I pm: Scajola subito a processo

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Marco Menduni per il Secolo XIX

Caso Matacena, richiesta di rito immediato
I pm:«Scajola subito a processo»
Ma non per mafia
I difensori: è una mossa perché non torni libero

La procura antimafia di Reggio Calabria chiede il giudizio immediato per Claudio Scajola e per Chiara Rizzo, la moglie dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, riparato a Dubai per sottrarsi a una condanna, ridotta nelle scorse settimane dalla cassazione da 5 a 3 anni. Ma subito scoppia la polemica innescata dagli avvocati difensori.
Per i legali la scelta dei pm di accelerare la corsa verso il processo risponde a un disegno preciso: evitare che l’ex ministro e la bionda lady arrestata al suo rientro in Francia possano tornare in libertà dagli arresti domiciliari.
Tra pochi giorni (per Scajola il termine coincide con i tre mesi dall’arresto, avvenuto l’8 maggio) entrambi sarebbero ritornati in libertà. Se fosse invece accolta la richiesta di rito immediato, i termini tornerebbero di nuovo a decorrere. Una decisione ancor più contestata per il fatto che la procura non ha voluto più ascoltare Scajola dopo il primo interrogatorio in carcere, a regina Coeli, nonostante l’ex ministro in almeno tre occasioni l’abbia richiesto per chiarire ulteriori circostanze.
Ora il giudice ha cinque giorni davanti per decidere se dare il via libera alla richiesta della procura. Con il rito immediato si salta l’udienza preliminare e il processo inizia subito: la stessa formula utilizzata dai pm (con scarso successo, a constatare i risultati raggiunti a oggi) per Silvio Berlusconi nel caso Ruby. Occorre però l’evidenza della colpa e i pm ritengono che ci sia. Non attendono nemmeno ottobre, data nella quale si discuterà dell’aggravante “mafiosa” per gli imputati. Il gip, che pure aveva dato il via libera agli arresti, l’aveva negata: Scajola e la Rizzo non avevano aiutato la criminalità organizzata.
I pm non sono d’accordo e hanno deciso di far ricorso. Che cosa accadrà ora,non è chiarissimo nemmeno agli addetti ai lavori: è un caso anomalo che venga chiesto il giudizio immediato mentre ancora non è arrivata una decisione su una delle aggravati addebitate agli indagati. Al momento, comunque, questa non viene contestata.
Nella richiesta arrivata ieri mattina al giudice Barbara Bennato la circostanza è scomparsa, almeno per ora, dall’elenco dei reati. Scajola non è accusato di aver favorito la ‘ndrangheta, ma solo per procurata inosservanza della pena: tradotto, per i suoi tentativi di aiutare Matacena nella latitanza. Scajola, e per i pm è una circostanza evidente, si è attivato per spostare Matacena da Dubai, dove si era rifugiato dopo la condanna, in Libano, ritenuto un Paese più tranquillo per evitare l’estradizione. A confermarlo, sempre secondo l’accusa, ci sono tutte le telefonate tra lo stesso Scajola e Chiara Rizzo e i contatti dell’ex ministro con Vincenzo Speziali, nipote (e omonimo) dell’ex senatore del Pdl, indagato in un altro troncone dell’inchiesta. La Rizzo e il factotum dell’ex politico Martino Politi sono accusati anche di avere schermato i beni dello stesso Matacena allo scopo di sottrarli ad un eventuale sequestro.
La linea difensiva di Scajola sembra delineata. In realtà il suo interessamento per le sorti di Matacena non si è mai tradotto in nessuna azione concreta. Solo chiacchiere, qualche richiesta di informazioni, magari pure qualche millanteria per accaparrarsi la simpatia di Chiara Rizzo, ma nulla di più. Da far dire ai suoi avvocati Elisabetta Busuito e Giorgio Perroni: «Siamo fermamente convinti che dalle carte emerga la prova evidente della sua innocenza, che siamo fiduciosi di poter dimostrare se e quando potremo difenderci appieno dinanzi ad un Giudice terzo».