La relazione della Direzione Investigativa Antimafia

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«È fuor di dubbio che la presenza della ’ndrangheta in Liguria è attuale e allarmante».
E’ ciò che scrive la Direzione Investigativa Antimafia nella sua relazione annuale, che continua «La ’ndrangheta ha individuato nella Riviera ligure un paradiso ove poter riciclare le ingenti ricchezze prodotte dalle attività illecite, una piazza tranquilla dove svolgere con sistematicità le più proficue attività di estorsione e di usura, il tutto, per così dire, all’ombra del paravento legale offerto dal casinò di San Remo».
Riguardo i porticcioli (grandi e piccoli) del Ponente Ligure, la DIA scrive:
«In numerose località balneari (Ventimiglia, Ospedaletti, Imperia, San Lorenzo al Mare, Loano), sono in corso o sono state da poco ultimate le lavorazioni per realizzare nuovi approdi, dotati di ogni confort e numerosi posti barca.
Le realtà monitorate hanno, pressoché tutte, evidenziato problematiche in relazione al rispetto della normativa antimafia e perplessità in ordine alle procedure di assegnazione delle concessioni e/o autorizzazioni seguite dai Comuni in qualità di soggetti concedenti. A dispregio delle indicazioni comunitarie, le procedure seguite, lungi dall’utilizzare il metodo dell’asta pubblica, hanno preso a riferimento il codice della navigazione e la legislazione specialistica. Conseguentemente, anche a causa dell’impiego di denaro privato, si è osservato che gli affidamenti alle ditte impegnate nelle lavorazioni sono avvenuti senza alcuna forma di controllo sotto il profilo antimafia
».
E sul Secolo XIX di oggi leggo che a pagina 498 della relazione viene riportato anche quanto successo a Pier Giorgio Parodi, padre della bella Beatrice che con il fidanzato Francesco Bellavista Caltagirone sta costruendo il Porto di Imperia:

Parodi senior «si era rifiutato di far lavorare alcuni soggetti operanti nel settore del movimento terra, nell’attività di trasporto degli inerti dalla cava di Carpenosa al costruendo porto di Ventimiglia». Allora due uomini lo hanno aspettato lungo la strada che porta alla cava, gli hanno sbarrato il passo con la loro macchina «e gli hanno sparato contro numerosi colpi di fucile per farlo scendere dalla vettura». L’imprenditore «ha accettato di riconoscere ai due imputati un euro e mezzo per ogni tonnellata di massi trasportata per la costruzione del porto (ne sono state utilizzate 370 mila)». I due sono stati condannati in primo grado ad ottobre.

fonte: Il Secolo XIX – 10 febbraio 2012

Questi sono documenti ufficiali e spero che li legga anche chi continua a sottovalutare o a sminuire il problema.

Scritto da Angelo Amoretti

10 febbraio, 2012 alle 16:17