Torneremo al nucleare?

30 commenti al post

Lo scienziato Tullio Regge, premio Einstein per la Fisica, dalle colonne de La Stampa del 23 maggio 2008, ci rassicura sulle centrali nucleari e dichiara che non ci sarà una nuova Cernobyl. Poi racconta delle scorie e come in Francia, per esempio, siano messe al sicuro a un chilometro di profondità nelle saline, perché dove c’è il sale non ci sono mai state pericolosissime infiltrazioni d’acqua.
In ogni caso il Ministro Claudio Scajola avrebbe dovuto chiarire cosa intende per “centrali di nuova generazione”. Attualmente sul pianeta Terra sono funzionanti circa 400 centrali nucleari di seconda e terza generazione e se Scajola parla di “nuova generazione” intende centrali di quarta generazione che sono più sicure e producono meno scorie, solo che non esistono ancora.

Probabilmente saranno pronte nel 2030 (anche se il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, è più ottimista e prevede nel 2020) e quindi nel 2013 sarà impossibile posare la prima pietra di una centrale di quarta generazione. E sarà difficile posarne anche per le centrali di terza generazione perché l’Italia è già impegnata nella ricerca sul nucleare di quarta generazione, avendo sottoscritto, durante il governo Prodi, “la Global Nuclear Energy Partnership”.
A questo punto si deduce che il Ministro intendesse le centrali attualmente funzionanti: quelle di seconda e terza generazione che però producono molte scorie e hanno costi piuttosto alti.
Come se non bastasse pare che le centrali di seconda e terza generazione siano in dismissione. Lo dice proprio Vittorio Cogliati Dezza in una intervista a Liberazione che indirettamente contesta quello che Tullio Regge dice su La Stampa riguardo la sicurezza. Secondo il Presidente di Legambiente siamo ancora più o meno ai livelli di Cernobyl. Ma ammesso e non concesso che Regge abbia ragione, Cogliati Dezza fa notare che non è vero che il nucleare produrrebbe energia a basso costo perché nel kilowatt finale bisogna considerare tutti i costi: dalla progettazione allo smaltimento delle scorie e alla fine “il costo energetico sulla collettività sarebbe analogo o addirittura leggermente superiore rispetto al solare“. Per cui lo specchietto delle allodole della bolletta dell’Enel meno cara non funziona, perché a conti fatti, la differenza sarebbe minima, ma con molti problemi in più.
Sia il Ministro che Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, dicono che il nucleare eliminerebbe la nostra dipendenza dall’estero. Ma l’uranio dove andremo a prenderlo?
Marcegaglia conosce depositi di uranio in Italia che a noi non risultano?” si chiede Cogliati Dezza. Il quale aggiunge che per quanto riguarda l’uranio le riserve possono avere dai 35 ai 70 anni: una risorsa limitata come il petrolio, alla resa dei conti.
Dunque nel 2020, se andrà bene, si avranno centrali nucleari che saranno costate moltissimo, serviranno per circa cinquant’anni e il problema energetico non sarà affatto risolto.
Il Nobel Carlo Rubbia, durante la conferenza odierna di Torino “Uniamo le energie”, ha dichiarato: “Se qualcuno mi chiede se tra 300 anni ci sarà ancora il nucleare, la mia risposta è sì’. Sono sicuro che le generazioni future utilizzeranno il nucleare, penso però a un nucleare che non è quello di oggi, è diverso.”
Il problema è complesso e l’Italia dovrebbe dotarsi di un piano energetico serio e realistico, con il contributo di tutti.
Mettere da parte pregiudizi “ideologici” va bene, ma evitare di fare demagogia anche: una centrale nucleare non è un porto, né un raddoppio di ferrovia o di strada statale.