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All’Attrito mostra fotografica sui crimini dell’Italia fascista in Jugoslavia

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Domani sera alle 21.15 in via Bossi 43, presso il Teatro dell’Attrito, sarà inaugurata la mostra fotografica sui crimini dell’Italia fascista in Jugoslavia, dal titolo “Testa per dente” con la collaborazione dell’A.N.P.I. di Sanremo che ha fornito tutto il materiale.
A seguire il film documentario “Oltre il filo” di Dario Minigutti.
Il film “Oltre il filo” fa luce su uno dei passaggi meno noti della seconda guerra mondiale, l’attività in Italia – tra il 1942 e l’8 settembre del ‘43 – di numerosi campi di concentramento, dove furono internati gli abitanti di interi villaggi sloveni e croati delle zone occupate dall’esercito italiano. Contrariamente ai campi di sterminio nazisti, divenuti luoghi della memoria, i campi di prigionia italiani furono smantellati al termine della guerra. Del campo di Gonars, aperto nella primavera del 1942, su cui si concentra la ricerca di Minigutti, restano oggi soltanto le latrine di cemento in un campo di mais. Eppure in quello stesso luogo, in diciotto mesi morirono oltre 400 persone di cui 71 bambini sotto l’anno di età.
[Fonte]
A chi volesse saperne di più sulle manipolazioni delle fotografie dell’epoca – usate dalla propaganda fascista dei giorni nostri – e sugli scempi compiuti dai fascisti italiani in Jugoslavia, consiglio la lettura di questo post.

Scritto da Angelo Amoretti

6 maggio, 2015 alle 19:22

Imperia: alla mensa dei poveri bisogna prenotare

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Riporto un articolo di Giorgio Bracco pubblicato su La Stampa di oggi, per riflettere:

Richieste in aumento e la sala da pranzo è diventata troppo piccola

«Ogni giorno accogliamo dodici persone. Un numero simbolico, dodici come gli apostoli. Le persone si devono prenotare e iscriversi nella lista. Gli altri si devono accontentare del cosiddetto sacchetto. Si dà quello che passa il convento. La provvidenza è grande e basta sempre per il primo e il secondo piatto, la frutta o il dolce. La lista si rinnova ogni settimana dando anche agli altri la possibilità di mangiare un piatto caldo. Quando il numero supera il 12 (succede spesso) ci comportiamo in questa maniera: se c’è una persona in più la accogliamo lo stesso per non mandarla da sola con il sacchetto. Se sono 14 o più, ne accogliamo 12 e agli altri diamo un sacchetto di viveri (un panino, una scatoletta di tonno, una di carne, un formaggino, un frutto, un dolce). Il numero medio dei poveri che bussano alla porta per mangiare è 14-15 per giorno».
Le parole di Fra Andrea, padre francescano e guardiano della chiesa-convento dei Cappuccini di piazza Roma, pubblicate sul bollettino parrocchiale «Ascoltami», spiegano – più di ogni altra cosa – la situazione di grande difficoltà, sociale ed economica, di tanti, non solo extracomunitari o clochard, ma anche italiani. Gente di ogni età, costretta dagli eventi a chiedere un pasto caldo o un pacchetto viveri ai Cappuccini imperiesi.
«Noi frati cappuccini non abbiamo un’attività specifica: missioni, opere di carità, parrocchie, scuole, ospedali… – continua Fra Andrea – dobbiamo semplicemente sforzarci di fare da ponte tra gli uomini. La mensa dei poveri presso il nostro convento è una piccola testimonianza di questa realtà storica». Fra Andrea è un giovane francescano molto amato e apprezzato a Porto Maurizio, e non solo dai parrocchiani. Un anno fa, durante il tradizionale rito pasquale del Giovedì Santo, nel lavare i piedi ai poveri ha chiesto ai fedeli non le solite offerte in denaro ma viveri per la mensa. Il risultato? Decisamente positivo. Sono in continua crescita le offerte di generi alimentari di associazioni e privati. Tanto che, come sottolinea lo stesso Fra Andrea, «non abbiamo più bisogno di rivolgerci alle fondazioni».
Nelle ultime settimane è nato il progetto per una raccogliere fondi per rendere l’ambiente più accogliente e risistemare la sala da pranzo. Il locale sinora utilizzato è diventato troppo piccolo, viste e considerate le richieste di ospitalità in aumento. «Grazie a Dio, grazie ai benefattori che fanno carità e grazie ai poveri che, bussando alla porta e chiedendo il pane, ci aprono la porta del Paradiso», si congeda Fra Andrea. Tra i più assidui benefattori del convento ci sono i volontari dell’Ordine di Malta e gli operatori dell’Aido (associazione italiana donatori organi). «Il nostro è un progetto di aiuto verso i nostri concittadini che versano in stato di povertà», conferma Corrado Milintenda, portavoce del corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta.

Giorgio Bracco – La Stampa, 21 aprile 2015

Scritto da Angelo Amoretti

21 aprile, 2015 alle 19:08

Il camerata Fabio Tortosa con la Ceres in mano

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Visto che il G8 del 2001 di Genova mi ha toccato da vicino, a seguito delle deliranti dichiarazioni del signor Fabio Tortosa sulla sua pagina FB che al momento avrete letto tutti, riporto un articolo che ritengo interessante.
Con Imperia, in sé, ha poco a che vedere, ma forse sì, visto che il ministro dell’interno dell’epoca era Claudio Scajola. Mi si perdonerà, quindi, se mi occupo un attimo della faccenda.

E adesso radiate il camerata che infanga tutta la polizia
Alessandro Cassinis – Il Secolo XIX

Vorrei chiedere al camerata Fabio Tortosa, l’eroe del VII nucleo di polizia che con “giovane vigoria” ha sfidato la sorte irrompendo in una scuola di ragazzi già picchiati,stanchi e mezzo addormentati, perché non si è vantato di questa ardita impresa davanti ai magistrati che lo hanno indagato.
Vorrei sapere perché un uomo così coraggioso, che rivendica e giustifica un’azione da libro di storia, ha aspettato che tutto venisse prescritto, che l’accusa gettasse la spugna davanti a tutte quelle divise anonime e quei caschi impenetrabili di gladiatori come lui che picchiavano e torturavano ragazzine e poveri diavoli di ogni età, prima di dichiarare che vorrebbe farlo “mille e mille volte”.
Anch’io quella notte ero alla Diaz, camerata Tortosa. Eravamo in tanti, malgrado lei, a cercare una ragione di quel sangue sui caloriferi, di quei bastoni macchiati di rosso e sporchi di capelli, di quei ragazzi che piangevano e tremavano e cercavano la loro roba in mezzo a un campo di battaglia.
Vorrei sapere perché un assaltatore così ardimentoso, quando hanno identificato e chiamato a deporre i suoi capisquadra, non ha avuto il fegato di presentarsi spontaneamente, visto che era indagato, per assumersi con queste virili parole la responsabilità della più vergognosa soppressione dei diritti civili che l’Italia repubblicana e democratica ha dovuto subire, e che ci ha esposto a una condanna internazionale e all’esecrazione del mondo.
Vorrei sapere perché ha aspettato quattordici anni per augurarsi che Carlo Giuliani «faccia schifo ai vermi».
Vorrei sapere perché ora che ha finalmente espresso il suo “entusiasmo cameratesco” e ha dato libero sfogo alla sua indole fascista, ha ritirato la mano e cancellato la sua pagina su Facebook malgrado i 180 “mi piace” vergati con cuore indomito dai patrioti in divisa che come lei difendono il popolo italiano anche se non se lo merita.
Ora è tardi, camerata Tortosa. Da cittadino che paga le tasse per avere una polizia onesta e rispettosa della nostra Costituzione mi aspetto che almeno lei faccia la fine che avrebbero dovuto fare i suoi superiori: la radiazione perenne e insindacabile da una Polizia di Stato che non merita il fango delle sue parole.
È una magra consolazione per la ferita che Genova si porta dentro dal 2001, lo so. E sarà facile per il ministro Alfano alzare la voce con un piccolo agente esaltato come lei. Ma è da qui che si deve partire per ridare un senso alla giustizia e alla legalità di questo Paese: lei non rischia più nulla davanti alla legge, camerata Tortosa, ma non è degno di indossare quella divisa che ha infangato la notte del 22 luglio 2001 e che ora torna a insozzare con queste intollerabili parole.
Mi aspetto le repliche indignate dei suoi camerati. Non mi troveranno “con una Ceres in mano”, come dice lei, ma con la certezza che una polizia migliore è possibile, e che sicuramente c’è. Non invoco Batman, camerata Tortosa. Per la sicurezza mia e degli altri cittadini basta un bravo poliziotto.

Scritto da Angelo Amoretti

15 aprile, 2015 alle 10:31

Pubblicato in Attualità

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La caduta di stile dell’onorevole Claudio Scajola

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L’ex parlamentare Claudio Scajola, in tribunale, si permette di fare battutine su Ivan Bracco, l’ispettore capo della Polizia Postale di Imperia.
Mi dispiace che l’onorevole abbia avuto questa caduta di stile. Bracco è un poliziotto, uomo dello Stato, molto di più di quanto lo sia Claudio Scajola, che, anche se probabilmente si crede un cittadino “più uguale” degli altri, forse dovrebbe avere un po’ più di rispetto per un servitore dello Stato, quindi di tutti noi.
Lo dico senza polemica e se dovessi scegliere tra lui e Ivan Bracco, non avrei alcuna titubanza.
Qui c’è la notizia.
Il Secolo XIX di oggi riporta:

[...] L’exparlamentare – che è anche imputato nel processo di Reggio Calabria per avere favorito la latitanza di Amedeo Matacena – non ha rinunciato, alla fine, a punzecchiare il poliziotto.Prima,in un momento in cui l’ispettore era uscito dall’aula,dicendo ironicamente «Bracco non c’è? È scappato?», quindi, alla fine della testimonianza dei due periti, rivolgendosi direttamente all’interessato, commentando quanto emerso proprio dalla doppia deposizione: «Le cose quando si fanno bisogna farle bene». Ricevendo una risposta asciutta e cortese: «Faccio il poliziotto e cerco di farlo bene, accerto dei fatti e li riferisco»[...]

Scritto da Angelo Amoretti

1 aprile, 2015 alle 12:40

A Clavi non ci sono più le panchine di una volta

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A Clavi, ridente frazione di Imperia dove vivo, sono sparite due panchine dalla piazza del Comune, quella che con un po’ di fortuna si riesce a vedere dietro i cassonetti della spazzatura arrivando da Piani.

Non sono le punkine della foto, sono due panchine di ferro, color verde-panchina-di-ferro. Qualche volta mi ci sedevo, per respirare il profumo che esce dai cassonetti e farmi pungere da quei simpatici moscerini che più sono ini, più danno fastidio.
Al posto di una hanno messo una yucca [non so se ci sia stato bisogno di sbolognare 1.000/1.500 euro a un agronomo per una eventuale consulenza], al posto dell’altra, nulla.
Ce ne sono rimaste quattro di legno che bastano e avanzano, visto che gli anziani non ci si siedono più [ce ne sono pochi e attraversare la strada è un tentativo di suicidio bello e buono] e i bambini sono due o tre che giocano altrove; la piazza, in verità, è stata rimessa un po’ a posto, ma adesso vi dico qual è il punto.
In tanti anni ho sempre cercato di evitare di parlare di cose personali sul mio blog: per fortuna non ho processi in corso, nessuno mi ha ancora querelato e gli affari miei preferisco tenerli fuori da qua.
Una piazza comunale non è propriamente un affare mio: è del Comune, cioè di tutti, ma siccome in questa storia mi ci sono trovato un po’ in mezzo, ora la metto in piazza.
Che le frazioni siano trascurate, senza specificare quali e senza esclusioni, lo ripeto da anni, cosicché, un po’ di tempo fa, ho deciso di andare in Comune per esporre i problemi di quella in cui vivo, a voce.
Erano anni che non mettevo piede in Comune. L’ultima volta fu quando andai a salutare l’allora sindaco Sappa che, con estrema gentilezza, mi regalò il fondamentale “Manifesti elettorali nell’antica Pompei” su Bur Rizzoli. Più che altro feci in modo che me lo regalasse: “Che bello…deve essere interessante…cercherò di trovarne una copia..“, sapete come va e con la faccia che ho riesco spesso a farmi dare le cose che desidero (a parte una o due).
Quel giorno parlai con la Arnaldi, che, come sapete, io chiamo amorevolmente “Boccuccia di Rosa” e che mi ascoltò con molto interesse.
Le chiesi solo di far prendere in considerazione al Sindaco l’idea di ricavare, su metà piazza, quattro o cinque posti auto, motivando la richiesta con due o tre argomenti:
1) Ce n’è urgente bisogno;
2) Nessuno usa più la piazza, quindi nessuno dovrebbe lamentarsi;
3) I costi sarebbero irrisori: spostare una panchina (eccola!), coprire di ghiaino, fare una piccola rampetta per accedervi là dove c’era la cabina del telefono e ora c’è una scandalosa piazzola di cemento.
Tralascio altre due o tre idee che le esposi per rendere più attraente il borgo con poca spesa.
Alcuni giorni dopo fui contattato dal consigliere comunale geom. Alessandro Savioli [sul sito del Comune continua a esserci scritto così] che in seguito venne al borgo, prima da solo, poi accompagnato dall’Assessora Dott.ssa Maria Teresa Parodi [idem].
Ripetei a loro ciò che avevo detto a BDR e parvero assai interessati alle mie proposte.
Dissi loro che quello era il piano “A” e, nel caso, sarei passato al piano “B”.
Ora al posto della panchina c’è la yucca e questo è il piano “B”.

Scritto da Angelo Amoretti

31 marzo, 2015 alle 17:54

I “cervelli” di Imperia ignorano le valli e l’entroterra del Comune

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Su un portale locale si è sviluppato un dibattito che era iniziato sul blog di Benedusi, al quale aveva risposto il Sindaco Capacci dalla sua pagina Facebook.
Ho letto con attenzione gli interventi di Settimio Benedusi, Maurizio Rainisio e Stefano Senardi e, detto che concordo con gran parte di ciò che hanno scritto, mi meraviglio che nessuno abbia preso in considerazione, ma proprio per niente, le frazioni che stanno in Valle Prino e nella bassa Valle Impero, a pochi chilometri dal capoluogo. Così come non si è mosso l’aeroporto di Nizza, che dista un centinaio di chilometri e a 45 minuti da noi, non si sono mosse le frazioni che dal mare distano km. 10 in media, 10/15 minuti dal centro, per dire.
Basterebbe leggere “I monumenti delle Valli di Imperia” di Nino Lamboglia per capire quello che non stiamo sfruttando e resto dell’idea che occorrerebbe inglobarle nel discorso turismo e “linkarle” meglio e di più con il centro.
Posto due immagini che ho scattato personalmente, tanto per rendere l’idea.

Torre antibarbaresca di Torrazza (IM)
La Torre antibarbaresca di Torrazza

Ponte romanico di Clavi (IM)
Il ponte romanico di Clavi

Scritto da Angelo Amoretti

9 marzo, 2015 alle 12:07

Non bruciamo il futuro

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Detto che già nel 2010 era stato organizzato un convegno da Rifondazione Comunista sul problema dei rifiuti e che era presente, tra gli altri, l’allora assessore all’ambiente di Capannori, Alessio Ciacci, riporto l’articolo apparso sul Secolo XIX di oggi riguardo alla presentazione del libro “Non bruciamo il futuro” di Rossano Ercolini, che era presente all’incontro tenuto sabato scorso alla Biblioteca Civica.
Ovviamente ciò che venne fuori dal convegno del 2010 ebbe poco seguito, anzi: ci siamo trovati a confrontarci con la Tradeco.
Vediamo se adesso qualcuno avrà il coraggio di prendere in seria considerazione le idee venute fuori dall’incontro-intervista con Ercolini. Sì, perché ci vuole coraggio, sapete com’è: risparmieremmo noi contribuenti e intascherebbe di meno qualcun altro (otto milioni di euro all’anno o mi sbaglio?).
P.S. Il grassetto l’ho messo io.

LA PROPOSTA LANCIATA IN OCCASIONE DEL DIBATTITO “NON BRUCIAMO IL FUTURO” Rifiuti Zero, assist a Imperia
«Vi aiuteremo gratuitamente»
Visita di Rossano Ercolini “premio Nobel” per l’ambiente
Ercolini ha portato gli esempi concreti di Capannori e della zona di Treviso

Rossano Ercolini, vincitore del “Goldman Environmental Prize 2013” conosciuto come il Nobel dell’ecologia e fondatore di “Rifiuti Zero” ha offerto la sua consulenza gratuita al sindaco di Imperia Carlo Capacci per pensare insieme il futuro della città e del comprensorio. Una strategia comune, che parte dal basso e coinvolge la cittadinanza per arrivare a una gestione sostenibile dei rifiuti domestici. «Offro la nostra consulenza al sindaco, a titolo gratuito- hadetto Ercolini al termine dell’intervista pubblica condotta da Milena Arnaldi giornalista del Secolo XIX – è una proposta concreta si può fare qualcosa, si può partire da subito e organizzare un sistema porta a porta che coinvolga in due step la città, occorre puntare sull’organico, sulle compostiere, sulla raccolta porta a porta. Si supererebbe il 50 per cento di differenziata in un anno. Invito il sindaco a venire a Capannori, così come ha fatto l’amministrazione di Sanremo, cambiare il sistema non è impossibile. Dico scherzosamente che Imperia potrebbe fare ancora prima di Sanremo. La Liguria, questa terra bellissima, se lo merita».
Ercolini sabato pomeriggio ha tenuto una conferenza-intervista nella sala convegni della biblioteca Civica mai così affollata. Invitato nell’ambito del progetto ambientalista m’IMporta, organizzato dal Cea(Centro di Educazione Ambientale) del Comune di Imperiae dall’Asd MonesiYoung era a Imperia per presentare il suo libro “Non bruciamo il futuro”.
Rossano Ercolini, maestro elementare di Capannori, comune del lucchese, ha dedicato gran parte della vita e della sua energia alla ricerca di alternative possibili all’attuale sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti ed è presidente dell’associazione Zero Waste Europe, per la diffusione della strategia Rifiuti Zero, a cui aderiscono 207 Comuni, tra cui appunto Capannori.
“Non bruciamo il futuro” racconta come un maestro di scuola elementare è riuscito a vincere una delle più importanti battaglie degli ultimi tempi,quella contro gli inceneritori, trasformando il suo comune in un’eccellenza mondiale per la raccolta differenziata e la riduzione dei rifiuti urbani. Dimostrando che i termovalorizzatori non solo sono pericolosi per la salute ma anche superati, anti-economici.
Un impegno attivo,un attivismo ambientale di base, fatto di piccoli passi che diventano energia positiva e coinvolgente.
La rivoluzione, presentata da Ercolini anche a Imperia, mira a una riforma organica del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti e si articola attorno a cinque parole chiave: sostenibilità, ambiente, salute, partecipazione e lavoro.
Utopia? «E’ una responsabilità occuparsi del nostro territorio- spiega – l’inquinamento è maggiore quando il tasso di partecipazione popolare è molto basso, al contrario l’inquinamento di un luogo diminuisce quando aumenta la partecipazione delle comunità».
Rifiuti Zero è riscatto. E’ la vittoria del senso comune, è una spinta trasversale che porta alla resurrezione della materia.
Ed è un sistema performante, efficiente, riduce costi e tasse a carico dei cittadini, produce occupazione, che isola le ecomafie combattendo gli interessi di pochi- dei poteri forti e incide sullo sviluppo del territorio.
Cambiando il modo di fare economia. Ercolini ha portato esempi concreti. Quello di Capannori, innanzitutto, ma anche quello di Contarina spa, una realtà che da oltre vent’anni opera in provincia di Treviso si occupa della gestione dei rifiuti nei 50 comuni consorziati,una superficie totale di 1300 chilometri quadrati e circa 554mila abitanti: l’area provinciale Rifiuti Zero più ampia d’Italia. Se la situazione in Liguria risulta oggif allimentare e la bocciatura della commissione d’inchiesta ne è l’emblema – si deve necessariamente cambiare rotta.La battaglia per non bruciare il futuro inizia dal presente, dall’oggi: si può copiare da chi ci ha creduto.Prendendo parte al cambiamento.

Milena Arnaldi – Il Secolo XIX

Scritto da Angelo Amoretti

23 febbraio, 2015 alle 15:37

A che punto è Imperia

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Imperia è ferma al palo da anni, inutile girarci intorno.
Non mi si venga a dire che “il porto potrebbe…” o “avrebbe potuto rilanciare la città” perché non è vero. Si sarebbe riempito di qualche yachts in più, avrebbe dato la possibilità a qualche ristorante (due o tre, peraltro) di fare qualche piatto in più e basta.
Del resto su internet si possono trovare le stime, fatte da Caltagirone all’inizio, calare vistosamente.
Non mi si venga a dire che qualche rotonda; un palasport che non serve quasi a niente, un campo di atletica che probabilmente è stato ampliato solo per poterci fabbricare intorno e che finora non ha ancora ospitato un meeting degno di questo nome; un museo navale dove fino a poco tempo fa entrava acqua, ma non barche (peraltro “muletti” di ben altri autorevoli natanti) possano servire a rilanciare la città.
Ci si aspettava di più anche dall’attuale amministrazione, ma se si sta a perdere tempo con sensi unici e ztl (mi riferisco a Via Santa Lucia e al Parasio), si va poco lontano.
Non mi si venga a dire che il wi-fi nell’entroterra potrebbe portare benefici perché gli abitanti potrebbero anche considerarla una presa per i fondelli: credo che abbiano più bisogno di strade asfaltate e posteggi per le auto.
Ci vogliono delle nuove idee e bisogna che qualcuno sia in grado di portarle avanti e realizzarle.
Mi risulta che almeno due, una un po’ più ambiziosa, ma molto interessante, l’altra più rurale, siano state suggerite al sindaco e a qualche assessore, ma finora non si è mosso niente.
Si ha la sensazione, purtroppo, che sia più comodo lasciare le cose come stanno, ma tra vent’anni, quando torneranno i trentenni che sono andati via adesso, ammesso e non concesso che lo faranno, la città sarà una enorme cattedrale nel deserto, utile solo a qualche anziano che voglia venire a cambiare un po’ aria.
Abbiamo quattro spiagge (mica chilometri: qualche centinaia di metri) e non riusciamo a mettere a posto neppure quelle.
L’amministrazione si complica la vita infilandosi in cul de sac tipo via Santa Lucia o come pagare le multe all’Ast, se fare una fila o due: ci rendiamo conto?
E gli altri aspettano al varco per poi tornare alla guida della città, inventarsi opere completamente fuori portata, sproporzionate rispetto alle esigenze, per poi, al limite, per un motivo o per l’altro, lasciarle a metà.
Brutte prospettive.
Spero che la sveglia suoni presto e forte.

Scritto da Angelo Amoretti

14 febbraio, 2015 alle 17:06

In memoria di Dario Desiglioli

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Se vi dicessero che Roberto Saviano e Christian Abbondanza si sono suicidati, la prima cosa (ma va bene anche la seconda) che vi viene in mente, qual è?
Se è “forse soffriva di depressione” questo post non fa per voi. Smettete di leggere qua.
Se invece vi ponete altre domande, allora andate pure avanti nella lettura.
Premetto che non conoscevo personalmente Dario Desiglioli e quindi tutto ciò che scriverò potrebbe rivelarsi sbagliato, in ogni caso lo scrivo lo stesso.
E premetto anche che per me, pur essendo cresciuto a fare il chierichetto, il suicidio è un atto di grandissimo coraggio. La vita è mia e me la tolgo quando voglio.
Dario può anche essersi suicidato perché gli è morto il gatto, dal momento che, ripeto, non lo conoscevo a sufficienza per poter dire che no, non avrebbe mai potuto compiere l’estremo gesto che ha compiuto.
Ma a pensarci bene anche se fossi stato suo amico fraterno non saprei darmi spiegazioni.
Quando sui giornali di carta e online leggo la notizia, però, preferirei leggerla così: “Dario Desiglioli si è suicidato. Il noto blogger, titolare di Servellu.it, aveva 35 anni”.
Quando arrivo a leggere che “forse soffriva di depressione per la morte del padre avvenuta due anni fa” cominciano a girarmi le palle.
E continuano a girarmi quando leggo che “avrebbe lasciato un messaggio scritto al computer”.
Ripeto: bisognerebbe essere stati vicinissimi a lui per capire cosa lo ha spinto a farlo, ma come ho già detto, forse neanche in quel caso si riuscirebbe a capire.
Solo che dopo un bel po’ di smarrimento, invece di scrivere cazzate come quelle che ho letto qua e là, mi viene da chiedermelo lo stesso.
E mi vengono i brividi.
Potremmo essere stati tutti noi, chi più, chi meno a dargli il motivo.
Forse perché si aspettava più solidarietà da parte nostra, da me per primo. Nella sua “resistenza” lo abbiamo lasciato solo, forse abbiamo sottovalutato ciò che scriveva o, tutti presi da Facebook e altre distrazioni di massa varie, non abbiamo riflettuto a sufficienza su ciò che ci comunicava.
Potrebbe essere la perdita del padre. Ci sta, ma potrebbe essere qualcos’altro.
Per esempio le querele che gli arrivavano per delle belinate: riflettiamoci bene. In rete gira di tutto e se personaggi un po’ più “pubblici” si mettessero a querelare chi li critica aspramente, sarebbero tutto il giorno dall’avvocato.
Oppure, a spingerlo, potrebbero essere stati coloro che lui “denunciava”: i delinquenti di Diano Marina e i loro compari che ormai sono conosciuti da tutti.
Non mi interessa nemmeno stabilire se si è suicidato o se è stato suicidato. Il fatto è che Dario non è più fra noi. E tutti quelli che adesso ne scrivono, blaterando di “crisi depressive”, sono colpevoli come noi. Ne parlano adesso, ma anche loro lo hanno lasciato solo, forse, e sottolineo forse, quando invece avrebbe voluto più seguito, più consenso, più riscontri.
Quando leggete di qualcuno che si è tolto la vita perché “soffriva di depressione”, fatevi un favore: chiedetevi, nel caso, quali sono state le cause della sua depressione.
Grazie.
E grazie,  Dario: ti leggevo con costanza e con ammirazione e mi mancherai moltissimo.

Scritto da Angelo Amoretti

27 gennaio, 2015 alle 21:42

Pubblicato in Attualità

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Silvana Tizzano è il nuovo Prefetto di Imperia

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Silvana Tizzano è il nuovo Prefetto di Imperia e il Secolo XIX l’ha intervistata.
Intonando la nota canzone di Lucio Battisti, le auguro buon lavoro e buona permanenza.

Dottoressa Tizzano che idea si è fatta di questa provincia?

«Ho incontrato subito il presidente della Provincia, il sindaco di Imperia, i vertici delle forze dell’ordine per fare il punto sulle problematiche più importanti, per avere una visuale ampia e vicina al reale».

Il suo approccio?

«Sono molto aperta verso il prossimo, il sangue partenopeo non mente. Ho per formazione, per modello e per esperienza concreta un atteggiamento di mediazione, di vicinanza verso la cittadinanza.
Sarebbe presuntuoso da parte mia dire che ho capito quali siano le priorità: sicuramente è presente una forte disponibilità al dialogo, al confronto, questo è un obiettivo della mia attività. Un confronto non solo normativo ma anche dettato dal buon senso».

Come pensa di muoversi?

«I problemi mi sono stati illustrati, credo bisognerà individuare strade propositive tenendo conto delle priorità che si presentano. In questo momento più che mai c’è bisogno di un ruolo super partes, vengo da una lunga esperienza nel sud Italia dove la prefettura è vista come istituzione di riferimento essenziale per la popolazione. Lo stesso deve esserci nelle città del nord, il nostro ruolo è quello di avvicinare il cittadino allo Stato. La prefettura non è un palazzo di vetro, lontano dalla realtà quotidiana, è invece un ente trasparente e disponibile».

Come far arrivare questo tipo di messaggio?

«A maggior ragione è importante un rapporto franco e aperto. L’ho detto, voglio conoscere questo territorio, scoprire i comuni che lo compongono».

Tra i suoi incarichi si è occupata di emergenza e di protezione civile. Questo è un territorio a rischio.

«In base alla mia esperienza occorre ci sia un’azione di prevenzione efficace, naturalmente non posso non sottolineare che siano le risorse ad essere fondamentali ma esistono anche metodi di programmazione e di organizzazione a costo zero per indirizzare la popolazione – e gli amministratori – verso comportamenti corretti. Si può lavorare molto su questo».

Che cosa la preoccupa?

«Mi impensierisce la novità del mio incarico,un territorio che non conosco affatto. Parto da zero, non conosco nessuno. E sono lontana dalla mia famiglia. Ho iniziato subito a studiare per individuare la direzione da seguire, mi preoccupo soprattutto di riuscire a fare bene il mio ruolo».

La prefettura di Imperia ha ospitato la commissione parlamentare antimafia. Rosi Bindi in quel contesto parlò di Imperia sesta provincia della Calabria.

«A bocce ferme in effetti si potrebbe pensare che questa provincia non possa essere interessata a questo tipo di problemi. Si tratta di un fulmine e ciel sereno, parrebbe un territorio immune.
Non azzardo valutazioni, credo che esistano gli strumenti per mostrare con determinazione il ruolo dello Stato. I protocolli anti-corruzione – anche i più innovativi – possono essere adattati a questa realtà e subito attuati. Anche per quanto riguarda la lotta alla criminalità è fondamentale un contrasto mirato e un nuovo impulso».

I primi impegni di questo 2015?

«Si parte con la vertenza Tradeco, poi ho programmato incontri e riunioni operative con le forze dell’ordine».

Un saluto ai cittadini imperiesi?

«Comincio con entusiasmo questa nuova avventura in provincia di Imperia, saluto amministratori, magistratura, forze dell’ordine, autorità religiose, scolastiche, sindacali e coloro che con le proprie attività contribuiscono al progresso di questo territorio. Mio fermo proposito sarà quello di operare al servizio di questa terra, assicurando assiduo impegno, costante sensibilità e attenzione, per garantire soprattutto in questo momento di disagio sociale la sicurezza e la pacifica convivenza. Auguro a tutti un nuovo periodo di benessere, di ripresa, per raggiungere gli obiettivi auspicati».

Milena Arnaldi, Il Secolo XIX

Scritto da Angelo Amoretti

6 gennaio, 2015 alle 16:55