lavori che potremo giudicare tutti i bla bla bla che sono stati detti fino ad oggi.

Scritto da Angelo Amoretti

8 gennaio, 2007 alle 10:21

Pubblicato in Ambiente, Attualità



    Articoli correlati:

    • Nessuno