La vicenda del signor Mancuso non mi convince

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Le scene e le retroscene dell’arresto del signor* Mancuso, il noto narcotrafficante colombiano accusato di 130 omicidi, non mi convincono e mancano troppi pezzi alla riscostruzione.
Dal momento che non sono un investigatore avrei bisogno del vostro aiuto per cercare di capire alcune cose che mi sfuggono.
Prima pubblico l’articolo di Marco Grasso, apparso sul Secolo XIX di oggi:

I retroscena della cattura tra indagini hi-tech e sistemi all’antica. Una vecchia cabina ha tradito a Imperia il narco-killer
Setacciate migliaia di utenze cittadine

Il primo indizio è stata una voce lontana diecimila chilometri. Domenico Antonio Mancuso Hoyos sta chiamando un parente. La conversazione è disturbata ma gli inquirenti colombiani, che tengono sotto controllo molti membri della sua famiglia, riconosce la voce del latitante. Il dialogo dura abbastanza a lungo perl ocalizzarlo: la telefonata è partita da una cabina telefonica della provincia di Imperia.
È partita così ìuna caccia all’uomo tra le più imponenti mai messe in campo in Liguria negli ultimi anni.
Gli investigatori sanno che la posta in gioco è alta.La segnalazione, trasmessa dai colleghi sudamericani attraverso l’Interpol, parla chiaro: Mancuso Hoyos è il ricercato numero uno dalle autorità di Bogotà ed è un pericolo per l’Italia. Va trovato con ogni mezzo, dal più tecnologico al più antico. E questa ricerca, che mischia appunto strumenti ultra moderni ad appostamenti vecchio stile, vale la pena di essere raccontata.
I finanzieri del Gico (Gruppo investigativo criminalità organizzata, coordinato dal colonnello Giuseppe Di Tullio) hanno poco più della segnalazione della postazione telefonica pubblica da cui è partita quella chiamata. La successiva traccia, quella fondamentale per indirizzare l’inchiesta, viene selezionata attraverso un complesso sistema di analisi di traffico telefonico.
È grazie a questa prima scrematura che vengono isolati alcuni numeri “interessanti”. Si tratta di cellulari che hanno avuto contatti con la Colombia. Sms o chiamate.
Anche qui, gli agganci sono pochissimi. Perché l’uomo in fuga, racconta un investigatore, parla quasi esclusivamente con Skype, per il timore di essere intercettato.
Il secondo passo è la geolocalizzazione dei numeri presenti nella lista, attraverso uno strumento all’avanguardia stile 007. Gli inquirenti a questo punto hanno un’idea di alcune zone di Imperia e da qui in poi comincia l’indagine vecchio stampo. Attese di ore, appostamenti, pedinamenti. Finché il ricercato viene stanato.
Vive una vita anonima in Liguria da un paio d’anni. Frequenta spesso la chiesa.
Qualcuno, nonostante le precauzioni, lo ricorda, soprattutto per la stazza. Appena individuato il via al blitz è quasi immediato.
Mancuso Hoyos ha sulle spalle quattro mandati di cattura. Da esponente dell eAuc-gruppo assoldato da proprietari terrieri, con legami importanti nel narcotraffico, in particolare con la ’ndrangheta, e con la complicità di alcune frange delle forze armate colombiane avrebbe partecipato o deciso 132 omicidi, commessi nel corso di quattro massacri avvenuti a La Gabarra, al confine con il Venezuela.
Negli anni le Auc – comandate per anni dal cugino, il più noto Salvatore Mancuso, detto “el Mono” (la scimmia) – diventano un vero e proprio esercito paramilitare. Milizie fondamentali nella geopolitica del narcotraffico perché hanno prima combattuto le Farc (i guerriglieri marxisti leninisti) poi piegato ettari di territorio colombiano alla coltivazione di cocaina. Nel fascicolo istruito dal procuratore speciale per i diritti umani, Domenico Antonio Mancuso Hoyos è accusato anche di aver privato della propria terra oltre tremila persone.
Negli ultimi anni l’Onu ha finanziato (senza successo) milioni di euro a favore di programmi di riconversione delle coltivazioni di coca. Fra le ragioni dei fallimenti il controllo esercitato dalle organizzazioni paramilitari, a cui vengono attribuiti migliaia di omicidi.

La domanda principale che mi frulla per la testa è: come mai il signor Mancuso è finito a Imperia?
Le altre sono queste:
Come mai gli è stato rilasciato un passaporto?
Mi hanno detto che per quanto riguarda la carta d’idendità, in Comune non fanno troppe ricerche: vai, la chiedi e te la rilasciano.
In Questura non avevano foto segnaletiche? Se l’Interpol l’ha segnalato e se Mancuso era uno dei più ricercati al mondo, come ha potuto avere un passaporto?
E come mai ci sono voluti due anni per arrestarlo? Capisco che per le indagini ci voglia tempo, ma visto che si trattava di una preda che non stava intrunata tutto il giorno, cavolo, c’è voluto così tanto per pinzarlo?
Dall’articolo di Grasso si evince che a Imperia c’è una cabina telefonica che funziona e che è meglio telefonare con Skype (così la Postale se ne va in brodo).

* Lo chiamo “signor” perché se prossimamente dovesse incontrarmi in qualche caruggio, potremo discutere pacificamente.