L’ex Ministro atomico insiste sul nucleare

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L’ex Ministro nucleare torna a battere la barra dell’uranio che si sta raffreddando e ancora una volta, secondo me, sbaglia anche i tempi.
Infatti, mentre il suo Capo ha candidamente rivelato di voler accantonare il progetto delle centrali in Italia solo per il semplice fatto che parlarne adesso, sotto elezioni e sotto shock post Fukushima, non sarebbe conveniente (e naturalmente non sarebbe conveniente al Presidente del Consiglio che i referendum si facessero, visto che, dati alla mano, il quorum sarebbe raggiunto e il Sì anche al legittimo impedimento con ogni probabilità vincerebbe), lui ne scrive sul sito della Fondazione Cristoforo Colombo. E siccome c’è il rischio che il suo pensiero abbia poca risonanza, senza linkarlo, Sanremonews riporta la serie di imprecisioni scritte dal nostro concittadino.
Mi limito a segnalarne due:

1) Non è vero che “le famiglie e le imprese italiane pagano l’elettricità il 30% in più della media europea (il 60% in più della Francia)” [leggi qui].

2) E’ stato appurato che il disastro del Vajont non fu causato solo da eventi naturali (il Monte Toc che si staccò e finì nell’invaso), ma anche per gravi responsabilità umane [leggi qui].

Anche su questo blog, negli anni scorsi, si è dibattuto a lungo sul nucleare e direi che non vale più la pena  ritornarci.
Il 12 e 13 giugno andiamo a votare e facciamo una bella croce sui quattro SI per dire no al nucleare, alla privatizzazione dell’acqua e al legittimo impedimento, così la facciamo finita una volta per tutte.
E stiamo attenti ai trappoloni: il primo potrebbe arrivare direttamente per via legale, nel senso che se la Corte di Cassazione cancella i referendum, infischiandosene della volontà popolare di chi si è dato da fare per averli, finisce tutto lì.
Ma quello che non vuole che si vada a votare soprattutto per il legittimo impedimento, gioca anche sul fatto che la nostra attenzione cali, che la gente non ne sappia più nulla e che non venga raggiunto il quorum.
E’ compito di ognuno di noi, nel proprio piccolo, darsi da fare affinché si avveri il contrario.