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Le interviste all’on. Scajola sul caso Bordighera

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Riporto le due interviste rilasciate dall’on. Claudio Scajola a La Stampa e al Secolo XIX lo scorso 12 marzo

IL SECOLO XIX

L’ex Ministro, uomo forte del PDL nel Ponente Ligure
Scajola, messaggio a Maroni: Bordighera? Mancano le prove
«L’azione della ’ndrangheta non è dimostrata»

Stavolta il governatore l’ha tirato tanto per la giacchetta fin quasi a strappargliela. Claudio Scajola parla dopo la tempesta su Bordighera. E parla
dopo l’affondo del presidente della Regione Claudio Burlando. Che ieri, al SecoloXIX, ha dichiarato: «Per il peso che ha, penso che l’ex ministro dovrebbe parlare e dire che, se c’è stato davvero qualcosa, si deve fare pulizia».

Onorevole Scajola, la bufera si è abbattuta su quello che è sempre stato considerato il suo “regno”. E con ripercussioni pesanti: un’amministrazione a lei legata era fortemente infiltrata dalla criminalità.

«Io sono consapevole di una cosa. Conosco personalmente il sindaco Bosio da anni. Lo considero una persona di assoluta correttezza e trasparenza. Mi pare d’altra parte che nessuno lo metta in dubbio».

Però il governo, un governo di cui lei ha fatto parte e nel quale intende rientrare, ha sentenziato così: la mafia a Bordighera c’era e condizionava gli amministratori. E non da ieri.

«Lo scioglimento del consiglio comunale di Bordighera è una brutta pagina, poiché mi pare che non ci sia dimostrazione di infiltrazioni della malavita organizzata nell’amministrazione comunale».

Con questa affermazione vuole affermare che il ministro RobertoMaroni ha preso una decisione così importante e così forte senza che ce ne fossero i presupposti?

«Non conosco le carte, ma sono certo che Maroni avrà agito con alto senso di responsabilità. Questo è un punto fermo. Tutto il resto, però, è strumentalizzazione. Una brutta strumentalizzazione».

Quale interpretazione dà a questa decisione choc?

«Credo che lo scioglimento del consiglio sia in qualche modo un monito per tante realtà, anche nel Nord Italia, a tenere alta la guardia. Ci sono stati segnali d’allarme ripetuti negli ultimi mesi e questo è stato il modo per riaffermare che la vigilanza delle istituzioni è altissima».

Il presidente della Regione Claudio Burlando le chiede parole nette.

«Sicuramente tutte le forze politiche hanno come primo dovere quello di garantire che i propri esponenti siano persone trasparenti. Questo non lo dico da oggi e nemmeno da ieri. Ma ribadisco: questa provincia non è terra di malaffare, non è un covo di delinquenti. Ci sono situazioni molto delicate che vanno tenute d’occhio e sulle quali non ci si deve stancare di tenere alta la guardia. Ma ogni generalizzazione è inaccettabile».

Questa volta non si può dire che quel che è accaduto a Bordighera possa esser conseguenza di una visione pregiudizialmente ostile al Pdl. I carabinieri, la magistratura, il governo stesso hanno concluso nella stessa maniera.

«Non mi stancherò mai di dire quanto sia importante per la nostra sicurezza il lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura. Come è altrettanto importante che gli esponenti politici non strumentalizzino a fini di parte».

Il Secolo XIX – 12 marzo 2011

LA STAMPA

“La provincia non è in mano alla criminalità organizzata”
L’ex ministro Scajola: ma rispetto la decisione del ministro Maroni

«Questa provincia non è in mano alla criminalità organizzata».
L’ex ministro Claudio Scajola ci tiene a ribadire il concetto che conferma le dichiarazioni da lui espresse in passato. Nel delicato momento che la giunta Bosio sta affrontando, lui prende tempo un giorno e poi, sollecitato, interviene nel segno della continuità.
«Non credo che la provincia di Imperia sia diventata dominio della ‘ndrangheta o territorio di conquista della mafia», aveva detto nel dicembre scorso, quando il tema delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel Ponente, ormai era già argomento clou del dibattito politico, creando tensioni e irrequietezza.
Ora siamo di fronte a un dato di fatto: il Consiglio comunale di Bordighera è stato sciolto sulla base di indagini che hanno rivelato «il sostegno dato all’amministrazione dalla criminalità calabrese alle elezioni 2007». Lei cosa pensa del sindaco?

«Io ho grande stima nei confronti dell’architetto Bosio. Lui con i suoi consiglieri ha lavorato bene a Bordighera. Capisco tutta la sofferenza che Bosio possa provare in questo momento. Credo che nessuno debba strumentalizzare su questa questione».

Il provvedimento estremo si basa però su accuse pesanti

«Ci vuole rispetto per le forze dell’ordine, per lamagistratura e anche il riconoscimento per il lavoro difficile che fanno. Però non ci sto a criminalizzare
nessuno. Questa provincia non è in mano alla criminalità organizzata».

Eppure abbiamo assistito a fatti criminosi che possono far pensare diversamente

«Se ci sono, come ci sono, fenomeni allarmanti di criminalità tutti dobbiamo agire perchè non si radichino in questa operosa terra».

Il ministro dell’Interno ha valutato la situazione e si è mosso di conseguenza. Secondo lei ha esagerato?

«Rispetto la decisione di Maroni. Credo vada anche intesa come un forte segnale a tutte le comunità del Nord Italia. Forse anche al di là del
caso specifico di Bordighera. Nessuno, però, strumentalizzi».

Rispetto a quello che aveva già detto non mi sembra abbia avuto dei ripensamenti, alla luce di quanto successo a Bordighera…

«Credo che le mie dichiarazioni confermino esattamente le mie affermazioni del passato».

La Stampa, 12 marzo 2011

Scritto da Angelo Amoretti

14 marzo, 2011 alle 9:33

Pubblicato in Politica

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Imperia nel mirino della ‘ndrangheta

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La ‘ndrangheta del clan Pellegrino “puntava dritto sulla Regione e sul Comune di Imperia” e le indagini per stroncare le infiltrazioni “furono bloccate“. Il tutto sta, a quanto scrive Il Secolo XIX del 12 marzo scorso, nelle due relazioni che i militari del comando provinciale imperiese hanno inviato al Ministero dell’Interno, passando per il Prefetto Paolo Di Menna che peraltro riteneva non ci fossero le condizioni per sciogliere il consiglio comunale di Bordighera.
Nell’articolo si parla di Francesco Costa, l’ex direttore del Catasto di Imperia, che secondo quanto scrivono i militari nelle relazioni, aveva rapporti con Giovanni Pellegrino (”sospetto ‘ndranghetista” in carcere dallo scorso mese di giugno). Costa si è interessato, per mezzo degli ingegneri Simonetti e Leone, a garantire dei lavori alla ditta.
Di questo aveva già scritto Il Secolo XIX dello scorso 29 gennaio e direi che un po’ di nebbia si addensa(va) anche nella nostra città. Mi domando se queste cosucce le sapevano anche Sappa, Amadeo e Strescino quando sono andati a riferire alla Commissione Antimafia di Roma.
Se non le sapevano, ora le sanno.
Mi stupisce che Strescino dica, per esempio, che nessuno sia mai andato a lamentarsi da lui per presunte pressioni di stampo mafioso e che a parte i tre furgoni della DDS incendiati, dalle nostre parti non ci siano segnali allarmanti.
Vorrei sapere chi è quel buon uomo che nel caso dovesse pagare il pizzo a qualcuno, va dal Sindaco e glielo racconta. Al limite se proprio se la sente, va dai carabinieri.
E’ possibile che i tre non sapessero tutto, ma oggi ne sanno un po’ di più e invece di continuare a dire che bisogna tenere alta l’attenzione, che non bisogna abbassare la guardia e bla bla bla, dovrebbero cominciare a fare qualcosa di concreto per il bene della città e della provincia tutta.
Innanzitutto spero che d’ora in avanti non dicano più che da noi la mafia non esiste e poi, tanto per dirne una, Sappa potrebbe suggerire a Bosio, l’ex sindaco di Bordighera, di farsi discretamente da parte anche come capogruppo del Pdl in Provincia, così potrà in tutta serenità preparare il ricorso al TAR contro quella che gli sembra una decisione “abnorme” [termine molto in voga, ultimamente: lo hanno usato anche Rodolfo Leone e Francesco Bellavista Caltagirone per giudicare il provvedimento di Pierre Marie Lunghi in materia di Porto di Imperia, nda].
E dispiace che l’on. Scajola in perfetto stile democristiano e anche un po’ contraddittorio, dia un colpo al cerchio e l’altro alla botte dicendo che ha piena fiducia nella Magistratura, ma che non esistono prove che nel comune di Bordighera ci siano state infiltrazioni mafiose. Un po’ più di decisionismo e autoritarismo in casa propria non ci starebbe male. Sarebbe almeno un segnale a indicare che si vuol fare davvero un po’ di pulizia, perché mi sa che ce ne sia bisogno anche qua.
Al riguardo trovo sorprendente, per usare un eufemismo, la nota rilasciata all’Ansa, lo scorso 10 marzo, in cui l’on. Eugenio Minasso, vice coordinatore ligure del Pdl, riguardo al caso Bordighera, si dice “molto dispiaciuto e preoccupato per le ripercussioni, a livello di immagine, sulla città e sulla provincia tutta”, ma ha “piena fiducia nel Ministero dell’Interno e nel ministro che tale decisione ha proposto e nel lavoro delle Forze dell’Ordine e della Magistratura” e si augura “che gli amministratori locali possano dimostrare la loro estraneità e la loro lontananza da tali vicende“.

Scritto da Angelo Amoretti

13 marzo, 2011 alle 18:57

La storia più allucinante degli ultimi 150 anni

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Acquisto una casa, qualcuno ne paga una parte e io non so chi sia e perché lo abbia fatto.

L’inchiesta entra nel vivo
Casa di Scajola, i conti non tornano
Gli inquirenti vogliono capire la provenienza di quei 900 mila euro serviti per l’acquisto.

Dicono gli inquirenti che non è accanimento, ma solo il tentativo di dare una spiegazione «all’episodio fino a oggi più incomprensibile di quest’inchiesta», i 900 mila euro serviti per pagare parte dell’abitazione romana di Claudio Scajola. E per l’ex ministro delle Attività produttive le prossime settimane, con il ritorno in attività a pieno ritmo dei pm dell’inchiesta sulla “cricca”, saranno decisive.
Perché i detective non vogliono rinunciare a compiere l’ultimo tentativo per capire come sia andata davvero quella vicenda e quali siano le motivazioni.
E partono da due considerazioni. La prima: di fronte alla versione raccontata da Scajola, di esser stato «all’insaputa» del movimento di assegni, gli investigatori sono convinti di aver «almeno una testimonianza» che dice come Scajola fosse presente al momento di cambio di mano di quei titoli.
Di chi è la testimonianza? Non quella dell’architetto Angelo Zampolini, l’uomo che per conto dell’imprenditore Diego Anemone ha organizzato la partita. Perché Zampolini spiega ai pm i movimenti di quegli assegni e la loro consegna, «ma il quel momento Scajola non c’era». Gli investigatori perugini non sono disposti a credere, almeno finora, che all’oscuro di Scajola si sia realizzato il tentativo di annacquare la provenienza sospetta di una grossa somma di denaro. E in questa strana storia emerge un altro dettaglio stonato: gli assegni del mistero avrebbero cambiato tasca almeno otto volte: davvero un’idea incauta (o troppo presuntuosa?) quella di lasciare per strada otto testimoni di un illecito.
L’altro passaggio su cui gli inquirenti si stanno concentrando è la possibile motivazione di una “regalìa” così consistente al ministro. Ricordiamo: Scajola finora non è indagato proprio perché non si è trovata una diretta corrispondenza tra l’episodio e possibile favori o piaceri transitati sull’asse Balducci Anemone Zampolini.
Diversamente da com’è andata per un altro ex ministro, Pietro Lunardi, indagato nell’inchiesta con il cardinale Crescenzio Sepe. Nei giorni scorsi il tribunale dei ministri ha dato via libera alla trasmissione degli atti al parlamento, reputando attendibile la ricostruzione dei magistrati: uno scambio di favori tra un affare immobiliare di Lunardi eunfinanziamento concesso al museo di Propaganda Fide.
Ma proprio per dare una risposta definitiva in un senso o nell’altro a ogni dubbio sull’affaire Scajola, negli uffici degli stretti collaboratori dei pm ci sono le carte di «decine di contratti, migliaia di pagine, in parte ancora da verificare». Ancora oggi l’ipotesi scavata con più determinazione è quella di un possibile intervento di Scajola nel grande appalto che segnò l’inizio dell’ascesa imprenditoriale di Amenone e del suo gruppo.
È la ristrutturazione del palazzo del Sisde in piazza Zama a Roma, costata circa 11milioni di euro. I lavori furono affidati nel 2002, quando Scajola guidava il Viminale. In quello stesso periodo il generale Francesco Pittorru, altro beneficiato di Anemone, era responsabile del settore logistico dell’intelligence.
Sottolineano gli inquirenti: «Quell’affare ha reso veramente moltissimo ad Anemone, non solo in termini di stretto ritorno economico, ma perché l’ha lanciato nel mondo degli appalti d’oro». Così gli accertamenti su quella delicatissima vicenda, dalla quale sono poi emersi sprechi e spese gonfiate, proseguono a pieno ritmo.
Per tornare a premere sul pedale dell’acceleratore dell’inchiesta i pm attendono ora di sapere se il gip concederà una proroga di sei mesi all’indagine.
Per sostenerne l’esigenza hanno preparato un pacchetto di nuovi accertamenti che ritengono ineludibili, come il denaro arrivato sui conti del presidente del Consiglio di Stato, Pasquale De Lise (che lo ha però spiegato come pagamento di una regolare compravendita immobiliare), una seconda “lista Anemone” che contiene l’illustrazione di lavori e nominativi tra cui un “Berlusconi” e nuovi dettagli su lavori di ristrutturazione nell’appartamento romano di Scajola. La decisione del giudice è prevista nei prossimi giorni.
Se sarà positiva, se le indagini sul primo gruppo di 24 indagati potranno ancora proseguire, la prossima settimana l’inchiesta sulla cricca degli appalti potrà ripartire a pieno ritmo.
Marco Menduni – Il Secolo XIX – 8 settembre 2010

Scritto da Angelo Amoretti

9 settembre, 2010 alle 11:17

Imperia: Vele d’Epoca 2010

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Oggi a Imperia si è aperto il raduno delle Vele D’Epoca e i portali locali ci informano che, a differenza di quanto precedentemente annunciato, l’onorevole Scajola non era presente all’inaugurazione perché convocato a Roma dal Presidente Berlusconi per la riunione di questa sera a Palazzo Grazioli.
Quando ho letto la notizia, mi sono chiesto se il nostro onorevole ci sarà come membro dell’equipaggio della Cristoforo Colombo, la sua nuova fondazione che, pur stando con il Capo, “gli dirà anche di no” e “le cose che non vuole sentire” o come fondatore di Forza Italia e basta.

Scritto da Angelo Amoretti

8 settembre, 2010 alle 21:10

Tutti [o quasi] gli uomini di Scajola

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La  galassia che la Riviera, oggi in edicola, chiama “Scajoland” [click sull'immagine per ingrandire]:

Tutti gli uomini di Scajola

e la colonia di imperiesi in Carige [click sull'immagine per ingrandire]:

Imperiesi in Carige

Scritto da Angelo Amoretti

23 luglio, 2010 alle 18:08

Pubblicato in Personaggi, Politica

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Cocktail estivo

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Mi tolgo due o tre sassolini dalle scarpe e anche le scarpe perché è tempo di espadrillas (pare siano tornate di moda).
Ingredienti per il cocktail.
1) Un Sindaco;
2) Un ex ministro del Pdl;
3) Un parlamentare del Pdl;
4) Certa stampa (vicina e lontana) che si occupa di fatti locali;
5) Un partito o due di opposizione, uno dei quali ha fatto della legalità la propria bandiera.

Abbiamo un sindaco che dice, sebbene a proposito di un fatto ben preciso, ma che ripete spesso, quando l’opposizione gli fa notare qualcosa che non quadra: “Purtroppo anche in questo caso assistiamo ad una furbesca interpretazione che riprende un tema cavalcato ad oltranza dall’opposizione consiliare che tende a gettare discredito su tutto e su tutti.”
Ormai è noto: chi critica rema contro. Contro la città e il suo sviluppo, la sua immagine, il turismo e via dicendo.
C’è da chiedersi, con quello che sta succedendo nella nostra città e nel nostro ponente, chi sia veramente il rematore all’incontrario.

Prendiamo il caso Scajola: se prima delle sue dimissioni qualcuno aveva qualche dubbio sull’esistenza e l’esatta ubicazione di Imperia, adesso è accontentato. A Imperia abbiamo un parlamentare, già ministro, che non sa chi gli ha comprato parte della casa con vista Colosseo a Roma. E se lo trova son dolori. E di Imperia hanno parlato e scritto un po’ tutti.

Abbiamo un altro parlamentare che è fortemente sospettato di aver avuto i voti dalla malavita organizzata e che ha già provato a giustificarsi senza convicere del tutto, visto che ha detto svariate cose puntualmente smentite dai fatti documentati da Il Secolo XIX.
Ciò che stupisce è che al momento, a quanto mi risulta, l’unico a chiederne le dimissioni (ma dagli incarichi di partito), sia Gianni Plinio, ex AN, ex Continua a leggere

Scritto da Angelo Amoretti

12 luglio, 2010 alle 12:01

Fare e farsi da soli

senza commenti

Dai, facciamoci!
Ma ci siamo già fatti!
E rifacciamoci!

Paolo Rossi – Su la testa!

Sinora si è pensato alle grandi opere. Ma, tenuto conto dei limiti crescenti di budget imposti dal patto di stabilità, come si affronteranno il loro mantenimento e gli interventi di ordinaria manutenzione?

«Queste saranno le sfide del futuro. Abbiamo delle idee in cantiere e proprio sulla gestione della cosa pubblica riteniamo di essere meglio di altri, che quando hanno amministrato la città (vedi giunta Berio) in Comune non c’erano neppure i soldi per pagare l’illuminazione pubblica. Le piccole cose saranno un’altra sfida importante a cui ci dedicheremo con tutte le nostre forze».
Paolo Strescino – La Stampa, 2 giugno 2009

“Ogni giorno sono un po’ più tranquillo”, dice l’onorevole. Ma forse è troppo tardi, per recuperare. Questa storia non ci voleva.
“Davvero strano, non trova? Tutte le volte che sale in alto, ma veramente in alto, succede qualcosa. Sembra quasi che qualcuno gli voglia male. Qualcuno che lo invidia. Forse perché è un uomo che ha sempre avuto un solo sponsor: sé stesso. È rimasto orfano a tredici anni, e si è fatto da solo. Lavorando duro. Con grande personalità e intelligenza politica si è costruito una leadership, giorno per giorno. Guadagnandosi il rispetto e l’amicizia soprattutto delle persone semplici. Inevitabile, che qualcuno gli voglia male. Ma, attenzione: perché mio marito è uno capace, uno tosto. Che non molla mai. Lo vedrete anche questa volta”.
Maria Teresa Verda in Scajola – la Repubblica, 17 maggio 2010

La vicenda dell’assessore Baudena è spiegata bene da Giorgio Montanari.
TARSU + 26%
Ticket posteggi auto + 50% circa
Bretella di Caramagna: inaugurata in pompa magna in più riprese e in gran parte da rifare.
E’ la giunta del fare e del buongoverno.
L’avete voluta la bicicletta? Adesso pedaliamo!

Scritto da Angelo Amoretti

19 maggio, 2010 alle 15:22

Tra moglie e marito non mettere il dito

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Maria Teresa Verda, moglie dell’ex ministro Claudio Scajola, ha rilasciato un’intervista a Repubblica e dopo qualche ora suo marito l’ha smentita.
Sono cose che capitano.

L'intervista a Maria Teresa Verda
“Mio marito per il momento sta zitto, non vuole creare problemi ai veri colpevoli”
La moglie dell’ex ministro Scajola: lui è un granello di sabbia nella tempesta

IMPERIA – “Se il ministro stamani non viene a messa, allora vuol dire che la situazione è proprio brutta”. Nella chiesa di Sant’Anna di Diano Serreta, minuscola frazione incastonata tra gli ulivi delle colline imperiesi, i 17 parrocchiani presenti guardano con apprensione l’ultima panca. Quella dove solitamente prega l’intera famiglia Scajola: Claudio, la moglie Maria Teresa Verda, i figli Piercarlo e Lucia, la suocera Maria Carolina. Ogni domenica salgono discreti fin quassù, mezz’ora di tornanti e strade strette: l’appuntamento con la messa è il piccolo “segreto” che custodiscono con la comunità locale, asciutta e solidale come solo i liguri della campagne sanno essere. C’erano anche l’altra settimana: il ministro Scajola – perché, dimissioni o no, nella Riviera dei Fiori lui sarà sempre e comunque ministro – ha stretto la mano a tutti, e loro hanno offerto un mazzo di rose rosse alla moglie per ringraziarla di aver finanziato i lavori di restauro dell’edificio.
Questa volta la panca è vuota, e quella che sembra essere la signora più anziana del paese scuote la testa. “Che gran pasticcio”, si preoccupa sincera. Ma sul finire della funzione Maria Teresa Verda e sua madre arrivano trafelate, la moglie dell’onorevole fa in tempo a prendere la comunione e stringere la mano in segno di pace al diciottesimo ospite della chiesa.

Il giornalista che qualche minuto più tardi sul sagrato le chiede che fine abbia fatto il marito.
“Nessun mistero. Voleva venire ma abbiamo fatto un po’ tardi, ha preferito restare a casa. Entrare in chiesa gli avrebbe fatto bene. Ma è comunque tranquillo, sereno. Compatibilmente sereno”.

I parrocchiani temono sia finito in un brutto guaio, a Roma.
“La posizione di mio marito è quella di un granello. Un granello, rispetto ad una tempesta di sabbia. Tutto qui. Ma forse sapete più cose di noi: che possiamo solo leggere i giornali, e restare a bocca aperta. Increduli. Ogni giorno è una sorpresa”.

Per saperne di più suo marito poteva andare a Perugia. E testimoniare.
“Se non parla ancora, è per non creare problemi a persone molto più coinvolte di lui in questa vicenda. Abbiamo bisogno di capire. Con calma. Tutte queste presunte fughe di notizie sui giornali non fanno che aumentare la confusione. Mio marito ha seguito i consigli del suo avvocato”.

Intanto Berlusconi ha preso le distanze. Brutto segno.
“E cos’altro doveva fare? Berlusconi vuole bene a mio marito. Lo ha sempre stimato, e continua a farlo. Capisco le sue parole, perché è giusto in questo momento prendere le distanze dalla vicenda. E lasciare che si faccia chiarezza. Non dimenticate che Claudio si è dimesso proprio per questo”.

“Ogni giorno sono un po’ più tranquillo”, dice l’onorevole. Ma forse è troppo tardi, per recuperare. Questa storia non ci voleva.
“Davvero strano, non trova? Tutte le volte che sale in alto, ma veramente in alto, succede qualcosa. Sembra quasi che qualcuno gli voglia male. Qualcuno che lo invidia. Forse perché è un uomo che ha sempre avuto un solo sponsor: sé stesso. È rimasto orfano a tredici anni, e si è fatto da solo. Lavorando duro. Con grande personalità e intelligenza politica si è costruito una leadership, giorno per giorno. Guadagnandosi il rispetto e l’amicizia soprattutto delle persone semplici. Inevitabile, che qualcuno gli voglia male. Ma, attenzione: perché mio marito è uno capace, uno tosto. Che non molla mai. Lo vedrete anche questa volta”.

Gli amici dicono che l’onorevole non si senta tradito, anzi. Quando parla dei colleghi romani, ne sottolinea l’amicizia. Che fine hanno fatto questi amici?
“Sono ancora lì. Sanno che Claudio era a capo di un ministero importante, che trattava temi molto delicati. E sanno che c’è sempre bisogno di uno come lui. Grazie a Dio, la nostra è una famiglia piuttosto stabile, economicamente. Ma le sembra che avremmo potuto ridurci a fare certe cose? No, la verità è un’altra. E la scopriremo presto”.
fonte: Repubblica.it

La nota di Claudio Scajola
Scajola: “Non è vero che non vado dai pm per non creare problemi ai veri colpevoli”
Nota dell’ex ministro sull’intervista alla moglie pubblicata da Repubblica: “Prego la stampa di non cercare di ottenere dichiarazioni dai miei familiari”

Scajola: “Non è vero che non vado dai pm per non creare problemi ai veri colpevoli”

ROMA – “In relazione all’articolo apparso oggi su La Repubblica 1 e riportante un’intervista asseritamente resa da mia moglie, preciso di non condividerne il contenuto. In particolare, non è assolutamente conforme al vero la circostanza che io abbia deciso di non presentarmi dinanzi ai Pubblici Ministeri di Perugia per non ‘creare problemi ai veri colpevoli’ o a ‘persone molto più coinvolte di me’”. Lo afferma in una nota l’ex ministro Claudio Scajola precisando inoltre che “le uniche persone titolate a rilasciare dichiarazioni in merito alla nota vicenda siamo io e il mio legale, avvocato Giorgio Perroni”. “Prego, pertanto, la stampa – conclude – di non cercare di ottenere dichiarazioni dai miei familiari, i quali stanno vivendo un momento di comprensibile difficoltà di cui si deve avere rispetto”.

Nell’intervista Maria Teresa Verda affermava: “Se mio marito non parla ancora è per non creare problemi a persone più coinvolte di lui in questa vicenda. Abbiamo bisogno di capire. Con calma. Tutte queste presunte fughe di notizie sui giornali non fanno che aumentare la confusione”. “Mio marito ha seguito i consigli del suo avvocato”, aggiungeva la moglie dell’ex ministro che non ha voluto testimoniare davanti ai magistrati di Perugia impegnati nelle indagini sugli appalti per i “grandi eventi”.
fonte: Repubblica.it

Scritto da Angelo Amoretti

17 maggio, 2010 alle 13:01

Scajola non si presentera’ ai giudici

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L’appartamento del ministro valeva meno della metà di quello che ora si legge sui giornali perché era in stato deperimento. È una casa al primo piano senza balconi, apparteneva alle persone più povere del palazzo che non hanno mai voluto ristrutturarlo.
Lory del Santo al Messaggero, 3 maggio 2010

Scajola e consorte nella loro casa di Roma. Foto tratta da Oggi

In effetti il mezzanino deve essere stato ristrutturato. Resta da sapere da chi.
Ma la vicenda dell’appartamento in via del Fagutale 2 a Roma e soprattutto del suo proprietario, è destinata a non avere ancora fine.
Con l’aiuto de Il Fatto Quotidiano, ricostruisco in breve le puntate precedenti.
28 aprile 2010. Durante una conferenza stampa, inseguito da una domanda di un giornalista de Il Fatto Quotidiano, si dichiara sdegnato: “Che cosa ha da replicare allea testimonianza dell’architezzo Zampolini?
Non ho nulla da dichiarare perché non voglio partecipare a questa bruttissima abitudine dei processi mediatici. Sono assolutamente amareggiato e disgustato che il segreto istruttorio finisca sui giornali“.

29 aprile 2010. Scajola dichiara: “Sono addolorato perché si sta cercando di mettere in mezzo mia figlia“.

1 maggio 2010. Il Ministro dichiara a il Giornale: “In questa occasione non faccio come nel caso Biagi, non me ne vado. Altrimenti sembra che mi hanno beccato con il sorcio in bocca“. Nella stessa intervista Scajola afferma: “Sì, non sono indagato. Il pm ha chiesto di sentirmi come persona informata dei fatti, e ho proposto al giudice un incontro a breve compatibilmente con i miei impegni di governo“.

4 maggio 2010. Scajola si dimette dichiarando, tra l’altro:”Mi devo difendere e per difendermi non posso continuare a fare il ministro“.

L’incontro con i giudici di Perugia è fissato per venerdì 14 maggio, ma ieri i suoi legali hanno fatto sapere che non si presenterà perché non ci sono garanzie difensive.
In molti ipotizzano che preferirebbe eventualmente essere sentito dal Tribunale dei Ministri e i maligni dicono che Angelino Alfano stia preparando un Lodo Scajola.
Il fatto è che ormai le capriole dell’ex ministro a questo punto non si contano più e come ho già scritto in precedenza, credo che la maggior parte dei cittadini voglia conoscere la verità. Non si tratta di fare processi mediatici, non importa se una persona sia indagata o informata sui fatti, importa sapere come si è comportato un Ministro della Repubblica e mi pare che in democrazia non sia pretendere troppo.

Scritto da Angelo Amoretti

13 maggio, 2010 alle 12:45

Sistema Scajola

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L’articolo che segue è tratto da L’espresso in edicola questa settimana.

Sistema Scajola
Il feudo in Liguria. Il controllo di banca Carige.
Gli imprenditori amici. I legami con il Vaticano.
Forte di solidi appoggi ora l’ex ministro cerca la rivincita.

Claudio Scajola detto “Sciaboletta” lo dichiarava appena due mesi fa, con voce stentorea e sguardo convinto: “Non credo ci sia una nuova stagione di Mani Pulite. Oggi c’è il tema delle responsabilità personali che devono essere severamente punite. Il denaro pubblico e le funzioni pubbliche necessitano di un impegno di assoluta serietà e rigore: chi sbaglia deve pagare”. Era il 17 febbraio, Balducci e Anemone erano appena stati arrestati, e qualcuno si stupì che il ministro dello Sviluppo economico partisse lancia in resta con dichiarazioni modello Di Pietro. “Già: di quell’appartamento e del legame tra Claudio e pezzi della “cricca” si chiacchierava da tempo nei palazzi del potere” ricorda una fonte vicina al ministro, “qualcuno della banda prima di finire in manette lo disse chiaro e tondo: guardate che se cado io, cadranno in tanti. E il primo sarà Scajola”.
Il ministro in effetti è caduto, ma non è la prima volta che accade. Come l’araba fenice, è sempre riuscito a rinascere dalle proprie ceneri. Nel 1983 la sua carriera politica (era sindaco di Imperia) sembrava stroncata da un arresto per concussione aggravata. Le accuse vengono smontate, e sette anni dopo riesce a riprendersi la fascia tricolore. Nel 2002 la battuta su Marco Biagi (definito un “rompicoglioni”) gli costa la poltrona del Viminale e lo costringe a restare fermo un turno ai giardinetti: ma al primo rimpasto Berlusconi lo richiama al governo, prima come ministro dell’Attuazione del programma, poi nel cruciale dicastero dello Sviluppo economico. Ora il colpo è durissimo, e sono in pochi a scommettere che “l’imperatore” possa rialzarsi ancora dal fango. Ma il suo granitico sistema di potere, di sicuro, resta in piedi, una rete politica e clientelare basata sul controllo ferreo di mezza Liguria, sulla gestione diretta dell’ottavo istituto italiano, la Banca Carige, sui rapporti con pezzi da novanta del Vaticano.

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Scritto da Angelo Amoretti

10 maggio, 2010 alle 9:49

Pubblicato in Personaggi

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