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Oliveto sperimentale di Imperia: prossima colata di cemento?

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Ripropongo, a beneficio di chi se li fosse persi, due articoli apparsi su La Stampa a proposito dell’Oliveto Sperimentale di Imperia, sulla strada che porta alla frazione Poggi.

La Stampa, 17-7-2012
La Provincia vuole vendere gli ultimi «gioielli» di famiglia per far quadrare i conti: così, nelle elenco dei beni da alienare nel triennio 2012-2014 è finito anche l’oliveto sperimentale di zona Garbella, alla periferia della città.
A lanciare l’allarme, in occasione dell’ultimo Consiglio provinciale, è stato il consigliere Pd Sergio Barbagallo: «Si mette in vendita una risorsa importante come l’oliveto sperimentale di Garbella, che su una superficie di 14.355 metri quadrati accoglie 200 piante di 30 qualità diverse, per un valore irrisorio di 530.650 euro. Non vorremmo che questo gettasse le basi per future speculazioni edilizie».
L’area in realtà ha più anni di Imperia: il «Regio oleificio sperimentale» è stato costituito a Porto Maurizio nel 1911. Per essere trasformato nel 1924 in «Istituto sperimentale per l’olivicoltura e l’oleificio di Imperia». In origine, per compiere esperimenti sulla razionale coltivazione delle piante simbolo della Riviera, l’Istituto eveva preso in affitto uno spazio coltivato con circa 800 alberi lungo la provinciale per Piani. In seguito è stato acquistato un appezzamento di circa 17 mila metri quadrati fra Piani e Poggi. L’oliveto sperimentale sopravvisse alla soppressione dell’Istituto sperimentale per l’olivicoltura, avvenuta nel 1967 e dopo un periodo di relativo abbandono era passato alla Provincia, che l’ha acquistato nel 1991. Esposto a Sud Est, è sistemato a terrazze larghe, accessibile da salita Aicardi. E’ caratterizzato dalla presenza di cultivar diverse, da olio e da mensa. Gli obiettivo della struttura è «studiare l’adattamento delle varietà all’ambiente ligure», «rilevare lo sviluppo del frutto e l’oleosità», «rilevare caratteri organolettici e fisico-chimici sugli olii estratti». Questo punto di riferimento per l’olivicoltura provinciale accoglie da anni anche la cerimonia di messa a dimora di una pianta nell’oliveto sperimentale in occasione della Festa di primavera, che la Cumpagnia de l’urivu organizza da 21 anni. Per il 2012 è stata dedicata a don Mauro Vezzi e a don Luigi Morelati.

Enrico Ferrari – La Stampa, 17 luglio 2012

La Stampa, 25-7-2012
Sbarca anche sul web la battaglia per tutelare l’Uliveto sperimentale della Provincia in salita Aicardi sulla collina di Poggi di Imperia. Il caso è esploso dopo la querelle scoppiata in Consiglio provinciale, sollevata dal gruppo Pd in relazione al sito oliofficina.it, blog dedicato al mondo dell’ulivo e alla sua coltivazione, curato da Luigi Caricato. In una lunga lettera inviata al sito da un olivicoltore del lago di Como, viene messo in risalto il potenziale turistico dell’Uliveto sperimentale che potrebbe divenire una sorta di palestra a cielo aperto per le tecniche di potatura, coltivazione e raccolta da far visitare ad appassionati e turisti, affiancandolo con le attrazioni già presenti. Nel blog si punta su un possibile interessamento dei grandi marchi locali di olio oppure del consorzio della Dop Riviera Ligure che potrebbe così usare l’Uliveto sperimentale come volano promozionale del marchio.
Dal sito parte quindi un appello alla Provincia perché non venda, per far cassa, l’appezzamento che risale al 1911. In quell’anno fu creato il «Regio Oleificio Sperimentale» all’epoca sotto la direzione del ministero dell’Agricoltura. Poi la creazione dell’Istituto sperimentale per l’Olivicoltura soppresso nel 1967 e quindi il passaggio alla Provincia, suggellato dalla Regione che con un’apposita legge diede un contributo in conto capitale perché la Provincia rimettesse mano a una struttura ormai in abbandono.
Messo da parte il valore storico o affettivo, il timore delle opposizioni consiliari – e anche dei blogger che hanno messo in risalto la notizia – è che l’Oliveto si trasformi nell’ennesima speculazione edilizia, data la posizione e l’incantevole vista mare. Negli anni la collina di Garbella su cui sorge l’oliveto si è costellata di villette, tranne l’oasi olivicola che ora rischia di essere ceduta.
Tra l’altro l’Oliveto sperimentale rientra nei più bei parchi e giardini monumentali del territorio imperiese, strutture che fanno parte del progetto «Jardins des Alpes», progetto cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Alcotra. Nella breve descrizione l’oliveto sperimentale viene definito «la cattedrale degli ulivi». E, bene è mnon dimenticare questo particolare, si tratta di un’area unica al mondo per la grande varietà di ulivi che raccoglie. Perchè buttare via una meraviglia del genere?

Diego Marrese – La Stampa, 25 luglio 2012

Il link per leggere la lettera che Massimo Spreafico ha inviato al blog olioofficina.it è questo.
Per saperne di più sull’Oliveto Sperimentale di Imperia, leggere qui [pdf].

Scritto da Angelo Amoretti

25 luglio, 2012 alle 15:43

L’uomo di cemento

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Su Il Manifesto del 22 febbraio scorso c’è un articolo di Marco d’Eramo dal titolo “Il golf s’ingolfa, la terra ringrazia” che parla del calo di questo sport negli Stati Uniti d’America.
E’ una notizia riportata dal New York Times: da sei anni la pratica del golf è in declino negli Usa. Lo sport per eccellenza dei super ricchi e dei banchieri perde colpi. Nel 2000 i golfisti in Usa erano 30 milioni, oggi sono 26 milioni (il 13% in meno). Ancor più rilevante è il declino dei golfisti accaniti, quelli che giocano almeno 25 volte l’anno: da 6,9 milioni si è passati a 4,6 (-30%).
Così, oltre alla bolla edilizia, si sta sgonfiando anche quella del golf. Gli speculatori infatti avevano scommesso sui “baby boomers” pensionati e tra il 1990 e il 2003 avevano allestito più di 3.000 campi da golf, portandone il totale a 16.000. E oggi li offrono in saldo a centinaia.
Il perché del declino non è del tutto chiaro. In Usa tutti gli sport all’aperto perdono colpi, forse per i videogiochi o il troppo tempo che si perde davanti al computer. Può darsi che sia colpa del crollo della e-economy nel 2000 e dei venti della recessione che soffiano adesso.
C’è chi sostiene che il crollo del golf sia dovuto all’eccessiva durata di una partita: circa 4 ore per 18 buche, o chi dice che il golf non è più uno status symbol: è diventato troppo democratico per uno sport nato per distinguere chi si poteva permettere di sottrarre enormi appezzamenti di terreno agli usi produttivi (agricoltura e allevamento) per adibirli a mero consumo.
L’articolo di d’Eramo conclude dicendo che a tirare un sospiro di sollievo è il pianeta terra, soprattutto in California, Nevada, Arizona e New Mexico, dove inimmaginabili fiumane d’acqua vengono sprecate per mantenere nel deserto pietroso distese di erbetta verde brillante.
Qua dalle nostre parti, è noto, siamo arretrati rispetto agli Stati Uniti di una ventina d’anni e il golf non conosce ancora questa crisi: anzi, da nove buche si vuol passare a diciotto, al golf di Castellaro, per dire, e probabilmente gli statunitensi verranno a giocare qui.
E il pianeta Terra, nel profondo nord ovest italiano, dovrà aspettare una ventina d’anni per tirare un sospiro di sollievo.

Sabato 8 marzo a Imperia presso l’Antica Compagnia Portuale di Oneglia, verrà proiettato “L’uomo di cemento”, documentario realizzato dal regista Franco Revelli e sponsorizzato da “Legambiente Valle Argentina” per denunciare le speculazioni edilizie e lo sfruttamento selvaggio del territorio a danno di chi ci è nato, ci vive e ci lavora.

Scritto da Angelo Amoretti

1 marzo, 2008 alle 12:50