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Luna Rossa e il Museo Navale di Imperia

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Di recente è venuta a galla la questione di Luna Rossa al Museo Navale di Imperia.
Su Il Secolo XIX e La Stampa online ne hanno scritto ieri, qui e qui, ma gli articoli completi sono sulle edizioni cartacee e li riporto a beneficio di chi se li fosse persi.

Il porto di Oneglia negli anni ‘70 – fonte: Facebook

Riflettendo su questa foto, e da riflettere ci sarebbe molto, mi viene da scrivere che allora al Museo Navale non stonerebbe la Pilotina del compianto Battista Carrega, detto appunto “il pilota”, che tante navi ha condotto nei porti di Imperia.

IL SECOLO XIX
LO SCAFO DESTINATO AL MUSEO NAVALE DA DUE ANNI È OSPITATO IN TOSCANA
Luna Rossa in magazzino 57 mila euro per l’affitto
Regalo di Bertelli, ma i costi sono a carico del Comune di Imperia

IMPERIA. Doveva essere una delle meraviglie del nuovo Museo Navale. Invece anche Luna Rossa, regalo di Patrizio Bertelli, patron del consorzio italiano di Coppa America, si è dimostrata un altro bluff. E pure un bluff costoso. Ad oltre due anni dall’annuncio del “regalo”, era il febbraio 2010, Luna Rossa Ita 80 è ancora invisibile sulla banchina di Calata Anselmi. In effetti uno degli scafi che ha tenuto svegli migliaia di italiani, da allora, è ricoverato in un cantiere di Cala Galera, sulla costa toscana.
«Fino ad un mese fa – denuncia Flavio Serafini, creatore e direttore del Museo navale – i costi di rimessaggio ammontavano a 57mila euro, una spesa a carico dei contributi statali finalizzati all’allestimento interno della nuova sede museale. Risorse che saranno sottratte alla loro vera destinazione». Non soltanto una spesa del tutto opinabile ma conseguente ad una decisione contestata da Serafini.
«L’iniziativa di accettare Luna Rossa ha pure ignorato il parere nettamente contrario della Commissione tecnica dell’Associazione Amici del Museo Navale – spiega – Abbiamo sempre contestato una decisione che riteniamo politica proprio in considerazione della modernità della barca ed anche dei suoi presunti meriti agonistici. Oltretutto, con un albero di oltre 32 metri ed una chiglia di 4, è impossibile ricoverare la barca nella nuova sede».
Elementi che dovrebbero essere sufficienti a disegnare una situazione insostenibile finanziariamente ed anche logisticamente per accettare un regalo che, considerata la tecnologia di costruzione, non può certo essere considerato di interesse museale. E che, oltretutto non può neppure vantare particolari meriti agonistici. «Luna Rossa Ita 80 – racconta Serafini – era stata varata ad Auckland, in NuovaZelanda nell’agosto 2003: doveva servire come alternativa a Ita 74 che, invece, fu preferita per le migliori prestazioni. Luna Rossa Ita 80, insomma, non ha mai gareggiato in Coppa
America».
Sarebbe allora più interessante e produttivo seguire altre strade. «Il Comune ha abbandonato l’idea di richiedere un sommergibile in disarmo – contesta ancora il direttore -I musei di Milano e Genova che, invece, se ne sono dotati, hanno visto un incremento del 40 per cento dei visitatori».

Ino Gazo – Il Secolo XIX -1 luglio 2012

LA STAMPA
IMPERIA LO SFOGO DEL DIRETTORE DEL MUSEO NAVALE
Lo scafo di Luna Rossa? “Non è Ita 45 ma Ita 80”
Flavio Serafini denuncia: “Qui arriverà il prototipo per allenamenti”

La «Luna Rossa», destinata al nuovo Museo Navale di Imperia, non è «Ita 45», vincitrice di molte regate alla Vuitton Cup, ma «Ita 80», cioè «il secondo “muletto”: uno scafo gemello, prototipo per allenamenti e impiegato tre anni più tardi». A denunciare il caso è il comandante Flavio Serafini, direttore del Museo Internazionale Navale: «Si è giocato sull’equivoco, carpendo la buona fede del pubblico».
E non solo. Quella che era stata prevista come una donazione a titolo gratuito da parte dell’armatore Patrizio Bertelli (a carico del Comune avrebbero dovuto essere soltanto «le spese di trasporto e di gestione»), in realtà è costata sinora, secondo le informazioni rese note da Serafini, «mille euro al mese di affitto del capannone di Cala Galera, in provincia di Grosseto, dove l’imbarcazione è attualmente ricoverata, e altri 57 mila per le opere di restauro».
Quest’ultima somma, proveniente da contributi statali (il Fondo Lotto), «era però finalizzata unicamente agli allestimenti interni della nuova sede museale di calata Anselmi: risorse che ora verrebbero a mancare», dice Serafini. E ancora non è tutto, «perchè gli importi indicati sono destinati a salire ulteriormente, non solo per gli oneri di concessione demaniale, lo spazio occupato in banchina, ma anche per i costi mensili del rimessaggio di Cala Galera, in costante aumento».
A più riprese, negli ultimi tre anni, Serafini e la Commissione per l’accettazione di scafi in legno e di valore storico o etnoantropologico, costola dell’Associazione Amici del Museo Navale Internazionale del Ponente Ligure, hanno contestato l’iniziativa «politica» dell’Amministrazione comunale in merito alla musealizzazione della moderna «Luna Rossa», nella convinzione che «i suoi meriti agonistici non fossero comunque conciliabili con le esigenze del Museo, nonostante un aleatorio “leitmotiv” di interesse e richiamo per la città».
Ma «il progetto è stato mandato avanti dall’allora vicesindaco Marco Scajola: decisione avallata dalla direzione regionale della Sovrintendenza, che ha accettato di sostenere i costi di un reperto non inseribile nel Museo, anche perchè il solo albero misura 32 metri e mezzo». Sulla sistemazione dello scafo all’esterno, magari già a settembre, in occasione del Raduno di Vele d’Epoca, l’Associazione (che ricorda di aver invano proposto di portare qui un sommergibile: «Al Museo del Mare di Genova ha fatto aumentare i visitatori del 38 per cento») si riserva di sollecitare al Mibac un’inchiesta, tanto più che, «per questo genere di scafi in carbonio, è previsto il ricovero obbligato in capannoni, specie nel periodo invernale».

Stefano Delfino – La Stampa – 1 luglio 2012

Scritto da Angelo Amoretti

2 luglio, 2012 alle 8:00

“Basta falsità sul Porto di Oneglia”

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Il Consigliere Regionale Franco Bonello, Presidente del Gruppo “Unione a Sinistra-Sinistra Europea”, interviene sulla questione del porto commerciale di Oneglia:

«Ha ragione il Sindaco Sappa quando dice che nel porto di Oneglia è “intollerabile che il rapporto tra aree date in concessione e occupazione relativa sia così basso e che il cuore pulsante del porto sia un deserto riservato a pochi”. Allora il Sindaco di Imperia agisca di conseguenza e non continui a far finta di niente. Ritiri le concessioni demaniali a quelle società come la Docsa e la Deposito Franco che non utilizzano le concessioni per sviluppare un’attività commerciale e quindi non producono ricchezza e occupazione per la città di Imperia.
Il Sindaco sa benissimo che le suddette società, con le relative concessioni, sono state acquisite dalla Porto di Oneglia spa che appartiene
alla famiglia Parodi, alla Guatelli Immobiliare, alla Desiderio srl, per un 41% alla Acquamare di Caltagirone, per il 49% alla M2 srl e per il restante
10% alla Porto di Imperia spa, società, quest’ultima, della quale il Comune di Imperia detiene il 33% del capitale azionario. È a conoscenza quindi che
i titolari delle concessioni commerciali sul porto di Oneglia sono gli stessi soggetti impegnati nella realizzazione del nuovo porto turistico e che non hanno nessuna intenzione di utilizzare le concessioni commerciali, ma intendono piuttosto sviluppare l’attività turistica anche nel bacino commerciale di Oneglia. Tutto ciò è in linea con quanto dichiarato in più occasioni dall’On. Claudio Scajola.
Il Sindaco chieda alla Docsa e alla Deposito Franco la presentazione di piani di impresa e, in assenza di tali piani che indichino obiettivi di sviluppo, applichi la legge e ritiri le concessioni. Inoltre impegni l’Amministrazione comunale a trasferire le attività commerciali (attualmente localizzate nel bacino di Porto Maurizio) a Oneglia, cosa peraltro prevista dalle autorizzazioni per la realizzazione del nuovo porto turistico.
Sono d’accordo con il Consigliere regionale Tirreno Bianchi che ha dichiarato che il porto di Imperia è un bene pubblico di cui è direttamente
titolare la Regione Liguria, che con legge regionale 26 aprile 1995 ne ha affidato la gestione al Comune di Imperia.
Quindi di fronte a una privatizzazione sostanziale del porto di Imperia attraverso intrecci societari a danno dell’interesse della collettività è
opportuno arrivare a un commissariamento del porto di Imperia. Di tale richiesta intendo farmi carico.»

Scritto da Angelo Amoretti

27 luglio, 2007 alle 15:46