Nelle mani di Fiamma Spena

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Fiamma Spena
foto: Sanremonews

Ieri i sindaci della provincia di Imperia hanno firmato il protocollo di legalità davanti al Prefetto Fiamma Spena, alla presenza del sottosegretario all’Interno Sonia Viale. In precedenza, lo scorso febbraio, lo stesso patto era stato firmato dal Ministro dell’Interno Maroni con Confindustria.
Al protocollo hanno aderito anche Asl 1, Amat, Amaie, Provincia di Imperia, Aiga, Arte, Area24 e la Riviera Trasporti.
Vedremo se tutte ’ste firme porteranno a qualcosa di concreto. Nel frattempo riporto l’articolo de Il Secolo XIX di oggi:

Silenzio sospetto sull’autobomba in tribunale

Neppure un cenno dell’inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia, in collaborazione con la squadra mobile di Imperia e lo Sco (Servizio centrale operativo) di Roma. Una “dimenticanza” che potrebbe indurre il neo prefetto Fiamma Spena a chiedere precise spiegazioni.

Imperia – Nel dossier dell’Antimafia vengono meticolosamente menzionati tutti gli episodi attribuiti alla criminalità organizzata negli ultimi dieci anni. Un elenco certosino, che non trascura neppure i dettagli. Eppure, sulla vicenda in assoluto più grave e inquietante, un vero e proprio attacco alle istituzioni, cioè il fallito attentato del novembre 2008 contro il tribunale di Imperia con un’autobomba carica di gas disinnescata all’ultimo minuto, le relazioni degli investigatori tacciono. Neppure una riga. Neppure un cenno dell’inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia, in collaborazione con la squadra mobile di Imperia e lo Sco (Servizio centrale operativo) di Roma. Una “dimenticanza” che potrebbe indurre il neo prefetto Fiamma Spena a chiedere precise spiegazioni.
Oggi, di quei fatti, cioè di una rudimentale ma potenzialmente funzionante autobomba, attentato fallito il giorno della celebrazione dei Defunti il 2 novembre del 2008 nel parcheggio riservato a magistrati e avvocati sotto le finestre di palazzo di giustizia di Imperia, non si sente più parlare. La Dda ha chiuso con un’archiviazione, in assenza di prove certe, la vicenda, che quindi con la organizzazioni criminali si presume nulla avesse a che fare. Le procure (anche quella generale all’epoca interpellata) non indagano, anzi non ne fanno più menzione. La ricerca dei possibili responsabili, dei legami di costoro con gruppi di stampo mafioso o terroristico, così come ipotizzato tre anni or sono, è insomma lettera morta.
La decisione di delegare alla Dda il delicato incartamento venne adottato dal procuratore capo, Bernardo Di Mattei. Gli atti erano stati raccolti presso la procura di Imperia dal sostituto procuratore Filippo Maffeo: davano praticamente certa la pista dell’attentato contro i giudici di Imperia. Alcuni elementi emersi dalle indagini e in particolare dai rilevamenti sull’auto e sulle bombole di gas che dovevano esplodere, i tempi e il “modus agendi” degli attentatori, avevano subito portato ad avvalorare questa ipotesi.
Il pm Maffeo, tra le varie piste, aveva seguito quella di un “avvertimento” del sedicente agente segreto russo, Roman Antonov, definitivamente condannato all’ergastolo per l’omicidio di Vasia, nell’approssimarsi del processo in Corte d’Assise d’Appello. Ma i sospetti su Antonov finirono con il decadere. Così pure la squadra mobile e il Servizio centrale operativo si erano concentrati su altri clamorosi casi giudiziari: collegamenti con il processo contro i possibili mandanti del controllo dei locali della prostituzione in Riviera o sviluppi delle indagini su alcuni casi di violenza, minacce a mano armata. Tra questi anche il caso di Alberto La Gatta, ora in precarie condizioni di salute, detenuto per una serie di reati tra cui una “gambizzazione”, resosi latitante pochi giorni prima dell’attentato fallito. L’obiettivo della task-force messa in moto all’epoca era quello di dare al più presto precise risposte su un episodio inquietante e sconcertante che soltanto per un caso del tutto fortuito non ebbe drammatiche conseguenze. Anche per questo motivo in città fece visita il procuratore generale di Genova, Francesco Lalla, che aveva incontrato i colleghi imperiesi e partecipato a un Comitato per la sicurezza convocato dal prefetto, Maurizio Maccari.
Tre anni di silenzio, oggi, appaiono ancora più sconcertanti per via degli scenari che il flop investigativo offre. Fu davvero fatta piena luce?

Il Secolo XIX – 25 ottobre 2011