La guerra civile a Imperia

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Nuova Odessa, novembre 2011.

La guerra civile scoppiata nell’inverno del 2009 era arrivata anche da noi.
Era iniziata nelle grandi città italiane e piano piano si espanse anche nei posti più impensati.
Sulla strada se le stavano suonando di santa ragione.
Strescino fu colto alla sprovvista e convocò d’urgenza una riunione di giunta allargata a tutti i suoi consiglieri comunali. Era completamente calvo. Si era rapato a zero la sera precedente, aveva chiamato il più in forma dei giornalisti di Imperia TV – che adesso si chiama Stalingrad TV – e gli aveva detto: “Domani facciamo in diretta ’sta prova del capello, visto che ho un po’ di tempo libero”.
Ma nella notte gli avvenimenti precipitarono. Caricò sullo scooter una damigiana da 25 di olio di ricino e si avviò, a velocità regolare, verso il palazzo del Comune. Dal momento che era in scooter e che era in ampio anticipo, decise di fermarsi al Palazzo della Provincia. Trovò Giuliano particolarmente agitato: visto che era candidato alla presidenza della regione, era indeciso su dove fare resistenza. Strescino gli consigliò di andare a Savona, una via di mezzo che poteva accontentare tutti. Amadeo lo avrebbe sostituito alla grande.
Il Ministro era a Genova già da giorni, ospite di Burlando. Gli aveva telefonato per offrire la sua esperienza, dopo i successi del G8 del 2001. Gabriele Saldo lo aveva raggiunto con il treno dei pendolari delle 6.35. Quando arrivò allo scompartimento, cinque extra comunitari si alzarono per lasciargli il posto e un topo si rifugiò tra il finestrino e il sedile. “Domani dovrò fare una interpellanza in Regione, non si può andare avanti così”, pensò mentre il treno ripartiva.

Arrivato in Comune, nella sala della Giunta Strescino trovò il vuoto. Udì alcune piccole esplosioni arrivare da est e vide del fumo alzarsi dalle parti dell’Agnesi. Poi sentì il suono di una lunga, stridente frenata, seguito da un rumore di vetri infranti e metallo accartocciato. Si affacciò dal balcone e vide la Aimo uscire tutta trafelata dal suo Suv: aveva praticamente demolito lo scooter del Sindaco. Quando giunse al primo piano le chiese: “Ma chi è quel fenomeno che ti ha ridato la patente?” Poi cominciarono ad arrivare alla spicciolata altri consiglieri e assessori.
Broccoletti si presentò con delle catene e una tanica piena di benzina e disse euforico: “Capo, avrei un’idea”. “Lascia perdere, stavolta si fa sul serio” rispose il Sindaco.
Un giovane consigliere srotolò la bandiera della RSI e fece per esporla al balcone. Fu immediatamente immobilizzato da Lanteri, Fossati e Gaggero. Strescino gli mollò quattro schiaffi: “Ti avevo chiesto di fare qualche intervento in consiglio comunale, non cavolate del genere. Siamo il partito delle parole. Non siamo più il partito dei fatti. Ti risulta che qualcuno si sia fatto? Si sono sottoposti tutti al test con successo e stamattina avrei dovuto farlo anche io”
Il giovane consigliere lo guardò stupito: il suo cranio luccicava come una lampadina da 200. Strescino gli intimò di sedersi, alzò il telefono e ordinò trentacinque mojto al Bar dei Giardini.
Gagliano arrivò zoppicando. Un extracomunitario lo aveva aspettato all’uscita del bar e con un machete gli staccò di netto il dito mignolo del piede destro. “Sta arrivando Brizio da Prelà con una dozzina di cacciatori armati e inferociti. Solo che non sanno ancora contro chi sparare. Sono già a Caramagna, io ti ho avvertito” disse rivolto al Sindaco.
Fossati, provocatoriamente, esclamò: “Tanti nemici, tanto onore!” Si sentì un “A noi!” giungere da qualche parte e una pernacchia da un po’ più in là. Forse era stata la centralinista.
L’opposizione era tutta per strada. Montanari, per l’occasione, aveva tappezzato la sua auto con manifesti pieni di falci e martelli e con Zagarella stava studiando le istruzioni dell’Iphone. Barbagallo a testa china osservava i tombini, nel caso ci fosse stato da fare una question time. Verda aveva l’Ipod. Lagorio pensava che stesse ascoltando il discorso delle primarie di Bersani, per darsi la carica. In effetti si trattava di rock progressivo inglese senza neanche un fruscio.
I più caldi erano Indugenza, Dal Mut e la Nattero che urlavano: “Sappa, te ne devi andare!” Qualcuno provò a a spiegargli che adesso il Sindaco era Strescino, ma il rumore era assordante e i tre continuarono.
Bonifazio e la Marrali indossavano una felpa con l’effige di Che Guevara e capeggiavano un corteo di persone poco raccomandabili che cantavano “Bella Ciao”. Stavano andando verso il palazzo del comune. Gli operai erano sei, gli impiegati una dozzina, gli insegnanti tre.
Dal balcone del palazzo comunale si vedeva la testa del corteo e Strescino, dopo il quarto mojto, domandò come mai fossero in così pochi a fronteggiarli.
Ranise cercò di spiegargli che era un po’ dura convincere le casalinghe innamorate di Berlusconi e finti ricchi a scendere in piazza a suonarsele con i comunisti. Aggiunse che probabilmente i ricchi veri stavano aspettando il corso degli eventi per decidere con chi schierarsi. Correva voce che gli industriali locali avessero raccolto qualche migliaia di euro per finanziare i prossimi vincitori.
“E i sindacati dove sono?” gli chiese il Sindaco. “Ma dai, non fare il finto tonto. Lo sai benissimo con chi stanno, da queste parti” e si scolò un mojto anche lui. Ormai erano tutti brilli, escluso il Sindaco che stava reggendo benissimo.
Tutti i canali televisivi erano collegati in diretta da ogni parte d’Italia. Imperia TV trasmetteva un discorso di Scajola tenuto durante la campagna elettorale del 2008, inframezzato da pezzi di ballo liscio registrati nell’82 al Fondo di Caravonica.
Le cose precipitarono e i barricati decisero di arrendersi. Qualcuno gettò via il vecchio distintivo di FI dicendo che in fondo era sempre stato socialista. Altri, come i ricchi veri, pensarono di aspettare per poi regolarsi di conseguenza.
Gianni Rollero si autoproclamò Sindaco. Indulgenza tenne una breve conferenza di due ore sul rapporto cinema-politica, analizzando il mitico “Caso Martello” di Guido Chiesa. La Nattero sorrideva. La Aimo e la Rambaldi, dopo aver chiamato Raineri, chiesero di entrare a far parte del nuovo consiglio comunale dicendo che in fondo erano sempre state democristiane, ma Lagorio si oppose con forza. Gramondo non c’era e anche stavolta si era perso il bello.
Adesso Imperia si chiama Nuova Odessa e ha il porto più bello del mediterraneo.

Scritto da Angelo Amoretti

27 novembre, 2009 alle 18:11

Pubblicato in Racconti



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