La ‘ndrangheta in Liguria e nella nostra provincia

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La prossima settimana sarà nelle librerie “A meglia parola – Liguria terra di ‘ndrangheta” scritto dai giornalisti de Il Secolo XIX Marco Grasso e Matteo Indice. Vi consiglio di comprarlo e, soprattutto, leggerlo. E conservarlo, perché i libri, per fortuna, continuano a essere pubblicati e bisogna metterli insieme come pezzi di puzzle.
Circola la voce, ovviamente da verificare, che il più bel porto del Mediterraneo sia stato costruito anche su materiale altamente nocivo, che non si sa come purificarlo e, soprattutto, come e se comunicarlo ai cittadini. Ma sono voci: un giorno potrebbero finire su un libro, o forse no.

da Il Secolo XIX del 23 maggio 2013

COSÌ LA ’NDRANGHETA IN LIGURIA RINASCE DALLE SUE CENERI GRAZIE AI POLITICI

Da oltre trent’anni la ’ndrangheta condiziona la politica e l’economia in Liguria. Ha deciso elezioni, manovrato migliaia di voti e pilotato commesse, in particolare nell’edilizia.
Non tutti i partiti hanno uguali responsabilità, ma le cosche hanno saputo raggiungere con spiazzante facilità sia il centrodestra che il centrosinistra, in Comuni, Province e pure in Regione. E soprattutto rinascere nonostante arresti e indagini, grazie a tanti, troppi taciti accordi. Alcuni politici sono stati smascherati, e di loro si è letto sui giornali. Altri, invece, hanno continuato a operare nelle istituzioni all’insaputa dell’opinione pubblica, ignara del peso della criminalità organizzata in decisioni che riguardano migliaia di persone, ogni giorno.
Per la prima volta, un libro prova a entrare nel dettaglio, esclusivamente sulla Liguria: “A meglia parola – Liguria terra di ’ndrangheta“, scritto dai giornalisti del Secolo XIX Marco Grasso e Matteo Indice (De Ferrari Editore, 236 pagine, 16 euro) sarà nelle librerie dalla prossima settimana. E va dritto, attraverso documenti e fotografie inedite, ai nomi, e poi ai ruoli-chiave che personaggi ancora presenti nella vita istituzionale e imprenditoriale hanno ricoperto mentre i clan si affermavano. Legami che oggi si tenta di nascondere, non essendo mai stati rivelati, o solo “accennati”.
A meglia parola spiega come «un’isola felice», dove l’esistenza della mafia fino a tre anni fa era negata da prefetti, parlamentari e sindaci, si sia trasformata secondo un rapporto commissionato dal Viminale nella «regione a più alta densità mafiosa del Nord». Una situazione così compromessa da portare allo scioglimento di due municipi, Bordighera e Ventimiglia, il secondo e il terzo caso di sempre nel Settentrione.
Come siamo arrivati a questo punto? Per provare a rispondere bisogna partire da lontano, dalla migrazione del Dopoguerra e dai boss spediti in Liguria in soggiorno obbligato; dai primi insediamenti che hanno dato vita a una vera e propria struttura militare organizzata su base territoriale, i cosiddetti locali, un esercito che negli anni si è impossessato del monopolio nel traffico di droga e del controllo degli appalti.
Che ha penetrato l’economia pulita e ha nascosto pericolosi latitanti.
Nella sua fase di maggiore sviluppo, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio dei Novanta, è una mafia che spara. E però i clan si accorgono presto che la violenza serve solo ad attirare l’attenzione degli inquirenti.
Capiscono la lezione e gettano le basi per il vero dominio. La nuova strategia è precisa e mirata: mimetizzarsi, nascondersi, fare poco rumore. Perché, come recita un proverbio calabrese che dà il nome al titolo dell’opera, A meglia parola è chira chi ’un si dicia, la parola migliore è quella che non viene detta. È anche questo il motivo per cui, nel 2013, dopo che quasi ovunque la malavita calabrese ha subito colpi durissimi, non esiste ancora una sentenza definitiva che riconosca l’esistenza e la contaminazione della ’ndrangheta in Liguria.
La novità di questo libro-inchiesta – un archivio di ritratti, informazioni, collusioni e scheletri nell’armadio – è che tanti elementi isolati o mai svelati, assumono finalmente una forma. E vanno a comporre una struttura omogenea al cui interno convivono tante anime.
C’è il vecchio immigrato calabrese che vende frutta e verdura ed è così potente da essere ricevuto dal capo assoluto del Crimine – il massimo livello gerarchico – nella sua residenza di Rosarno. C’è il broker con il colletto bianco, preparato e spregiudicato, che movimenta milioni di euro in paradisi fiscali con la complicità d’un tesoriere politico. E ancora: ci sono i grandi capi del centrodestra ligure che negano fino all’ultimo la malattia che sta corrodendo una fetta di economia nel Ponente, annientando la concorrenza e lasciando che a sopravvivere siano solo gli impresari che si piegano; mentre i big del centrosinistra hanno contatti e sponsor che compaiono nelle indagini della Procura. Ci sono nomi e volti di questa contaminazione, tanti eventi apparentemente slegati che adesso sappiamo far parte di un unico fenomeno. Una realtà che ci chiama in causa tutti e in cui tutti abbiamo una responsabilità.

Marco Menduni