Il Festival di Sanremo

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Oscar Marchisio mi ha segnalato questo articolo scritto su Il Provinciale:

In ricordo del Festival del 1969 – non commemorazione ma lotta.
di Oscar Marchisio

“Ricordo come fosse passato un minuto, e sono quasi 40 anni, quando finiti i tre giorni mi sono buttato in via Corradi e al primo bar ho preso cappuccino e brioche.
Sì, cappuccino e brioche dopo tre giorni di sciopero della fame che Enricone Adler, Orleo Marinaro ed io facemmo contro il Festival, macchina torpida che annebbia coscienze e instupidisce il consumatore mediatico.
Dentro a quella tenda, aperta nel centro della Città Vecchia, in quei tre giorni oltre allo sciopero della fame, passò il mondo: da Valpreda agli insegnanti del Liceo Cassini, dal giornalista della Pravda agli amici di scuola, tutti attenti, incuriositi, disponibili e pronti a riconoscere nell’azione simbolica e impossibile di quei tre ragazzi del Liceo il segno della rottura, della rivolta, della precisa rivendicazione dello spazio della critica e dell’azione politica come diritto dovere del cittadino.
A Sanremo, nella città paludosa e vuota, spenta e da sempre democristiana si è aperta una falla, anzi una crepa insanabile. Infatti proprio da quel Liceo Cassini, da sempre tranquillo rifugio dei “fighetti”, emergono dei rompicoglioni che vogliono aprire la scuola agli abitanti della Pigna, che vogliono spostare il budget del festival per risanare la Citta Vecchia, che vogliono lo spazio della critica e la legittimità della democrazia diretta.
Nella stanca e indolente Sanremo, esempio fulgido di demenza oscillante tra Nilla Pizzi e Pippo Baudo si è creato il fronte del no, la risposta precisa e netta dei soggetti sociali che rivendicano il ruolo di attori collettivi e di coscienti critici della società del consumo subalterno.
Certo alzare una tenda è il gesto violento e pacifico nello stesso tempo che rivendica un nuovo territorio, lo spazio di autonomia e di libertà da cui partire per costruire identità e coscienza, sapere collettivo e voglia di cambiare il mondo.
Sì, alzare una tenda significa rivendicare il nostro luogo sociale come rottura del modello di comando sullo spazio da parte del capitale che rende tutto omegeneizzato e standardizzato come il consumo insulso e melenso del festivalsistema.
Rivendicare ed agire per costruire territori liberi significa tenere aperta la dimensione della lotta e del conflitto contro questa macchina che oggi più che con il festival con Google e con Yahoo! invade e comanda i centri nevralgici del modello di consumo come unica vera rete del comando capitalista.
Ancora oggi come allora rivendichiamo ambiente, qualità dell’aria e dimensione del “mare nostrum”come spazi comuni da occupare e aprire alla fame collettiva di libertà ed autonomia contro i cementificatori e gli “scagliolisti”che vogliono ridurre la nostra regione ad un privato festival degli idioti.
E’ partita anche dal Liceo Cassini la frattura insanabile e ingovernabile che ha generato e genera una vera, incomprimibile capacità di critica e di lotta contro il vuoto del modello Sanremofestival.
Infatti tale frattura nasce da un terremoto sociale e culturale, incontrollabile, derivante dalla presenza al Liceo della prima generazione di figli di proletari che si è acculturata.
Errore imperdonabile aver lasciato entrare nella scuola dei figli dei medici e degli avvocati, quelli con le “pezze al culo”.
Errore imperdonabile!”

Mi permetto di fare alcune osservazioni.
Da allora alcune cose sono apparentemente cambiate: la televisione non è più in bianco e nero, è a colori, ma bugiarda come allora;
il Festival di Sanremo non è più al Casinò, ma all’Ariston: è cambiata solo l’ubicazione;
Mike Bongiorno non c’è più. C’è Pippo Baudo e Giulio Andreotti è in Senato: sono stati fatti passi da gigante!
I lavoratori (uomini e donne) hanno conquistato qualche diritto: ci sono stati il divorzio e la 194 (finché ci sarà), ma c’è ancora tanta, troppa gente che ha le pezze al culo. Oggi si dice “non arriva alla quarta settimana” è più fine, ma la sostanza non cambia.
Significa, dal mio punto di vista, che in questi quarant’anni qualcosa non ha funzionato, che altro e di più doveva essere fatto.
Allora, constatato (con amarezza) che quelli del Liceo Cassini avevano visto bene, mi domando se bisogna lottare altri quarant’anni per poi avere Bonolis a presentare il 98° Festival della fetecchia italiana.
Con rispetto.

Scritto da Angelo Amoretti

20 febbraio, 2008 alle 1:01

Pubblicato in Attualità

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