Archivio per tag ‘Claudio Scajola arrestato’

L’On. Giovanni Toti [Forza Italia] a Imperia

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Toti, con una “t” e senza la stampella, domani sarà a Imperia: il comitato di accoglienza è fitto di “ing.” e di “dott.” eppure un profano come me, se fosse di Forza Italia, sarebbe portato a pensare che l’accoglienza dovrebbe essere a base di cachi.
Perché Toti, lo ricordo a chi l’ha scordato, è colui che, “uscito da sotto un cavolo*”, disse in tivù che l’eventuale candidatura di Claudio Scajola alle europee, “sarebbe stato un danno*”. E per il nostro concittadino fu “una coltellata in una ferita*”. Poi sappiamo come è andata.

Ma la politica è cambiata: adesso arriva quello uscito da sotto il cavolo e si stringono tutti attorno a lui. Quell’altro se ne sta sotto l’asparago, magari pensando a Lady Matacena, con i cuoricini che gli fluttuano dagli occhi.
Ma c’è la possibilità che questa accoglienza possa servire a riaprire la porta al coltivatore indiretto: con questi chiari di luna, se supererà la prova Matacena (il marito della Lady, per capirci), gli si apriranno praterie sconfinate perché potrà dire che sì, c’è del peggio oltre a lui.
Lo vedete che non ne verremo più fuori?
*

Scritto da Angelo Amoretti

4 dicembre, 2014 alle 12:09

Dove è finito l’archivio di Scajola?

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Dal blog di Aldo Giannuli

Cappuccino, brioche e intelligence n° 51

Ci sono alcune notizie che quando salgono alla ribalta delle cronache restano sulla cresta dell’onda per alcuni giorni, salvo poi scomparire per mesi e mesi (o anche per tempi molto più lunghi) come un fiume carsiso. Sembra essere questo il caso dell’archivio segreto di Claudio Scajola. Facciamo un passo indietro.

Lo scorso 8 maggio 2014 la Dia di Reggio Calabria arrestava a Roma l’ex ministro dell’interno Claudio Scajola, con l’accusa di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Pdl Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Dall’indagine pare emergessero anche delle operazioni per portare all’estero i capitali di Matacena e l’ombra di legami con la ‘ndrangheta. Questo il filone principale dell’inchiesta che vedrà l’avvio del processo il prossimo 22 ottobre e su cui per ora non ci soffermeremo, sia per opportunità che per mancanza di informazioni approfondite.

Il problema che ci interessa approfondire è un altro. Nei giorni dell’esplosione dell’inchiesta infatti, due sono stati i grandi temi sotto i riflettori: da un lato l’appassionante love story tra lady Matacena e lo stesso Scajola, letteralmente impazzito secondo i racconti della segretaria, per l’avvenente moglie dell’ex collega di partito, la quale conquistava le colonne destre dei principali siti di informazione italiani con le consuete deprimenti fotogallery soft-porno a cui ci hanno ormai abituato i portali web che avranno prodotto ricchi dividendi in click per gli editori.

Il secondo filone, più serio ed importante, è stato quello legato all’archivio personale dell’ex ministro dell’interno (sic!). Sin dai primi giorni infatti non sono mancati articoli sui contenuti di questo archivio, per altro mai troppo particolareggiati, che sottolineavano “Migliaia di fascicoli su politici e favori. L’archivio segreto di Scajola sotto sequestro” (Corriere della Sera, 12 maggio 2014); “I segreti del Viminale nei dossier di Scajola” (Repubblica, 15 maggio 2014) e potremmo proseguire. Gli articoli dedicati alle carte che man mano gli inquirenti stavano acquisendo sono proseguiti fino a circa la metà di giugno (il Corriere ancora il 13 giugno 2014 dedicava pagina 18 ai contenuti degli interrogatori e delle carte). Come detto tuttavia, i temi emersi erano scottanti e bastevoli per far saltare il banco di molti aspetti recenti e non della storia repubblicana, a partire dell’omicidio Biagi, ma non esplosivi come ci si poteva aspettare e come lo stesso Scajola ci aveva fatto credere fino a prima del suo arresto, quando ancora minacciava i suoi ex colleghi parlamentari e di partito di “tenerli per le palle”.

Passato giugno, un po’ come ovvio nei processi di produzione delle notizie, un po’ probabilmente per l’attesa del processo del prossimo ottobre, l’attenzione sul caso Scajola scemava e così anche sui contenuti del suo archivio. Lo scorso 6 agosto però, mi sono balzati agli occhi alcuni articoli: “Scajola, l’archivio segreto era dentro i muri” (Repubblica, 6 agosto); “Scajola, trovato l’archivio segreto nascosto nel muro dietro alcuni quadri” (Il fatto, 6 agosto 2014). Le carte delle prime perquisizioni insomma, rimandavano ad altri materiali e gli inquirenti hanno disposto nuove ricerche che hanno portato al ritrovamento del database completo nelle nicchie nascoste dietro ai quadri nella villa di Imperia. Tombola! Mi venne da pensare quando lessi quegli articoli. Purtroppo però, causa il periodo agostano, ma forse anche per altri motivi, dei contenuti delle chiavette dell’archivio segreto di Claudio Scajola dopo questo rilancio del 6 agosto, non si è saputo più nulla. L’articolo di Repubblica recita che “Ora il materiale si trova al Centro Dia di Reggio Calabria, nelle mani degli analisti che ne stanno tirando fuori una marea di dati. Qualcuno si spinge a dire “gli ultimi 30 anni di storia politica e personale di Scajola”. Materiale sul quale al momento vige il massimo riserbo, che molto probabilmente confluirà nel processo del 22 ottobre”.

Nello spirito di questa rubrica dunque, raccolti un po’ di dati e messe in fila alcune notizie, ci corre d’obbligo porci alcune domande e fare alcune riflessioni (da prendere sempre con il beneficio del dubbio).

-Perchè nei giorni in prossimità dell’arresta i giornali sono stati generosi di notizie sui contenuti della prima parte di archivio sequestrata e dei ritrovamenti del 6 agosto non si è saputo nulla?

-Posto che come afferma l’articolo di Repubblica i documenti verranno prodotti al processo in programma per il 22 ottobre, come verranno selezionati? Con quale criterio? Da chi? C’è da immaginare che verranno scelti in base all’attinenza con il filone di indagine di Reggio Calabria, ma che fine faranno tutti gli altri documenti sugli innumerevoli argomenti ed episodi che l’archivio sicuramente contiene?

-Nel pieno rispetto della necessaria riservatezza che temi come quelli oggetto dell’indagine richiedono, chi garantisce che i documenti digitali non verranno modificati ed utilizzati per altri scopi inquisitori alla luce della grande debolezza dei file e documenti digitali, modificabili con successo e senza lasciare tracce da un comune informatico?

-siamo proprio sicuri che da qui ad ottobre, nel silenzio della stampa, non si lavori per cercare di disinnescare l’”ordigno ad ologeria” costituito dall’archivio di Scajola, magari con il “lasciapassare interessato” del ministro dell’interno e dei contraenti del patto del Nazareno, in nome della stabilità e del bene del paese? Vi immaginate infatti cosa potrebbe contenere un archivio simile? Non solo in merito alle debolezze dei parlamentari o dei singoli, ma in merito ad aziende, operazioni economiche e strategiche, servizi di intelligence regolari e “paralleli”, malefatte di membri di tutti i partiti o dei governi Berlusconi sul piano nazionale ed internazionale, G8 di Genova, rapporti Dell’Utri-Libano, Finmeccanica, infrastrutture liguri e non solo, ecc?

Insomma, non sarebbe male se dell’archivio segreto di Scajola ci si occupasse un po’ di più, anche in sede Copasir, magari, o ci fossero più informazioni a disposizione, così come sarebbe preziosa una maggiore attenzione degli storici sul tema, alla luce del valore sconfinato di archivi come quello ritrovato che rischiamo seriamente di perdere o di vedere manomessi se non sapremo mantenere alta l’attenzione.

Aldo Giannuli negli anni novanta, rovistando tra le carte della commissione stragi, intuì l’esistenza di quello che divenne noto come l’”archivio della via Appia”: noi storici del futuro dovremo sperare di trovare delle cassettiere piene di chiavette usb? Non sarebbe la stessa cosa…

Martino Iniziato, Lapsus

Scritto da Angelo Amoretti

17 settembre, 2014 alle 15:59

Dove sono finiti gli amici di Claudio?

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Qualche volta, riordinando libri e documenti, mi capita di trovare cose che voi umani non potete neppure immaginare: i lecca lecca della Lega Nord, per esempio, rigorosamente verdi (immagino, dunque, al sapore di menta) e le bustine di zucchero con in bella mostra Alberto da Giussano.
Oppure un opuscolo, scritto nel 2001 da Andrea Orsini e Luigi Giglio, dal titolo “Claudio Scajola, la politica del fare”, a cura degli “amici di Claudio”.
Il documento, di sole 70 pagine, ma ricco di immagini e ritagli di giornali (ce n’è uno in cui si legge che l’Iva sul basilico era scesa dal 20 al 4 per cento grazie al nostro statista)  e da ritenere quindi di fondamentale importanza , inizia così:

Cos’è la politica? Per alcuni è semplicemente un mestiere, un modo come un altro per mantenere la famiglia, per tentare la scalata al successo e, qualche volta, per arricchire.
Per altri è poco più che un hobbyal quale dedicare un po’ di tempo libero, sottraendolo al lavoro, alla famiglia, al riposo.
Per fortuna non ci sono soltanto queste due alternative, altrimenti saremmo nelle mani soltanto di mestieranti senza ideali, pronti a vendersi a qualsiasi causa, oppure di dilettanti senza esperienza, senza per questo esserne schiavi; uomini per i quali la politica è un lavoro quotidiano, serissimo, che non ammette debolezze o distrazioni, proprio perché sono in gioco questioni importanti per la collettività, e per i quali la coerenza con i propri ideali, con la propria cultura, con i valori professati è una regola che non ammette eccezioni.
Per troppi anni, nel nostro paese, l’impegno politico è stato considerato dai moderati quantomeno con scarsa attenzione.
Questa è una delle cause – e non la meno importante – della debolezza strutturale che ha sempre caratterizzato nella nostra storia i partiti di centro, che pure hanno a lungo rappresentato la maggioranza degli elettori. In Italia gli uomini politici di grande professionalità, senza essere professionisti della politica, non sono dunque molti.
Claudio Scajola è uno di loro. Per questo vale la pena di conoscerlo meglio. E per questo crediamo che meriti la nostra fiducia e quella degli elettori.

Qualcosa, in seguito, deve essere andato storto, ma oggi mi preme porre la vostra attenzione, o affezionati lettori, sul seguente quesito: “Che fine hanno fatto gli amici di Claudio?”.
Lo spunto mi viene dato dall’intervista a La Stampa di oggi di Antonello Ranise, coordinatore cittadino di Forza Italia, al quale occorre riconoscere perlomeno la coerenza con cui si è sempre battuto in difesa di Scajola.
In sostanza dice che o Forza Italia cambia oppure se ne va. Basta leggere il suo comunicato di domenica scorsa per capire che il .C.C. è profondamente deluso. Solo che in quel comunicato sembrava deluso dal fatto che nessuno degli “amici di Claudio” si era fatto sentire in difesa dell’ex ministro. Oggi lo pare anche dal funzionamento del partito e addirittura si chiede se esiste un coordinamento regionale.
Aggiunge che “In questo primo anno di opposizione, pur tra mille difficoltà, il nostro gruppo consiliare ha saputo fare quadrato“. In verità ci ho visto più un triangolo che un quadrato e ricordo quando qualcuno del centrodestra aveva detto che era venuta l’ora di prendere in mano la situazione.
Temo che abbia preso qualcos’altro e, come Ranise, per Forza Italia locale la vedo grigia.

Scritto da Angelo Amoretti

17 agosto, 2014 alle 12:37

Scajola, l’archivio segreto era dentro i muri

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Giuseppe Baldessarro per la Repubblica

Gli hard disk e le chiavette con documenti riservati sono stati trovati nelle nicchie nascoste dietro ai quadri nella villa di Imperia

Sì del gip al giudizio immediato per l’ex ministro e per lady Matacena: saranno processati a Reggio Calabria il 22 ottobre.

REGGIO CALABRIA – Era nascosto in alcune nicchie scavate nel muro. In piccoli vani nascosti da quadri o stampe. In alcuni casi coperti ad occhi indiscreti da armadietti leggeri, tali da poter essere spostati da una sola persona. Lo hanno trovato in quei buchi l’archivio segreto di Claudio Scajola. È dalle mura che è saltata fuori la “storia” dell’ex ministro dell’Interno e Presidente del Copasir. Non è stato semplice, perché dalla prima perquisizione ad Imperia, fatta sia allo studio privato di via Matteotti che in quello della casa di Via Diano Calderina, non era affiorato nulla. O meglio, gli uomini della Dia di Reggio Calabria avevano sequestrato soltanto la parte di archivio “pubblico”. Documenti, computer, tablet e telefonini che già in passato erano stati passati allo scanner dagli investigatori di diverse procure. Nulla di particolarmente interessante, ma è proprio analizzando quei file che i magistrati che conducono l’inchiesta sulla fuga di Amedeo Matacena a Dubai (il pm della Dda Giuseppe Lombardo e l’aggiunto della Dna Francesco Curcio) si sono convinti a firmare un secondo decreto di perquisizione, eseguito dopo la prima dell’8 maggio scorso.

Una scelta compiuta alla luce del fatto che da alcuni documenti spuntavano riferimenti ad altri fascicoli e a cartelle informatizzate che però non erano state immediatamente trovate. Così, scrivono i magistrati, «atteso che vi è il fondato motivo di ritenere che uno o più documenti di natura informatica siano sfuggiti all’attività di ricerca» vi è la necessità di una «ulteriore attività di perquisizione dei locali di abitazione, di ufficio e delle sedi aziendali riferibili a Claudio Scajola». Un nuovo blitz che ha anche riguardato Giuliana Fossati (non indagata), un tempo segretaria dell’ex ministro. Un lavoro molto più dettagliato di quello svolto in precedenza dagli inquirenti. A essere rivoltati come un calzino questa volta non sono stati solo gli studi. I magistrati hanno agito d’urgenza per timore che il materiale potesse essere fatto sparire. Nello studio di Scajola spostando alcuni quadri sono saltate fuori le nicchie nelle quali c’erano alcuni hard disk e una serie di pen drive. Così una dopo l’altra sono saltate fuori tutte le “edicole” nascoste, ed in ognuna di esse il materiale informatico cercato.

Per la Procura si tratta dell’archivio segreto di Scajola, quello mai trovato in passato. Ora il materiale si trova al Centro Dia di Reggio Calabria, nelle mani degli analisti che ne stanno tirando fuori una marea di dati. Qualcuno si spinge a dire «gli ultimi 30 anni di storia politica e personale di Scajola». Materiale sul quale al momento vige il massimo riserbo, che molto probabilmente confluirà nel processo del 22 ottobre con rito immediato deciso ieri dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria che ha accolto la richiesta della Procura. I magistrati avevano chiesto il giudizio immediato per Chiara Rizzo (moglie di Amedeo Matacena), per l’ex ministro Claudio Scajola, le segretarie dei due ex politici Roberta Sacco e Maria Grazia Fiordelisi e per il factotum di Matacena, Martino Politi. Inizialmente lo stesso iter era stato chiesto per Matacena, la cui posizione è stata poi stralciata. Ad alcuni viene contestato il reato di procurata inosservanza di pena, ad altri l’intestazione fittizia di beni dello stesso Matacena, ancora latitante a Dubai.

Scritto da Angelo Amoretti

6 agosto, 2014 alle 8:38

I dolori dell’innamorato Scajola, novello Werther a sua insaputa

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di Silvia Truzzi per il Fatto Quotidiano – 15 giugno 2014

Racconta Giovanni Bianconi sul Corriere che “Claudio Scajola s’è messo nei guai per amore”. Per amore di chi? Chiara Rizzo, évidemment, la bella moglie dell’ex deputato di Forza Italia, Amedeo Matacena (condannato per ‘ndrangheta, in procinto di rientrare da Dubai, dove era latitante, mentre la consorte è in carcere in Calabria). Scrive Bianconi: “Lo Scajola innamorato finisce di essere argomento di gossip ed entra ufficialmente in un atto giudiziario sottoscritto dagli avvocati Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito, nel tentativo di alleggerire la posizione del loro assistito nell’indagine dove i pm (ma non il giudice che l’ha fatto arrestare) lo considerano una pedina essenziale del più grande gioco di appoggio alla mafia calabrese”.
I due legali sostengono che il “movente della sua condotta, il solo, unico motivo di tutto quanto egli ha fatto per aiutare Chiara Rizzo, peraltro sempre rimanendo nel lecito… È l’invaghimento di Claudio Scajola per questa donna estremamente bella, molto affascinante e, soprattutto, rimasta improvvisamente sola e disperatamente bisognosa di aiuto per qualunque cosa, a essere il motore di ogni sua azione. Ed è così che l’affetto nato nel corso degli anni, complice certamente anche il bisogno di aiuto di questa donna al quale lo Scajola non rimane sordo, prende corpo e si trasforma via via in una vera e propria passione”. Non sembra un romanzo d’appendice? L’eroina abbandonata dal marito viene soccorsa da un cavaliere senza macchia. La passione però non è destinata al lieto fine, indipendentemente dagli esiti carcerari. Perché lady Matacena finisce per legarsi a Francesco Bellavista Caltagirone (la donna ha ammesso che la Porsche Cayenne su cui viaggiava era un “dono” dell’imprenditore) e l’ex ministro dell’Interno non la prende affatto bene. È naturalmente geloso di quella signora per cui “letteralmente stravede”. Sempre i difensori: “Scajola è l’uomo innamorato che diviene non solo vittima di un umano e comprensibile sentimento di gelosia nei confronti di questa donna ma che lo vede, anche, totalmente consenziente e sottomesso a qualunque sua richiesta, sia pur sempre rimanendo nell’ambito del lecito”. Lui è pronto a esaudire ogni sua pretesa, per “poter avere l’occasione di ritagliarsi dei momenti di intimità con lei”. Poverino. Durante l’interrogatorio, Scajola spiega ai pm: “Chiara è una donna intelligente, brava, perbene, ma confusissima e in qualche modo pasticciona… Io l’ho aiutata cercando di capirla, di assecondarla. Mi ha dato l’impressione di essere disperata, sola e senza risorse”. Anche se ha dovuto ammettere di essere rimasto alquanto perplesso dalla Porsche, di cui andò a verificare il valore su Quattroruote (!): 80 mila euro. Pas mal per una donna disperata e senza risorse. Alla fine di tutto questo, Scajola dovrebbe farci tenerezza. Gli hanno combinato un casino con la casa al Colosseo e come se non bastasse che cosa gli riserva il fato? La sventura d’innamorarsi di una lady pasticciona e disperata. Eppure non ci riesce proprio a suscitare qualche tipo di simpatia, nonostante gli sforzi letterari dei suoi difensori che tentano di farlo apparire come un Werther fuori tempo. Anzi il risultato è esattamente l’opposto: una grande irritazione. O peggio, la sensazione di essere presi in giro. A nostra insaputa.

Scritto da Angelo Amoretti

15 giugno, 2014 alle 10:05

L’interrogatorio di Scajola [da Corriere.it]

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Invece di riportare frasi sconnesse, trovo più semplice fare così:



Scritto da Angelo Amoretti

12 giugno, 2014 alle 15:31

Me sun cagà adoss a Montecarlo

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Roberta Sacco, la segretaria di Scajola, andava a Montecarlo a prendere Chiara Rizzo, l’amica dell’ex Ministro. Pare che il nostro sia assai geloso (temeva che la donna avesse una relazione con Francesco Guardachebellavista Caltagirone) per cui faceva pedinare la sexy Chiara: si dice da un’amica che abitava a Bordighera e da un uomo della sua scorta.
E mettiamo che Francesco Guardachebellavista fosse geloso pure lui: magari faceva seguire la bella Chiara.
E Matacena? Secondo me faceva seguire sua moglie.
Se poi, per assurdo, alla bella Beatrice Cozzi Parodi, fossero tornati momenti teneroni e anche lei avesse fatto seguire la Chiara? Immaginate che casino doveva esserci per le strade di Montecarlo. Tutti che pedinavano tutti e che se non ci stavano attenti si ingrovigliavano alla Rascasse.
L’altro, che è sempre stato molto furbo, aspettava al pit stop: in ufficio.
Quando Roberta arrivava in viale Matteotti, lasciava la Rizzo e, discretamente, toglieva il disturbo.
I due piccioncini consumavano un pasto frugale preparato in catering (da chi poi ebbe a dichiarare: “Sono disperata, é una persona che ha dato tanto alla città e adesso questa storia è un danno per tutti noi”?)
E non si può che finire nel porno, ammettiamolo, perché la domanda sorge spontanea: i due consumavano prima, durante o dopo il pasto? Fatto sta che quando tutto era consumato, il fenomeno chiamava la povera Roberta che andava in ufficio, metteva ordine e riportava la figona a Montecarlo. Lui, che è un gran signore, le dava i soldi per autostrada e benzina: la bellezza di cinquanta euro! Ma non tutte le volte, sennò magari faceva la figura dello sbruffone.
Ora ci sarebbe da domandarsi se tutti quelli che lo hanno votato, venerato e sperleccato, hanno lo stesso senso della famiglia che ha lui, e chiedere loro: “Vorreste essere mariti e padri di famiglia come costui? Di uno che ha sbaciucchiato la mano di due Papi e che in teoria dovrebbe essere cattolico fino al midollo, che ne pensate?”
E di punto in bianco, dopo aver letto le sue dichiarazioni, Roberta mi è perfino diventata simpatica: una che guadagnava 1.200 euro al mese, che abita in una casa di 40 mq, con il marito che fa il bagnino a Diano Marina e che per il Capo faceva cose per cui provava persino imbarazzo nei confronti della moglie, fa un po’ pena e l’abbraccerei per solidarietà.
Nonostante ciò, tutta la squallida vicenda mi ha fatto venire in mente questa canzone:

Scritto da Angelo Amoretti

31 maggio, 2014 alle 23:33

Ecco l’archivio Scajola [da il Fatto Quotidiano]

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ECCO L’ARCHIVIO SCAJOLA
LE CARTE CHE COINVOLGONO B.
NEGLI SCRITTI DEL PREGIUDICATO (PER STUPRO) MARIO LEDDA, C’È IL RIFERIMENTO
AD ATTI GIUDIZIARI CHE SAREBBERO STATI TRASMESSI ILLECITAMENTE AL CAIMANO

di Marco Lillo, il Fatto Quotidiano

Silvio Berlusconi ieri mentre era ospite a Omnibus ha detto la sua sull’archivio segreto sequestrato al segretario di Claudio Scajola, Luciano Zocchi, braccio destro del politico di Imperia quando era al ministero. “Non potevo immaginarenulla di questo, bisognerà vedere – ha detto Berlusconi – quali carte sono, se sono veramente segrete, spero che non lo siano”. Purtroppo per Berlusconi però le carte segrete nell’archivio ci sono e riguardano proprio il grande segreto dei rapporti tra Claudio Scajola e l’ex presidente del consiglio. Le carte che possono mettere in imbarazzo il leader di Forza Italia sono quelle trovate dalla Guardia di Finanza di Roma a casa di Zocchi nel 2013 durante una perquisizione relativa all’inchiesta sull’eredità del marchese Gerini, contesa tra gli eredi e i salesiani.
In particolare “la cartellina azzurra recante la dicitura ‘CS – IM ML’ contenente carteggio relativo alla vicenda del latitante Mario Ledda” dove CS sta per Claudio Scajola, Im sta per IMperia e ML sta per Mario Ledda. In quel faldone sono contenute le 150 pagine del fascicolo integrale dell’indagine penale sul favoreggiamento di Mario Ledda, un condannato per violenza carnale e altri reati che fuggì latitante in Francia. L’indagine, della quale Il Fatto si è già occupato nel novembre del 2011, era partita nel 2002 a Milano con le dichiarazioni accusatorie della vedova Ledda, Maria Di Liberto, poi deceduta, e la consegna di un memoriale dell’ex latitante, morto il 21 dicembre del 2001 per un tumore alla gola. L’inchiesta è stata poi trasferita per competenza
a Imperia nelle mani del procuratore Galliano poi girata alla magistratura di Imperia che non ritenne di ravvisare le prove di reati né iscrisse sul registro degli indagati Claudio Scajola e archiviò tutto.
La seconda cartellina dell’archivio trovato a Luciano Zocchi, ha un titolo inquietante: “Potere e verità non coincidono’, contenente – si legge nel verbale di sequestro – un nastro registrato, corrispondenza e documentazione relativa alla vicenda Mario Ledda”.
In quelle carte c’è la storia di un lungo rapporto dell’ex ministro con il pregiudicato Ledda.
Nel faldone c’è il suo casellario giudiziale: 5 pagine di precedenti dalla truffa alla violenza carnale. Dopo la condanna definitiva nel 1998 Ledda fuggì in Francia, a suo dire aiutato da Scajola e dai suoi amici. Poi fu arrestato in Francia su denuncia dell’imprenditore Pietro Isnardi nel 1999. Dopo quell’arresto inizia una lunga serie di pressioni su Scajola.
In una lettera del settembre 1999 (pubblicata sotto) Ledda chiede aiuto a Scajola dopo essere finito in carcere in Francia. Il pregiudicato ricorda minacciosamente a Scajola il suo ruolo nell’avere favorito la sua carriera sponsorizzandolo con Berlusconi e poi richiama l’aiuto ricevuto nella latitanza da Scajola, dallo stesso Isnardi e poi da Vito Lucia e da Roberto Mengozzi, due persone legate al ministro e a Isnardi. Il memoriale è da prendere con le molle visto che la Procura di Imperia non vi ha ravvisato reati.
Tre mesi prima di morire, Mario Ledda invia un telegramma, consegnato poi dalla vedova Ledda al pm di Milano.
Zocchi ha ottenuto queste carte dell’indagine legalmente e facendone richiesta a Imperia.
Il telegramma è destinato alla moglie di Scajola. C’è scritto: “Cara Maria Teresa, sono contento per quello che leggo che anche tu diventi famosa… sulla scia di tuo marito da me portato sugli altari. A salire è facile ma è altresì rapida la discesa se si dimenticano gli antefatti alla base di un successo. Auguro lunga attività e successo rammentando a te e lui (al ministro Ndr) i tempi del felice connubio con Pietro (Isnardi Ndr); Vito (Lucia, Ndr); Mengozzi e altri, sperando con ciò che non gli sia di futuro fastidio“. Mario L”. In pratica il condannato, rientrato in Italia e finito ai domiciliari, ricordava al ministro tramite la moglie che poteva dire i nomi di quelli che – secondo lui – lo avevano aiutato nella latitanza compiendo un reato.
Un mese dopo Scajola, secondo la testimonianza della vedova Maria Di Liberto, confermata da Luciano Zocchi, interessa il suo segretario particolare per tenere buona la signora.
Ma in quelle carte ricorre spesso il nome di Silvio Berlusconi.
C’è un’informativa dei Carabinieri di Milano al pm Carnevali del 10 ottobre 2002 in cui si legge che Maria D Liberto in data 16 e 17 luglio 2002 aveva riferito “il nominativo della persona, ora deceduta, che aveva presentato Mario Ledda all’onorevole Silvio Berlusconi: “che era comunque una persona di fiducia del dottor Berlusconi presso la cui abitazione aveva libero accesso” ovvero tale Edoardo Teruzzi, persona che in epoca remota aveva costruito un complesso residenziale nell’hinterland di Milano”. I Carabinieri in una seconda informativa della Stazione di Brugherio datata 1996 aggiungono che Teruzzi era impiegato presso la Fininvest e ‘procacciatore di affari di Berlusconi’. Nel suo memoriale, consegnato alla vedova perché lo usasse contro Scajola per ‘vendicarlo’ del suo scarso aiuto, Ledda raccontava le confidenze ricevute dall’ex ministro quando erano amici perché gli era riconoscente per il ruolo giocato nel portarlo da Berlusconi.
Scajola gli avrebbe riferito tra l’altro che un maresciallo in servizio al Palazzo di Giustizia di Milano si era offerto di aiutarlo ad avere notizie sulle indagini che riguardavano Berlusconi. Poteva rivelarsi molto prezioso perché vedeva le carte prima dei pm milanesi.
Questa parte del memoriale che riguardava le soffiate del maresciallo sulle indagini di Berlusconi è stata stralciata nel 2002 dal magistrato della Procura di Milano che aveva in carico il caso: l’aggiunto Corrado Carnevali. Le carte quindi non sono presenti nell’archivio di Zocchi. Certamente non sarà stata trovata alcuna prova contro il carabiniere che ha continuato poi a prestare servizio per l’Arma. Il procuratore aggiunto Carnevali si era mosso con grande cautela. Allora non era filtrata nessuna notizia sull’inchiesta che sarebbe stata deflagrante per la politica nazionale:
quando la vedova di Mario Ledda, dopo la sua morte, si presentata in Procura piena di risentimento e carte, Scajola è ministro dell’interno.

Marco Lillo

Oggi il Fatto Quotidiano è davvero ricco di notizie riguardanti il nostro grande statista: per esempio, c’è una lettera che gli inviò il 9 settembre 1999 “il” Mario Ledda.

Nota curiosa: nell’articolo di Lillo si legge che “l’inchiesta è stata poi trasferita per competenza a Imperia nelle mani del procuratore Galliano poi girata alla magistratura di Imperia che non ritenne di ravvisare le prove di reati né iscrisse sul registro degli indagati Claudio Scajola e archiviò tutto.”

un condannato
per violenza carnale e
altri reati che fuggì latitante in
Francia. da Nizza il 9 settembre 1999 molto commovente.

Scritto da Angelo Amoretti

23 maggio, 2014 alle 12:39

Pappa & Ciccia non si può

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Clamoroso! “Scajola: Faccio scoppiare un casino”.


Cliccare sull’immagine per ascoltare la simpatica conversazione

Mi piacerebbe sapere cosa intende dire quando afferma che “Il Fatto sgonfia per cercare di avere qualche cosa contro” e mi domando pure se in Forza Italia, anche al di fuori dei confini imperiesi, dormono tutti sonni tranquilli e se sono aumentate le vendite di camomilla.
Alla gentile Lucia vorrei ricordare di mandare a Dagospia e a lastampa.it la stessa mail che mandò a me e dirle che sono d’accordo con lei: sua madre meriterebbe un monumento, vicino a quello di suo padre.

Scritto da Angelo Amoretti

21 maggio, 2014 alle 18:31

Un politico avvisò Scajola: “Marco Biagi è in pericolo”

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L’INCHIESTA SULLE CARTE TRAFUGATE
L’appunto sarebbe nell’archivio sequestrato all’ex ministro

Guido Ruotolo – La Stampa

Un appunto. Ci sarebbe anche l’appunto di un politico tra i documenti trovati nell’archivio dell’ex ministro dell’Interno, Claudio Scajola, inviato dalla Procura di Roma a quella di Bologna. E in quell’appunto il politico avrebbe scritto all’ex ministro oggi in carcere per aver favorito la latitanza di Amedeo Matacena: «Guarda che Marco Biagi è in pericolo».
Dunque, ritagli di giornali, documenti del ministero dell’Interno, appunti compromettenti, come il messaggio del politico che potrebbe confermare la ipotesi che quella di Scajola fu una gravissima sottovalutazione dei rischi che il giuslavorista bolognese stava correndo. Avendo, lui, all’epoca, detto di non aver avuto coscienza del pericolo che Biagi correva.
Già allora, quella tesi fu confutata da autorevoli esponenti politici, come Pierferdinando Casini che sostenne di aver segnalato al capo della Polizia le richieste di protezione del giuslavorista. Ma anche altri documenti riservati (o segreti) sarebbero stati ritrovati dalla Procura di Roma nella disponibilità dell’ex capo della segreteria di Scajola, Luciano Zocchi, indagato per la presunta truffa ai Salesiani, e del funzionario dell’Aise al quale sarebbero finiti faldoni e i sacchi neri della raccolta dei rifiuti riempiti di dossier e faldoni dell’archivio dell’ex numero uno del Viminale. E la Procura sta cercando di definire la effettiva qualificazione di quei documenti la Procura.
Il pm romano Sergio Colaiocco ha interrogato a metà aprile Claudio Scajola, dopo aver aperto un fascicolo a suo carico per sottrazione di atti. Con il pm l’ex ministro si è giustificando sostenendo che tutta la documentazione rinvenuta era stata prelevata dalla sua segreteria e comunque si trattava di materiale non riservato o segreto. Tesi che cozzerebbe con quanto affermerebbero alcuni report della nostra intelligence.
L’inchiesta romana potrebbe essere al giro di boa. Certo è che sugli archivi di Scajola si sono incentrate le aspettative di diverse procure. Reggio Calabria aspetta l’interrogatorio di garanzia di chiara Ricci, la moglie di Matacena, prima di andare in Liguria, a prendere visione dell’archivio sigillato dalla Dia dell’ex ministro.

Scritto da Angelo Amoretti

21 maggio, 2014 alle 11:59