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Casa al Colosseo: assolto l’on. Claudio Scajola [II]

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Queste sono le immagini delle prime pagine di Libero e il Giornale di cui Travaglio scrive nel suo fondo odierno, le avevo usate in questo post.

Adesso si sperticano per “l’amico ritrovato” che, tra l’altro, finalmente si sente libero di parlare e, di conseguenza, di farmi tornare il buonumore.
I giornalisti saranno “spocchiosi” e “supponenti” (come dice qualcuno), ma, come disse tempo fa a Ospedaletti il Procuratore Cavallone “riportano le notizie”.

E le notizie sono in mostra nelle locandine delle edicole, tipo: “Al treno deragliato ora ci penso io”.
E motivo di studio sarebbe anche quello di sapere come diavolo ha passato questi tre anni e mezzo visto che da una parte si legge che “Questa assoluzione piena mi ha in parte ripagato dei tre anni e nove mesi in cui ho perso il sonno e mi è stata rovinata la vita” [Il Secolo XIX, 28 gennaio 2014] e dall’altra “Sono sempre stato sereno” [Il Secolo XIX di oggi] quindi dormiva o si arrampicava sui muri?
Detto questo e sebbene qua sotto troviate l’articolo di Travaglio, c’è un aspetto che secondo me nessuno ha voglia di approfondire e che è parte di quei livelli superiori di cui parlavo in un post precedente. Io sono sempre più dell’idea che qualcuno abbia voluto far pagare qualcosa al nostro eroe che è sì vanitoso e ingenuo, ma che faceva parte di un ingranaggio a lui sconosciuto (quello a un livello più alto di lui e Anemone, per capirci).
Perché al primo livello c’è da divertirsi, ma a quelli più alti c’è da stare attenti. Non mi sono “convertito”, cerco di stare in mezzo alle colonne che reggono il baraccone.

Gli insaputi

A leggere i giornali e a vedere i tg, pare che un bel mattino di quattro anni fa i magistrati cattivi si siano svegliati e abbiano deciso di inquisire il povero Scajola, costringendolo a dimettersi da ministro in combutta con la stampa forcaiola e i mastini giustizialisti del Pd, malgrado la strenua difesa di B. & C. In realtà il 24 aprile 2010 Repubblica rivelò che la Procura di Perugia, indagando sulla Cricca della Protezione civile, si era imbattuta in 900 mila euro pagati da Anemone tramite Zampolini per pagare dueterzi di casa Scajola. La segnalazione era partita da Bankitalia, insospettita dagli 80 assegni circolari da 12.500 euro ciascuno astutamente usati per l’operazione. Scajola fece sapere che aveva pagato tutto lui, minacciò querele e precisò di non essere indagato. In effetti, né allora né mai i pm di Perugia lo iscrissero nel registro (era competente la Procura di Roma, che se la prese comoda e lo indagò solo il 29 agosto 2011). Eppure, dopo una settimana di afonia perché non sapeva che dire, Scajola si dimise il 4 maggio 2010. Per motivi non giudiziari (inesistenti), ma di opportunità,che avevano indotto persino il Giornale a chiedergli di sloggiare con un editoriale di Vittorio Feltri (“Chiarisca o si dimetta”): “Se non ha niente da dire oltre a ciò che ha detto, le conviene rassegnarsi. Anzi, rassegnare le dimissioni…Qui c’è sotto qualcosa di poco chiaro, per essere gentili… È verosimile che lei non sapesse nulla degli assegni? Mica tanto. L’opinione pubblica è scossa… dalle testimonianze di Zampolini e delle sorelle Papa (le venditrici dell’immobile, ndr). Perché dovrebbero mentire?”.
Lo capì financo Scajola, in una memorabile conferenza stampa senza domande: “Per esercitare la politica, che è un’arte nobile con la P maiuscola, bisogna avere le carte in regola e non avere sospetti”. Poi se ne uscì con la frase che inaugurò il filone satirico dell’insaputismo: “Mi dimetto perché non potrei, come ministro, abitare in una casa pagata in parte da altri senza saperne il motivo”.
Mentre i giornalisti presenti si sganasciavano e quelli della stampa estera pensavano a un errore di traduzione, il premier B. disse in Consiglio dei ministri che Scajola era “indifendibile” perché “quello delle case è un tema che colpisce molto la gente: se uno compra una casa che vale 1 milione e 800 mila euro e la paga 600 mila, c’è qualcosa che non va. E se non può spiegare agli italiani il perché, deve dimettersi”.
Il Cainano avviò persino sue personali indagini, come narravano entusiasti i suoi house organ.
“Adesso indaga Berlusconi”, titolava il Giornale: “Vuole individuare le mele marce. Sta studiando personalmente le carte dell’inchiesta sui grandi appalti: ‘Chiederò spiegazioni a tutti. Nessuna indulgenza per chi ha sbagliato. L’arricchimento personale è inaccettabile’”. Libero lo descriveva “sfinito”, “chiuso in casa”, dove “riceve in pigiama”, “ fa il pm e interroga i suoi: ‘Ditemi la verità… C’è chi s’è arricchito alle mie spalle. Chi ha sbagliato pagherà’”. Belpietro plaudiva alla svolta giustizialista (tranquilli però, “non mi sono convertito al travaglismo”). Sallusti lo scavalcava in manettismo: “Il Presidente sa bene che gli elettori si infuriano di fronte ai privilegi che riguardano la vita privata, a partire dalla casa.
Per questo ha usato parole molto dure, mai pronunciate prima: chi ha sbagliato deve pagare e lasciare incarichi e ministeri. Scajola insegna…
Una convinzione che si è fatto dopo aver indagato a fondo ed esser giunto alla conclusione che è possibile che nel governo o nelle sue vicinanze ci possa essere qualche ladro di polli, che mette a rischio la credibilità politica di tutti. Meglio fare pulizia e pure in fretta”. Ora, dopo l’assoluzione in un processo che ha confermato tutti fatti già noti nel 2009, Libero titola un’intervista strappalacrime al perseguitato: “Io, dato in pasto al tribunale del popolo”. E il Giornale, profittando della smemoratezza generale: “Toghe intimidatorie”, “Scajola assolto: l’indagine gli costò il ministero”. E il Foglio: “Le nostre scuse a Scajola”.
Ma andè a ciapa’ i ratt.

Marco Travaglio – il Fatto Quotidiano, 29 gennaio 2014

Scritto da Angelo Amoretti

29 gennaio, 2014 alle 13:12

Casa al Colosseo: assolto l’on. Claudio Scajola

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Sull’assoluzione di Scajola si è già detto di tutto ovunque, perciò di mio ci metto solo la frase che un’amica mi ha detto la scorsa settimana:

Vedrai che ci ritroveremo Scajola e Strescino a far campagna elettorale sottobraccio“.
Insieme a qualcun altro di nostra conoscenza“, ho aggiunto io.

E riporto di seguito l’articolo di Marco Travaglio apparso su il Fatto Quotidiano di oggi:

Dunque, per il Tribunale di Roma, Claudio Scajola è innocente a sua insaputa (s’era dimesso, ma l’hanno assolto). E all’insaputa di Berlusconi (aveva preteso le sue dimissioni da ministro e, proprio dopo quello scandalo, aveva violentato se stesso annunciando una legge anticorruzione). E perfino all’insaputa dei complici (l’architetto Angelo Zampolini, che ha patteggiato la pena, e il costruttore della Cricca Diego Anemone, che se l’è cavata solo per prescrizione).
Ma l’aspetto più paradossale di questa sentenza paradossale che chiude (almeno in primo grado) una vicenda paradossale, è che potrebbe essere molto meno scandalosa di quanto appaia. Anzi, potrebbe essere addirittura in linea con la legge italiana sull’illecito finanziamento ai partiti. In attesa delle motivazioni della sentenza, che comunque si annunciano avvincenti, si può solo tirare a indovinare come abbia potuto il giudice stabilire che, per un deputato e ministro dell’Interno, beneficiare di 1 milione e passa versati in nero da imprenditori che lavorano per il suo ministero, “non costituisce reato”. Quel che è certo è che la legge del 1974 sul finanziamento ai partiti, essendo stata scritta dai partiti, è piena di buchi e scappatoie, almeno per i partiti. Tutto ruota intorno al “dolo”: l’intenzione di violare la legge. Che, naturalmente, va dimostrato. Il politico foraggiato può sostenere – e infatti di solito sostiene – di non sapere che il finanziamento provenisse dai fondi neri di una società di capitali senza deliberazione dell’organo societario competente e senza l’iscrizione a bilancio: pensava che l’imprenditore avesse preso i soldi dal suo patrimonio personale. In teoria, se non ci sono prove che lo smentiscano e se il giudice è particolarmente generoso o credulone, viene assolto. Potrebbe essere il caso di Scajola. Un caso comunque eccezionale, perché di solito la condanna scatta lo stesso per “dolo eventuale”: se il politico non ha verificato la provenienza del finanziamento, ha accettato il rischio che uscisse dalla società del finanziatore. Il quale fra l’altro, per pagarlo fuoribusta, ha dovuto accumulare fondi neri e farli uscire dalle casse dell’azienda (aggiungendo al finanziamento illecito i reati di falso in bilancio, frode fiscale e appropriazione indebita).
Scajola è stato più fortunato: non verificò, comprò una casa con vista Colosseo pagandola un terzo del suo valore, e al resto provvidero i costruttori, ma il giudice lo esime dal dolo. Un’altra possibile spiegazione è che sia riuscito a convincere il Tribunale della sua versione che tanto buonumore suscitò a suo tempo in Italia e nel mondo: al compromesso con le proprietarie dell’immobile, non era presente nell’ufficio del notaio quando Zampolini arrivò con gli assegni circolari; dunque non si accorse che l’appartamento costava il triplo della somma versata da lui e che il resto l’avevano pagato altri, dunque anche in questo caso il suo “dolo” non c’è. Se il giudice si fosse bevuto una storia così comica bisognerebbe complimentarsi con lui per il suo spiccato sense of  humour. Ma questo lo sapremo solo al deposito della motivazione. Per ora sappiamo solo che “il fatto”, anche se per il primo giudice “non costituisce reato”, è assolutamente certo: Scajola (lo spieghiamo a pag. 5) acquistò un mega-appartamento in una delle zone più chic di Roma pagandone un terzo, mentre il resto lo versarono due costruttori che avevano appena beneficiato di due contratti senza gara dal suo ministero. Il che basterebbe e avanzerebbe, in un paese serio, per farlo scomparire dalla circolazione per sempre. E per mettere subito mano alla legge sul finanziamento illecito per renderla più severa, tappando la falla che ha consentito a Scajola di farla franca. Invece siamo in Italia, dunque Scajola – anziché accendere un cero alla Madonna – fa pure il martire, piagnucola per i “quattro anni di sofferenza”, esulta perché “giustizia è fatta” e chiede che “mi venga restituita la mia credibilità politica”. Restituire quel milioncino no, eh?

Marco Travaglio – il Fatto Quotidiano, 28 gennaio 2014

Scritto da Angelo Amoretti

28 gennaio, 2014 alle 16:03

L’uomo del giorno: Claudio Scajola

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L’uomo del giorno è sicuramente lui: Claudio Scajola.
Ieri ha annunciato i nomi dei 119 moderati che stanno con lui e oggi ha rilasciato una notevole intervista al Secolo XIX.
A parte i nomi di fantasia che si sarebbe inventato per la nostra provincia, che suggerisce di chiamare “Riviera” e la regione “Limonte”, la cosa imbarazzante, per usare un eufemismo, è che in detta intervista il nostro concittadino chiede, in completa limpidezza: “ritenete che possa essere ancora utile a voi e al territorio?” dimostrando di avere un grandissimo senso dello Stato perché è risaputo che un parlamentare, invece di darsi da fare per il Paese, si renda utile a chi lo ha votato e al territorio in cui è stato eletto.
E’ anche giusto che dica che non ha “ mai percepito che ci fossero intimidazioni della ’ndrangheta nei confronti delle istituzioni locali, né alcuna autorità me ne ha mai parlato. Mi pare che le ultime sentenze lo confermino” perché probabilmente non ha mai parlato con il Procuratore Roberto Cavallone e gli è sfuggito che Francesco Barilaro e Giovanni Pellegrino sono stati condannati due giorni fa in appello per minacce al corpo politico e amministrativo nei confronti degli ex assessori di Bordighera Ugo Ingenito e Marco Sferrazza.
Ma è lo Scajola day anche a livello nazionale perché ieri sul giornale del Capo, Vittorio Feltri, in un articolo ironico sulla condanna ai giornalisti per diffamazione, scriveva tra l’altro:

Claudio Scajola si dimise da ministro del governo Berlusconi per una sciocchezza: una casa che ebbe in dono senza nemmeno conoscere l’identità dell’offerente. Non c’era niente di male: chiunque nella vita riceve, a propria insaputa, un appartamento o due in regalo, e nessuno fa tante storie. Scajola, tempestato di articoli negativi sul proprio conto, fu indotto ad abbandonare l’importante incarico. Un linciaggio. E noi linciatori o ci spariamo o andiamo in prigione.

Al che, l’ufficio stampa del nostro eroe, ha risposto indignato in difesa dell’ex ministro.
Solo che Vittorio Feltri è un po’ diverso da certi altri giornalisti e gli ha risposto ancora più ironicamente in un articolo in cui si legge:

[...] Segnalo altresì ai lettori del Giornale, ingannati dal nostro lavoro sporco, che ricevere in omaggio un alloggio nel centro di Roma da un ignoto benefattore, lungi dall’essere un reato, è un attestato di benemerenza di cui menar vanto [...]

Scritto da Angelo Amoretti

16 novembre, 2012 alle 12:19

Claudio Scajola estraneo ai fatti del G8

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Da ieri è ufficiale: l’ex Ministro Claudio Scajola è totalmente estraneo ai fatti del G8 e al curioso acquisto del suo ormai famoso appartamento in via del Fagutale 2 con vista Colosseo a Roma, cosa per cui non era neppure indagato.
Lo annuncia dal sito della sua Fondazione con un video, giusto a un anno di distanza da quella surreale conferenza stampa in cui annunciava le dimissioni.
Dopodiché ha cominciato a far dichiarazioni bizzarre, ha smentito ciò che in una intervista aveva detto sua moglie e spesso ho detto che, a mio modesto avviso, avrebbe fatto meglio a tacere per non rendere ancora più allucinante la situazione.
Ma, al di là del fatto che, pur avendo detto che sarebbe andato dai giudici di Perugia per essere ascoltato, non si sia mai presentato; al di là del fatto che dobbiamo ancora capire come siano andate realmente le cose e infine che non sappiamo se l’appartamento è stato venduto e parte del ricavato dato in beneficienza, l’ex ministro nel suo comunicato di ieri, ha parlato di “processi mediatici“, ma forse ha dimenticato che a chiederne le dimissioni furono due giornali “amici”: Libero e il Giornale.
Proprio quella mattina del 4 maggio 2010, i due quotidiani vicini al Presidente del Consiglio (anzi, il Giornale è  di proprietà del fratello) uscivano con queste prime pagine:

Maurizio Belpietro, nel suo articolo di fondo, scriveva, tra l’altro, che a chiederne le dimissioni erano “quei quattro gatti dell’Italia dei Valori“, ma una riga più giù aggiunge: “Resta il tema di cosa sia meglio per il ministro, il quale se ha preso 900 mila euro da un imprenditore per pagarsi la casa ha l’obbligo di farsi da parte, perché temporeggiare non serve a nessuno, soprattutto a lui“.
Vittorio Feltri, all’epoca direttore de il Giornale, alla fine del suo fondo, scriveva: “E se non ha niente da dire oltre a ciò che ha detto, le conviene rassegnarsi. Anzi, rassegnare le dimissioni“.
Ora, se fossi nei panni dell’on. Scajola, più che ai media “avversi” chiederei a questi signori: “E adesso come la mettiamo?”.
Come mai Berlusconi gli aveva consigliato di farsi da parte, quando con Cosentino, a un passo dall’arresto, si è fatto di tutto per difenderlo in aula?
Lo dico con sincerità: se fossi al posto di Scajola mi girerebbero alquanto.
Quindi questa potrebbe essere la resa dei conti. A parte le scuse, riusciranno a trovargli un nuovo posto da Ministro?
L’aver fondato la Cristoforo Colombo è stato un modo per contrattaccare? Quando verrà il contrattacco? I conti bisogna farli anche in casa propria. Così, mentre gente poco affidabile e con scarsa competenza, passata da un partito all’altro, ci ha guadagnato qualche poltrona per aver salvato Berlusconi lo scorso 14 dicembre, lui ha dovuto sopportare anche questo teatrino. Una bella fregatura.
Non è ancora stanco di stare in quel partito che non è più come quando aveva contribuito a fondarlo?
Non ci vorrebbe una bella riflessione per poi trarne le dovute conseguenze?
Già, c’è ancora la questione dell’avviso di garanzia per associazione a delinquere nella faccenda del porto turistico di Imperia, ma questa è un’altra storia.

Scritto da Angelo Amoretti

6 maggio, 2011 alle 13:02

Quaterna secca

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12 – 23 – 27 – 35

Secondo la smorfia hanno il seguente significato:

12: il soldato

23: la fortuna

27: il pitale

35: l’uccellino

I parlamentari che l’on. Scajola ha riunito in un gruppo autonomo che si riconosce nella Fondazione Cristoforo Colombo e che sarebbero pronti a mollare il PDL nel caso in cui l’incerottato Berlusconi non si decidesse una buona volta a ridare un ministero al nostro concittadino. A seconda del giorno in cui si legge il giornale:

35: deputati

27: senatori

oppure

23: deputati

12: senatori

Giochiamoceli tutti sulla ruota di Arcore e se vinciamo diamone una parte in beneficienza. Trovo che siano azzeccatissimi.

Scritto da Angelo Amoretti

13 marzo, 2011 alle 10:17

Elementare, Watson!

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Sembra Sherlock Holmes“. Leggo su Il Secolo XIX di sabato scorso che chi è vicino all’onorevole Scajola, lo ha paragonato al celebre detective inglese e me lo immagino sommerso dalle carte e con lenti d’ingrandimento per cercare di capire chi gli ha comprato la casa a Roma a sua insaputa. Manca Watson e poi il quadro è completo.

Scajola: “Hanno riclicato denaro sporco alle mie spalle”
Accuse alla “cricca”: «Volevano accattivarsi la mia simpatia per il futuro»

«Più ci penso, più mi convinco che c’è stato il tentativo di riciclare del denaro poco pulito. Alle spalle di chi, pensavano, non sarebbe mai stato controllato». Claudio Scajola è tornato nella sua villa di Diano Calderina. Appena rincasato, dopo la trasferta romana che ha rappresentato la rentrée nel gran giro della politica: voluto dal premier in persona al consiglio nazionale del Pdl, abbracciato dallo stato maggiore del partito, addirittura invocato dai fedelissimi che lo rivorrebbero in una posizione di preminenza nel Popolo della Libertà. E al governo? Chissà, forse, mai dire mai.
Scajola torna a casa, ma si tuffa di nuovo sulle carte. Da mesi, ormai, sta scrivendo. Un lungo memoriale. Un dossier: non solo le sue considerazioni,
ma anche documenti, pareri, relazioni. «Sembra Sherlock Holmes», raccontano i parenti. Nella vicenda della casa romana vista Colosseo, quella che gli è costata il posto da ministro, non è mai stata indagato. Ma vuole che sia tutto pronto per l’appuntamento decisivo. Sia che, un giorno, debba renderne conto ai magistrati. Sia che, come spera, le carte gli diano ragione. Confermando come quell’affermazione che sembrava assurda («è successo a mia insaputa») fosse la verità. «Spiegherò tutto comunque, pubblicamente». Ma che cosa c’è nel dossier Scajola?
Il primo atto riguarda proprio quei soldi. Gli assegni, per 900mila euro, serviti per acquistare parte della sua casa. «Il primo mistero – è la convinzione dell’ex ministro – è che sono comunque troppi. Non ci sta la cifra, non torna. Io ho preso tutti gli atti notarili dal primo gennaio 2004 al 31 dicembre 2004 nella zona. Tutti. Gli atti notarili, come il mio che dice 610 mila euro, vanno da 550 e 750-780 mila. E qui c’è un problema». Rappresentato
appunto dalla cifra totale: «Mettiamo anche 900mila in tutto. Ma 900 più i miei 610 fa una somma eccessiva. O i soldi non valevano niente, per loro. O c’era qualcosa da riciclare». Chi sono “loro” è ormai chiaro da mesi: Angelo Balducci, l’ex presidente dei Lavori pubblici, che si era offerto di aiutare Scajola a trovare una casa a Roma. Poi l’imprenditore Diego Anemone, poi il suo architetto factotum Angelo Zampolini, che quegli assegni li ha cambiati, trasportati consegnati. Ma quale sarebbe stata la motivazione di un“ regalo” così ricco? Anche qui Scajola affida la spiegazione al memoriale: «Sono convinto che chi l’ha fatto voleva accattivarsi una simpatia per il futuro, dicendo: non dico nulla, lui non sa nulla, ma sarà contento che gli abbiamo risolto il problema della casa. La cifra continua però a non tornare».
Poi ci sono le testimonianze. «Solo una delle venditrici, una delle sorelle Papa, dice di aver preso degli assegni da Scajola. Attenzione: “degli” assegni,
non “quegli” assegni. E si riferisce ai miei, alla mia parte, quella che ho pagato io. È sicuramente così, perché gli altri 900 mila euro non li ho mai visti. D’altronde, sembra che l’architetto Angelo Zampolini, colui che portò quei titoli, sostenga invece che io non ero presente alla consegna. E questa è una contraddizione».
Le annotazioni di Scajola non finiscono qui. Ha chiesto anche relazioni dettagliate ad avvocati e tributaristi.
La risposta è concorde: chi ha venduto l’appartamento potrebbe avere un interesse a sostenere di aver preso i soldi dall’ex ministro. Li avrebbe ricevuti in nero, ma potrebbe tenerseli. Se ammettesse di averli ottenuti da un’altra persona, che non c’entrava nulla con l’operazione, potrebbe essere accusata di “ingiusto arricchimento” ed essere costretta a restituirli.
Poi l’ultimo dettaglio. L’eventuale contropartita di quel “regalo”. I pm sono fermi al sospetto che ci sia lo zampino di Scajola nei ricchissimi (e sovrapagati) lavori per la caserma del Sisde, a Roma. «Quelle carte sono già state vagliate – ritiene Scajola – e non c’è alcun mio intervento. Quando i lavori furono affidati non ero ministro. E non potevo far nulla».
Marco Menduni – Il Secolo XIX, 11 settembre 2010

Poche ore dopo è arrivata la smentita: «In relazione all’articolo apparso oggi sul Secolo XIX – ha affermato l’on. Scajola – preciso che le affermazioni a me attribuite non corrispondono al vero».

Il Secolo XIX, invece,  conferma.

Scritto da Angelo Amoretti

13 settembre, 2010 alle 13:03

La storia più allucinante degli ultimi 150 anni

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Acquisto una casa, qualcuno ne paga una parte e io non so chi sia e perché lo abbia fatto.

L’inchiesta entra nel vivo
Casa di Scajola, i conti non tornano
Gli inquirenti vogliono capire la provenienza di quei 900 mila euro serviti per l’acquisto.

Dicono gli inquirenti che non è accanimento, ma solo il tentativo di dare una spiegazione «all’episodio fino a oggi più incomprensibile di quest’inchiesta», i 900 mila euro serviti per pagare parte dell’abitazione romana di Claudio Scajola. E per l’ex ministro delle Attività produttive le prossime settimane, con il ritorno in attività a pieno ritmo dei pm dell’inchiesta sulla “cricca”, saranno decisive.
Perché i detective non vogliono rinunciare a compiere l’ultimo tentativo per capire come sia andata davvero quella vicenda e quali siano le motivazioni.
E partono da due considerazioni. La prima: di fronte alla versione raccontata da Scajola, di esser stato «all’insaputa» del movimento di assegni, gli investigatori sono convinti di aver «almeno una testimonianza» che dice come Scajola fosse presente al momento di cambio di mano di quei titoli.
Di chi è la testimonianza? Non quella dell’architetto Angelo Zampolini, l’uomo che per conto dell’imprenditore Diego Anemone ha organizzato la partita. Perché Zampolini spiega ai pm i movimenti di quegli assegni e la loro consegna, «ma il quel momento Scajola non c’era». Gli investigatori perugini non sono disposti a credere, almeno finora, che all’oscuro di Scajola si sia realizzato il tentativo di annacquare la provenienza sospetta di una grossa somma di denaro. E in questa strana storia emerge un altro dettaglio stonato: gli assegni del mistero avrebbero cambiato tasca almeno otto volte: davvero un’idea incauta (o troppo presuntuosa?) quella di lasciare per strada otto testimoni di un illecito.
L’altro passaggio su cui gli inquirenti si stanno concentrando è la possibile motivazione di una “regalìa” così consistente al ministro. Ricordiamo: Scajola finora non è indagato proprio perché non si è trovata una diretta corrispondenza tra l’episodio e possibile favori o piaceri transitati sull’asse Balducci Anemone Zampolini.
Diversamente da com’è andata per un altro ex ministro, Pietro Lunardi, indagato nell’inchiesta con il cardinale Crescenzio Sepe. Nei giorni scorsi il tribunale dei ministri ha dato via libera alla trasmissione degli atti al parlamento, reputando attendibile la ricostruzione dei magistrati: uno scambio di favori tra un affare immobiliare di Lunardi eunfinanziamento concesso al museo di Propaganda Fide.
Ma proprio per dare una risposta definitiva in un senso o nell’altro a ogni dubbio sull’affaire Scajola, negli uffici degli stretti collaboratori dei pm ci sono le carte di «decine di contratti, migliaia di pagine, in parte ancora da verificare». Ancora oggi l’ipotesi scavata con più determinazione è quella di un possibile intervento di Scajola nel grande appalto che segnò l’inizio dell’ascesa imprenditoriale di Amenone e del suo gruppo.
È la ristrutturazione del palazzo del Sisde in piazza Zama a Roma, costata circa 11milioni di euro. I lavori furono affidati nel 2002, quando Scajola guidava il Viminale. In quello stesso periodo il generale Francesco Pittorru, altro beneficiato di Anemone, era responsabile del settore logistico dell’intelligence.
Sottolineano gli inquirenti: «Quell’affare ha reso veramente moltissimo ad Anemone, non solo in termini di stretto ritorno economico, ma perché l’ha lanciato nel mondo degli appalti d’oro». Così gli accertamenti su quella delicatissima vicenda, dalla quale sono poi emersi sprechi e spese gonfiate, proseguono a pieno ritmo.
Per tornare a premere sul pedale dell’acceleratore dell’inchiesta i pm attendono ora di sapere se il gip concederà una proroga di sei mesi all’indagine.
Per sostenerne l’esigenza hanno preparato un pacchetto di nuovi accertamenti che ritengono ineludibili, come il denaro arrivato sui conti del presidente del Consiglio di Stato, Pasquale De Lise (che lo ha però spiegato come pagamento di una regolare compravendita immobiliare), una seconda “lista Anemone” che contiene l’illustrazione di lavori e nominativi tra cui un “Berlusconi” e nuovi dettagli su lavori di ristrutturazione nell’appartamento romano di Scajola. La decisione del giudice è prevista nei prossimi giorni.
Se sarà positiva, se le indagini sul primo gruppo di 24 indagati potranno ancora proseguire, la prossima settimana l’inchiesta sulla cricca degli appalti potrà ripartire a pieno ritmo.
Marco Menduni – Il Secolo XIX – 8 settembre 2010

Scritto da Angelo Amoretti

9 settembre, 2010 alle 11:17

La fiaccolata contro le mafie a Sanremo

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Alla fiaccolata contro le mafie di ieri sera a Sanremo, c’era anche Daniele Martinelli che ha raccolto qualche intervista e girato un video.
Dispiace che Riviera24 lo abbia definito un “blogger che sputa sentenze sul PDL” perché a mio parere di blogger come Martinelli ce ne vorrebbero molti di più.
Ma dispiace pure che Daniele abbia inserito quell’ultimo minuto nel video: se uno ti dà del cretino, pazienza. Se chiedi le generalità ti metti al livello di un Berlusconi che denuncia Piero Ricca perché gli urla: “Fatti processare, buffone!” e poi perde la causa.
A parte ciò trovo il video assai illuminante, soprattutto per quel che riguarda i giovani del Pdl che sono garantisti fino al martirio nei confronti di gente tipo Dell’Utri e Cosentino. Se questa è la futura classe dirigente, siamo in una botte di ferro.

Il video dura un quarto d’ora, ma merita di essere visto.

Scritto da Angelo Amoretti

16 luglio, 2010 alle 17:35

L’on. Minasso [Pdl] non convince del tutto neppure i suoi

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L’onorevole Eugenio Minasso, in una riunione tenuta dal PDL ligure, ribadisce che dei Pellegrino sa “solo che erano imprenditori“, ma leggendo l’articolo a pagina 6 del Secolo XIX di oggi, si ha la netta sensazione che al momento Minasso sia un uomo solo, e neppure al comando.
C’è chi dice che “c’è una strategia che punta a fare terra bruciata nella terra di Scajola“, ma nonostante la solidarietà del Pdl, gli onorevoli Sandro Biasotti e Enrico Musso “rimproverano il collega parlamentare: certe dichiarazioni sono state incaute“.
Non ho motivi per credere che ci sia una spiegazione diversa, ma le dichiarazioni di Minasso sui giornali, quando nei giorni scorsi argomentava i suoi contatti con i Pellegrino, non mi sono piaciute” dichiara il parlamentare ligure Sandro Biasotti.
Nel Pdl nostrano abbiamo dunque un ex ministro che non ricorda e un parlamentare che ricorda in parte. A quest’ultimo consiglierei ciò che il direttore de La Riviera aveva a suo tempo consigliato all’ex ministro: “Qualcuno lo faccia smettere. Di parlare, di spiegare, di giustificarsi, di difendersi con ridicole argomentazioni“.
Il tempo è galantuomo, la magistratura probabilmente comunista, ma le storie avranno il loro corso e un bel giorno vedremo come andrà a finire.

Scritto da Angelo Amoretti

6 luglio, 2010 alle 15:45

E le fonti?

20 commenti al post

Oggi Il Secolo XIX  titola in prima pagina: “Intervista all’ex Ministro – Sono pulito, qualcuno pagherà – Scajola: inchiesta deformata dai media. La Dia sequestra carte sul porto”.
Detto che in quella lunga intervista non viene spiegato un bel niente agli italiani e ai suoi elettori, e che l’onorevole ha facoltà di non farlo: in fondo non è indagato e dal punto di vista legale non deve difendersi, mi meraviglio che sia Riviera24 che Sanremonews riportando alcuni stralci di detta intervista, citano (Riviera24) un non meglio identificato “quotidiano” e nulla (Sanremonews).
Ma sui loro siti scrivono che se citi loro, devi indicarlo con tanto di link.
Curioso, vero?

Scritto da Angelo Amoretti

7 giugno, 2010 alle 12:48