Agnesi: l’opposizione prende in mano l’iniziativa

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Qui non è questione di “maggioranza” o “opposizione” perché la cricca ha sempre fatto ciò che voleva, a prescindere da chi, in Comune, fosse in minoranza o in maggioranza.
Mi riferisco a quanto detto dal consigliere di Imperia Riparte Giuseppe Fossati e riportato sul Secolo XIX di oggi, riguardo la questione Agnesi: “Dopo la delibera dei mesi scorsi del consiglio comunale che, in relazione alla chiusura del mulino, ha istituito un tavolo permanente sulla vicenda Agnesi aperto anche ai gruppi di minoranza, il Comune, fatto il compitino di una bella discussione davanti alle telecamere, è stato assente e passivo. Il tavolo non si è mai riunito, l’amministrazione si è eclissata, in tutt’altre faccende affaccendata. Credo che, una volta di più, spetti all’opposizione prendere in mano l’iniziativa“.
Ottima idea, ribadita con un comunicato che forse pone fine al simpatico botta e risposta con il sindaco Capacci.
A suffragare l’idea che mi sono fatto in questi anni e che naturalmente può essere sbagliata, nella stessa pagina del Secolo XIX c’è un impietoso elenco delle industrie sparite dalla faccia della terra imperiese: infatti il disegno della cricca parte da lontano. Loro, con cappuccio o senza, hanno una visione temporale diversa da noi comuni mortali: pensano una cosa e mettono in moto la macchina che può terminare il lavoro a breve o a lungo termine, non importa. Ogni tanto la macchina s’inceppa e allora si concentrano su qualcos’altro, ma il loro fine è sempre stato e sempre sarà quello di cementificare la città e il suo immediato entroterra. Mi domando cosa architetteranno i loro nipotini quando non ci sarà più un metro quadrato da riempire di cemento:

1929 chiudono le Acciaierie Ilva alle Ferriere;

La Società Esercizio Molini, già Molini Alta Italia che produceva fecole e farine, chiude dopo aver ridimensionato attività e dipendenti.

Fine anni cinquanta: chiude l’Italcementi che nel massimo del suo splendore aveva 134 dipendenti. “Anche in quel caso si formò il consueto “tavolo” istituzionale con la proprietà che promise di mantenere al lavoro la metà degli operai per sopperire al fabbisogno di cemento della provincia, ma la fabbrica chiuderà definitivamente i battenti all’inizio degli anni Settanta, asciando le vestigia che ancora oggi abbruttiscono il centro di Oneglia” scrive David e, aggiungo io: la macchina in quel caso si è inceppata,(pensiamo al famoso giro in elicottero di qualche anno fa), ma la forza della cricca sta anche nel fatto che se si ferma la sua macchina, si ferma tutto. Si lascia tutto lì, in attesa di tempi migliori (pensiamo alla Sairo: avevano fatto il giro largo e ci avevano fatto credere che sarebbe nato il famoso incubatore di imprese). Qualcuno starà aspettando che crolli, poi ci pensa lui.

Negli anni settanta chiudono la Pamar (che produceva mangimi) e la Renzetti che aveva chiesto una variante al PRG per costruire un grattacielo e, con la vendita degli appartamenti, avrebbe aperto uno stabilimento nell’entroterra. Solo che la variante non arrivò mai: il sindaco era il democristiano Alessandro Scajola.

Nello stesso periodo chiude la Solertia, alla Fondura: settanta lavoratori a casa.

Poi tocca al settore oleario: Berio, Sasso, Borelli e Sairo (”Lo stabilimento fu poi acquisito da una cordata di imprenditori imperiesie destinato a ospitare l’Incubatore di imprese, altro progetto industriale morto in culla” si legge nell’articolo).

Ora il Sindaco, a proposito dell’Agnesi, dice: “O Angelo Colussi ci garantisce gli attuali posti di lavoro o si può scordare di venire a fare operazioni immobiliari a Imperia” e aggiunge: “L’importante è che l’azienda rimanga nel territorio del Comune di Imperia e poi che si producano pure eccellenze alimentari (come lui stesso aveva proposto ndr), ma non deve andare perduto nemmeno un posto di lavoro“.
Mi spaventa un po’ che i sindacati siano sul piede di guerra perché l’ho vista sulla mia pelle e quella di altri colleghi, la guerra dei sindacati.