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Daniele Biacchessi al Guernica

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Mi riallaccio al discorso dei giovani di Imperia che a quanto pare trovano noiosa la loro città e scrivo due righe sulla serata di sabato scorso al Guernica.
Sabato scorso il Guernica, il circolo Arci di via Mazzini a Porto Maurizio, ha inaugurato il ciclo di teatro civile denominato “I cantori di storie” e lo ha inaugurato alla grande con Daniele Biacchessi, giornalista, scrittore e vice caporedattore di Radio24.
Biacchessi, affiancato da Andrea Sigona che ogni tanto intonava una canzone accompagnandosi con la chitarra, ha raccontato delle stragi in Italia, raccolte nel suo libro “Il Paese della vergogna” edito da Chiarelettere.
Mentre sullo schermo scorrevano le immagini tratte da un filmato a cura di Arcoiris, Biacchessi, a modo suo e in maniera molto coinvolgente, partendo dalla strage di Sant’Anna di Stazzema, ci ha raccontato quelle di Bologna, dell’Italicus, di via dei Georgofili e le altre.
Tutte cose che io, e probabilmente quelli della mia età, conoscevo già. Ma personalmente ero contento che ci fosse qualcuno a ricordarcele.
Alla fine dello spettacolo, fumatore accanito, sono uscito nella fredda e umida via Mazzini a fumarmene una. Che poi sono diventate due o tre.
E’ uscito anche Biacchessi e ci siamo messi a chiacchierare. Mi ha colpito quello che ha detto a un certo punto: recentemente in un liceo famoso di una città di cui non ricordo il nome, è stato fatto un questionario agli studenti, in cui si chiedeva loro, tra l’altro, chi fossero i colpevoli della strage di Piazza Fontana. Il 90 e passa per cento ha risposto: Brigate Rosse.
E allora lui continua a raccontare del paese della vergogna, affinché magari un genitore lo racconti al figlio e il figlio al suo amichetto, in modo da non dimenticare mai.
E’ stato uno spettacolo toccante e purtroppo, pur essendo la sala piena, ho visto poche facce di giovani.
Non è vero che Imperia non offre proprio niente: qualcosa ogni tanto succede. E bisognerebbe approfittarne. Solo che da queste parti si ragiona ancora con mentalità troppo provinciale e se uno spettacolo è all’Arci, quelli che vanno a prendere l’aperitivo nel dato locale “di moda” non se ne curano. E se per caso qualcosa di analogo viene presentato in un locale che non sia l’Arci o il Centro Sociale, i “soci” e i “talpini” generalmente evitano di andarci.
E’ da qui che bisogna ripartire: guardare alla sostanza, al contenuto, più che al contenitore. Superati questi pregiudizi,  potrebbe venirne fuori qualcosa di utile a tutti.

Scritto da Angelo Amoretti

26 gennaio, 2009 alle 16:57