Scajola scatenato

10 commenti al post

«Ricordatevi che io so tutto di voi». C’era aria di resa dei conti, da giorni. Ma neppure il più pessimista avrebbe saputo disegnare un canovaccio di sangue come quello andato ieri in scena al coordinamento regionale ligure del Pdl.
Protagonista indiscusso, l’ex ministro Claudio Scajola, ostinato nel voler tenere in pugno il partito che un tempo era sua esclusiva pertinenza e carico di livore contro coloro che, tra i tanti suoi ex fedelissimi, gli hanno voltato le spalle dopo la casa al Colosseo, l’inchiesta sul porto di Imperia e il tormentone «a sua insaputa». Li ha attaccati e minacciati uno a uno, ricordandogli di averli inventati e lanciati, gettando sul tavolo anni di non detti e di gossip.
Attorno a lui, una platea di statue di ghiaccio, allucinate dalla veemenza di un infinito anatema. Persino i suoi inossidabili colonnelli ingoiavano la saliva fissando il grande lampadario, spaesati dalla strada imboccata, chiaramente senza ritorno.
Infatti a sera il Pdl ligure era morto, una Cancelleria da ricostruire, con i non scajoliani che hanno abbandonato l’aula e gli altri che sono rimasti a votare documenti, a dispetto del numero legale.
Dal podio della piccola sala demodè di un prestigioso albergo genovese, davanti a 45 tra delegati e ospiti, sentendosi al sicuro dato che la riunione era a porte chiuse,ha vomitato pesantissime accuse: «Molti di voi, per pudore, non avendo più dignità, non possono far altro che abbassare gli occhi, al mio cospetto. A chi mi ha attaccato, strumentalizzando le mie vicende giudiziarie, auguro l’ultimo dei gironi infernali.
Avete cercato di trarre vantaggio dalle mie sventure, perché magari se io fossi uscito di scena c’era un posto in più per voi. Pensare che io, che con i miei incarichi al ministero e a capo dei servizi (segreti, ndr), so tutto di voi e dei vostri nei eppure non ci ho mai giocato». Un avvertimento devastante, «da vero mafioso », ha commentato in serata Eugenio Minasso, vice coordinatore ligure del Pdl, in rotta con Scajola.
E proprio a Minasso e a Michele Scandroglio, numero uno ligure, l’ex ministro, pur senza mai citarli per nome e cognome, ha chiesto senza mezzi termini le dimissioni:«Fatelo voi, senza votazioni o discussioni. Sennò mi tocca parlare con Angelino (Alfano, ndr) e Berlusconi». A proposito, Scajola ha già «deciso di candidarmi, perché la procura di Imperia ha appena archiviato la mia accusa per associazione a delinquere per il porticciolo e quindi mi presento ai miei cittadini»: «Dirò la mia verità, nei dettagli. Ma – ha sbottato Scajola indicando uno a uno i presenti – non tollererò più chi approfitta di questa storia assurda della casa a Roma. Mavi pare che uno possa accettare soldi in contanti e regalie su una casa a suo nome? In ogni caso, non accetto lezioni da chi ha avuto frequentazioni con la malavita per ottenere più consenso (l’attacco indiretto è a Minasso, ndr),a chi ha messo i suoi soldi in Liechtenstein dopo una condanna in primo grado (Luigi Grillo, che poi respingerà l’addebito, ndr), a chi è dovuto fuggire dai suoi territori perché assediato da Tangentopoli (Scandroglio, ndr)».
Il deputato imperiese paragona chi non gli è stato vicino in questi mesi senza poltronaauna «bestia»: «Per questo bisogna azzerare tutto e rimettere insieme i cocci. Cambiare le facce. Questo coordinamento regionale è stato nominato da Berlusconi su mia proposta. Oggi, a stare tra voi, sono in imbarazzo, va tolto il tappo». La foga cresce, la tensione scuote le vetrate in un devastante silenzio. Come se lo tsunami fosse appena passato e i militari fossero lì a girare tra le macerie per fermare gli sciacalli. Infatti ecco l’appello: a Grillo, che «alla fine eri venuto a ringraziarmi perché eri ancora in lista e pensavi di non farcela»; a Biasotti, che «io ho voluto in Regione e oggi so che va a dire a Roma che stai a metà tra Scajola e gli altri». E a tutti gli altri, «perché io a Roma vado tutti i giorni», «perché io, anche se qualcuno qui non lo ricorda o non c’era o era a fare anticamera, questo partito l’ho costruito». La sentenza: «Mi vergogno». Un vecchio leone come Gianni Plinio, che ai tempi dell’Msi non avrebbe esitato a far sventolare le
mani nelle sedute più calde, che è riuscito nella sua storia a inanellare le performance politiche più grottesche, a questo punto è basito: «Ma non si rendono conto che tra quattro o cinque giorni cambia il mondo?». L’ex parlamentare Franco Marenco, che di Scajola è antagonista, si attarda con Altero Matteoli, evidentemente scandalizzato: «Se lo raccontassi in giro nessuno mi crederebbe».E Matteo Rosso, che a metà strada sta davvero, infatti è considerato come un reietto dai due clan, è desolato: «Questi sono fermi al 2006, ma stanno distruggendo tutto». Scandroglio è di cera, riesce solo a bisbigliare al suo vicino di seggiola: «Claudio è fuori da ogni sentimento, ma cosa pensa, che noi ci siamo mossi fin qui senza una adeguata copertura da Alfano?».
Scajola conclude: «Voi avete giocato sulle mie vicende per fare carriera, fatevi da parte». Scandroglio, per altro con le stampelle per una frattura, sfodera il petto e garantisce che l’assetto degli organismi dirigenti non è né all’ordine del giorno né nelle competenze dell’assemblea, viene sepolto di fischi da metà sala, mentre l’altra metà, a questo punto, lascia il campo. Sfrattati gli anti-Scajola, gli scajoliani procedono a nuova votazione («Abbiamo il numero legale», giurano; «No, non lo avevano», ribattono dall’altra parte). La richiesta di dimissioni è messa nero su bianco, si può lasciare l’albergo. Ora deciderà Berlusconi, non è chiaro per quanto ancora.

Il Secolo XIX – 2 dicembre 2012