La Provincia va a rotoli

scritto da Angelo Amoretti il 25 settembre 2014 ore 16:11

Tra Riviera Trasporti, bus a idrogeno acquistati e parcheggiati a tempo indeterminato perché non si possono “ricaricare” (un po’ come comprare un pollo da arrostire e non avere il forno, per capirci); azioni dell’ Autostrada dei Fiori SpA e cosiddetti gioielli di famiglia svenduti; un dirigente che si sente Obama e visto che il Presidente degli U.S.A. bombarda la Siria per proteggerci da un attacco terroristico, lui fa aprire il fuoco sui cinghiali a Barcheto, in centro abitato, per proteggerci dalle orde di animali selvatici, senza risoluzione dell’Onu (e senza preavviso?), la Provincia va a rotoli, ma di quelli che ricordano una nota marca di carta igienica e che “non finiscono mai“.
A seguito di questo articolo, per esempio, una lettrice affezionata mi ha scritto dicendo che trova nauseante che:
1) la Migliorini non riesca a smaltire le pratiche nonostante il lauto stipendio
2) la provincia chieda aiuto a dei volontari ( non pagati)
3) la provincia spenda fior di migliaia di euro in consulenze nonostante abbia dei professionisti a libro paga
4) casualmente l’ing Domenico Pino (presidente dell’ordine degli ingegneri e a libro paga come consulente della provincia) ha stabilito che gli iscritti all’ordine degli ingegneri possano fare i volontari in provincia

e in effetti non posso darle torto.
Non posso neppure dar torto al Presidente della Provincia Luigi Sappa, là dove dice che il problema non è la Migliorini: infatti il problema è lui ed è di noi tutti contribuenti.
Se la dirigente in questione, entrata di recente nel Club dei leoncini e, a quanto pare, spostata da un settore all’altro, perché inizialmente si occupava di rifiuti, non riesce a fare il lavoro che le compete, significa che c’è qualcosa che non va.
Ed è una dirigente da 84.000 euro lordi all’anno più bonus di 11.000, almeno nel 2011, perché sul sito della Provincia non riesco a trovare più riscontri in merito a chissà quale legge sulla trasparenza.
Preve, nel suo articolo, scrive che ovviamente ingegneri e architetti “ dovranno fornire il loro aiuto per impostare il lavoro sulle richieste di autorizzazione antisismica, naturalmente astenendosi in caso di conflitto“.
E allora ci sarebbe bisogno di qualcuno che li controlli: paghiamo noi uno o più controllori?
E come mai architetti e ingegneri dovrebbero andare a dare una mano a titolo gratuito a chi guadagna fior di quattrini? E come mai gli ingegneri ci vanno e gli architetti no?
Provate a fare uno più uno e la risposta vi si materializzerà davanti agli occhi come per incanto.
Due anni e mezzo fa Preve aveva scritto un articolo interessante sul suo blog: leggetelo e cercate di fare due collegamenti. Non è difficile!

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Il Liberty, l’industria e «La Riviera Ligure»

scritto da Angelo Amoretti il 24 settembre 2014 ore 16:12

Sabato 27 settembre 2014, alle ore 17,30, presso la Sala Convegni della Biblioteca Civica “L. Lagorio” di Imperia, Giorgio Bertone (Università di Genova) terrà la conferenza con proiezioni.

In occasione del centenario de “Il Peccato” di Giovanni Boine (1914), uno dei romanzi sperimentali più importanti dell’inizio secolo a livello europeo, pubblicato a puntate sulla «Riviera Ligure»; in occasione, pure, dei centodieci anni dall’inizio ufficiale della Direzione della rivista da parte di Mario Novaro, la Fondazione “Mario Novaro” di Genova e l’Assessorato alla Cultura, Turismo e Manifestazioni del Comune di Imperia organizzano un incontro che ha come principale scopo quello di inquadrare storicamente la Rivista nel contesto dello stile Liberty europeo, nella letteratura e nell’arte.
Giorgio Bertone così ci introduce al tema dell’incontro: – «La Riviera Ligure» (1895-1919) fu tra i primissimi “house organ” del continente, ovvero una rivista di tipo moderno, patrocinata dalla Casa Produttrice, destinata quale omaggio al pubblico dei clienti, nel caso dell’Olio Sasso. Con tirature di oltre centoventimila copie, divenne per opera di Mario Novaro un periodico di altissima qualità. Novaro coinvolse nell’impresa artisti e grafici del Liberty come Plinio Nomellini e Giorgio Kienerk e letterati come Luigi Pirandello, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Grazia Deledda, Salvatore Di Giacomo, Giovanni Pascoli, Luigi Capuana, Ardengo Soffici, Giovanni Papini, Camillo Sbarbaro, Giuseppe Ungaretti, Filippo De Pisis, Alberto Savinio, Marino Moretti, Aldo Palazzeschi, Piero Jahier.
Della «Riviera» hanno parlato nei loro studi Rossana Bossaglia e Edoardo Sanguineti.

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Dove è finito l’archivio di Scajola?

scritto da Angelo Amoretti il 17 settembre 2014 ore 15:59

Dal blog di Aldo Giannuli

Cappuccino, brioche e intelligence n° 51

Ci sono alcune notizie che quando salgono alla ribalta delle cronache restano sulla cresta dell’onda per alcuni giorni, salvo poi scomparire per mesi e mesi (o anche per tempi molto più lunghi) come un fiume carsiso. Sembra essere questo il caso dell’archivio segreto di Claudio Scajola. Facciamo un passo indietro.

Lo scorso 8 maggio 2014 la Dia di Reggio Calabria arrestava a Roma l’ex ministro dell’interno Claudio Scajola, con l’accusa di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Pdl Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Dall’indagine pare emergessero anche delle operazioni per portare all’estero i capitali di Matacena e l’ombra di legami con la ‘ndrangheta. Questo il filone principale dell’inchiesta che vedrà l’avvio del processo il prossimo 22 ottobre e su cui per ora non ci soffermeremo, sia per opportunità che per mancanza di informazioni approfondite.

Il problema che ci interessa approfondire è un altro. Nei giorni dell’esplosione dell’inchiesta infatti, due sono stati i grandi temi sotto i riflettori: da un lato l’appassionante love story tra lady Matacena e lo stesso Scajola, letteralmente impazzito secondo i racconti della segretaria, per l’avvenente moglie dell’ex collega di partito, la quale conquistava le colonne destre dei principali siti di informazione italiani con le consuete deprimenti fotogallery soft-porno a cui ci hanno ormai abituato i portali web che avranno prodotto ricchi dividendi in click per gli editori.

Il secondo filone, più serio ed importante, è stato quello legato all’archivio personale dell’ex ministro dell’interno (sic!). Sin dai primi giorni infatti non sono mancati articoli sui contenuti di questo archivio, per altro mai troppo particolareggiati, che sottolineavano “Migliaia di fascicoli su politici e favori. L’archivio segreto di Scajola sotto sequestro” (Corriere della Sera, 12 maggio 2014); “I segreti del Viminale nei dossier di Scajola” (Repubblica, 15 maggio 2014) e potremmo proseguire. Gli articoli dedicati alle carte che man mano gli inquirenti stavano acquisendo sono proseguiti fino a circa la metà di giugno (il Corriere ancora il 13 giugno 2014 dedicava pagina 18 ai contenuti degli interrogatori e delle carte). Come detto tuttavia, i temi emersi erano scottanti e bastevoli per far saltare il banco di molti aspetti recenti e non della storia repubblicana, a partire dell’omicidio Biagi, ma non esplosivi come ci si poteva aspettare e come lo stesso Scajola ci aveva fatto credere fino a prima del suo arresto, quando ancora minacciava i suoi ex colleghi parlamentari e di partito di “tenerli per le palle”.

Passato giugno, un po’ come ovvio nei processi di produzione delle notizie, un po’ probabilmente per l’attesa del processo del prossimo ottobre, l’attenzione sul caso Scajola scemava e così anche sui contenuti del suo archivio. Lo scorso 6 agosto però, mi sono balzati agli occhi alcuni articoli: “Scajola, l’archivio segreto era dentro i muri” (Repubblica, 6 agosto); “Scajola, trovato l’archivio segreto nascosto nel muro dietro alcuni quadri” (Il fatto, 6 agosto 2014). Le carte delle prime perquisizioni insomma, rimandavano ad altri materiali e gli inquirenti hanno disposto nuove ricerche che hanno portato al ritrovamento del database completo nelle nicchie nascoste dietro ai quadri nella villa di Imperia. Tombola! Mi venne da pensare quando lessi quegli articoli. Purtroppo però, causa il periodo agostano, ma forse anche per altri motivi, dei contenuti delle chiavette dell’archivio segreto di Claudio Scajola dopo questo rilancio del 6 agosto, non si è saputo più nulla. L’articolo di Repubblica recita che “Ora il materiale si trova al Centro Dia di Reggio Calabria, nelle mani degli analisti che ne stanno tirando fuori una marea di dati. Qualcuno si spinge a dire “gli ultimi 30 anni di storia politica e personale di Scajola”. Materiale sul quale al momento vige il massimo riserbo, che molto probabilmente confluirà nel processo del 22 ottobre”.

Nello spirito di questa rubrica dunque, raccolti un po’ di dati e messe in fila alcune notizie, ci corre d’obbligo porci alcune domande e fare alcune riflessioni (da prendere sempre con il beneficio del dubbio).

-Perchè nei giorni in prossimità dell’arresta i giornali sono stati generosi di notizie sui contenuti della prima parte di archivio sequestrata e dei ritrovamenti del 6 agosto non si è saputo nulla?

-Posto che come afferma l’articolo di Repubblica i documenti verranno prodotti al processo in programma per il 22 ottobre, come verranno selezionati? Con quale criterio? Da chi? C’è da immaginare che verranno scelti in base all’attinenza con il filone di indagine di Reggio Calabria, ma che fine faranno tutti gli altri documenti sugli innumerevoli argomenti ed episodi che l’archivio sicuramente contiene?

-Nel pieno rispetto della necessaria riservatezza che temi come quelli oggetto dell’indagine richiedono, chi garantisce che i documenti digitali non verranno modificati ed utilizzati per altri scopi inquisitori alla luce della grande debolezza dei file e documenti digitali, modificabili con successo e senza lasciare tracce da un comune informatico?

-siamo proprio sicuri che da qui ad ottobre, nel silenzio della stampa, non si lavori per cercare di disinnescare l’”ordigno ad ologeria” costituito dall’archivio di Scajola, magari con il “lasciapassare interessato” del ministro dell’interno e dei contraenti del patto del Nazareno, in nome della stabilità e del bene del paese? Vi immaginate infatti cosa potrebbe contenere un archivio simile? Non solo in merito alle debolezze dei parlamentari o dei singoli, ma in merito ad aziende, operazioni economiche e strategiche, servizi di intelligence regolari e “paralleli”, malefatte di membri di tutti i partiti o dei governi Berlusconi sul piano nazionale ed internazionale, G8 di Genova, rapporti Dell’Utri-Libano, Finmeccanica, infrastrutture liguri e non solo, ecc?

Insomma, non sarebbe male se dell’archivio segreto di Scajola ci si occupasse un po’ di più, anche in sede Copasir, magari, o ci fossero più informazioni a disposizione, così come sarebbe preziosa una maggiore attenzione degli storici sul tema, alla luce del valore sconfinato di archivi come quello ritrovato che rischiamo seriamente di perdere o di vedere manomessi se non sapremo mantenere alta l’attenzione.

Aldo Giannuli negli anni novanta, rovistando tra le carte della commissione stragi, intuì l’esistenza di quello che divenne noto come l’”archivio della via Appia”: noi storici del futuro dovremo sperare di trovare delle cassettiere piene di chiavette usb? Non sarebbe la stessa cosa…

Martino Iniziato, Lapsus

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Ambiente e rumenta news

scritto da Angelo Amoretti il 17 settembre 2014 ore 12:40

Alla Marina tagliamo tre pini, così, tanto per toglierci il fastidio, e gli abitanti dicono che non era affatto necessario perché godevano di buona salute.
A Clavi, tempo fa, tanto per far spazio a una pensilina dell’autobus (peraltro mai fatta e che, per logica, sarebbe stata meglio dalla parte opposta) hanno tagliato un’acacia più vecchia di me. Per noi, fratelli di Clavi, aveva un significato particolare perché da piccoli ci tiravamo le freccette.
E ora leggo su La Stampa che ci sarebbe l’eventualità di riaprire la discarica di Ponticelli. E mi chiedo: ma non era stata completamente bonificata e non ci erano state piantate ben 95 giovani piante di ulivo, stando a quello che si legge qui?
Che facciamo, sotterriamo quei magnifici ulivi che di notte si illuminano senza sprecare un briciolo di energia elettrica?
Infine ci sarebbe questa ultima cosina di cui non vale nemmeno la pena discutere perché sono quisquilie.

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Aiuto, l’ebola ha contagiato anche ImperiaPost!

scritto da Angelo Amoretti il 10 settembre 2014 ore 16:24

Ieri, come centinaia di altri siti, anche il nostro portale preferito, che in teoria dovrebbe occuparsi dell’informazione di Imperia, ha dato la notizia con il titolo/trabocchetto:

Trabocchetto perché? Beh, è semplice: su Facebook un bel po’ di fans si saranno allarmati e avranno cliccato, con grande gioia dei pubblicitari e dell’editore:

Fin qui tutto bene: vuoi accumulare click per la pubblicità? Benissimo, è il tuo lavoro, in fondo.
Sarà che sono un illuso, ma tutto mi aspettavo (cani che si rompono una zampa inciampando in un tombino, gente che cade da un muro e si rompe un dito, ecc.ecc.) fuorché una notizia allarmante, falsa e che con la nostra città non c’entra niente.
Infatti oggi il Giornale.it scrive che la notizia è falsa:

E la Repubblica.it (che naturalmente ieri ha dato la notizia perché l’hanno data tutti) scrive che il test è negativo, trattasi di malaria:

Quindi dagli amici che scrivono sul portale più amato dagli imperiesi mi sarei aspettato un po’ più di attenzione e un po’ più di cautela, magari una verifica, prima di sparare la notizia sul sito.
Perché un conto è scrivere di un incendio di sterpaglie sulla colla di Bastera, l’altro è dare una notizia allarmante come questa.
Spero che sia stato un “incidente di percorso” che non abbia più a verificarsi perché personalmente preferisco un portale incisivo, critico e che si differenzi dagli altri, come pareva dovesse essere all’esordio.
Segnalo due link che potrebbero far aprire gli occhi e la mente anche ai miei concittadini che, purtroppo, cadono ancora in queste trappole:
Link 1 – Marcello Pamio: Epidemia di ebola? Prove tecniche di controllo
Link 2 – Rita Pani: C’avrà mica l’ebola?

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Imperia: Vele d’epoca 2014

scritto da Angelo Amoretti il 9 settembre 2014 ore 17:36

Sul sito ufficiale della manifestazione potete trovare tutte le info necessarie.

Lo Zen e le mani di flatting
Torna a Imperia la rassegna dedicata alle imbarcazioni storiche capolavori di un’arte antica. Anche nella manutenzione

Giorgio Bertone per Il Secolo XIX
In principio Dio creò il flatting. Ce n’era bisogno. La consorte di Noè mugugnava per l’umido nella cucina dell’Arca. Le giraffe soffrivano di reumatismi.
Il flatting è una vernice speciale per imbarcazioni, impermeabilizzante e trasparente. Se ne vuoi vedere i mirabili effetti ancora oggi, in tempi di vetroresina (il più grande problema di smaltimento del futuro) puoi andare a un raduno di magnifiche “Vele d’epoca” come quello offerto da domani a domenica a Imperia, uno dei migliori stadi del vento nel Mediterraneo. Ammirerai in generale le vele, gli alberi, le linee filanti degli scafi,così diversi dalle barche da regata di oggi, che sembrano vetture di F1.
Ma non dimenticare di puntare l’occhio sulle parti in legno trattate a flatting. Croce ma anche soddisfazione e orgoglio infiniti di ogni marinaio che sappia tenere stretto almeno un trefolo di rapporto con la tradizione. Infiniti come il lavoro richiesto.
Questa vernice esalta le venature del legno e lo tiene ben separato da un nemico quasi invincibile, l’acqua di mare; che anche ad assaggiarla restituisce il sapore più corrosivo e angoscioso che l’uomo negli anfratti del suo subconscio atavico possa ritrovare.
Un cestino sulla banchina, vicino alla passerella, con o senza un cartello di invito a lasciare le scarpe prima di salire a bordo, suggerisce sommessamente quello che ognuno dovrebbe già sapere. In realtà suggerisce un’ansia. Quella di coloro che debbono sobbarcarsi tutte le rifiniture.
Ad ogni buon conto chiunque salga, anche solo per una visita, si ricordi del proverbio da cantiere di un popolo oceanico come quello australiano: “You start flatting counting at seven”. Traducibile con: “Quando dài le mani di flatting comincia a contare dopo la settima”. Ovvero, le prime sette non contano, l’ottava è la prima.
Paul Valéry diceva che il nostro senso del tempo e dell’eternità va mutando da quando vanno scomparendo mestieri manuali come quello dei marinai magari durante interminabili bonacce equatoriali.
Non è un caso che l’uomo moderno senta ogni tanto l’esigenza della riscoperta della lentezza.E di sapere che ne esistono ancora, di yacht simili, di vederne e ammirarne ancora.
Equesto senso che tutti provano di essere di fronte a un’ “arte bella”, – come Conrad chiamava l’universo delle barche da diporto -, è generato pure dall’avvertenza che il lavoro umano, duro, preciso, perito, contento di sé, si è concretizzato ed è ancora oggettivato e visibile nella “cosa”.Come in unq uadro ben fatto. Il Dio dei marinai e della vela sta nei dettagli.
Quando da ragazzi si lavorava sulle barche, ti lasciavano al massimo carteggiare. Lungo lavoro di olio di gomito e carta vetro, prima del 400, ruvida, poi del 1000, fina fina. Allora intervenivano gli specialisti del cantiere che usavano il pennello come uno strumento sacro, con abilità e segreti irraggiungibili; attraverso la mano fissavano allo scafo non un componente chimico con i suoi solventi, ma un’esperienza dello spirito. Ancor oggi uno dei momenti più affascinanti (ma c’è la regata, ehi) è scrutare, durante la navigazione di bolina, le onde del mare accarezzare l’antico legno verniciato, la doppia translucidità: prima l’acqua salata, limpida o marmorizzata a seconda della forza dell’onda, poi la perfetta trasparenza della vernice. Insomma, linee del mare sopra linee del legno. Un miracolo dell’arte umana, irripetibile in altre situazioni. Perciò un meeting di simili barche è sempre un’esperienza unica per chi ha il respiro necessario a coglierne l’essenza.
Certo, le vele non sono più di cotone neppure qui, ma di dacron. Le scotte e le cime (le corde di manovra), non sono più di canapa, ma di sintetico. Anzi, qualche ditta le propone pure in dyneema, una fibra artificiale fortissima, ricoperta per l’occasione di canapa. Effetto “anticato”. Ciò non evita un inconveniente, che rende più sapide le regate: l’attrezzatura e le fibre moderne non sono elastiche come quelle dei tempi dei clipper di Conrad. Dunque sotto raffica sottopongono gli alberi, costruiti in lamellare di legno incollato, a sforzi immediati e più intensi. Lacrime e sangue e orgoglio per gli equipaggi, a volte privi dell’aiuto dei winch (verricelli), dunque capaci di manovrare a forza di braccia. Fuori delle regate,che durano poche ore, c’è chi naviga e manutiene contemporaneamente, come nella marineria classica. Durante le crociere imbarcazioni simili hanno bisogno di cure continue.
Se non la più lunga, la più straordinaria navigazione che io abbia ammirato è quella di Time Pauline Carr, che con un 20 metri, basso di bordo e a vele auriche, sono partiti nel 2009 da Malta per arrivare nell’Oceano Antartico (South Georgia), lavorando di timone, terzaroli e pennello. Arrivati nell’isola di ghiaccio, dove rimasero per un anno, “già che erano lì”,come si dice a bordo, restaurarono anche la minichiesetta dei balenieri norvegesi, abbandonata da tempo. Il loro libro (ormai raro:“Antarctic Oasis. Under the spell of South Georgia”) non dovrebbe mancare nella libreria di poppa, tra la collezione di brandy e le carte nautiche, in ogni barca d’epoca che si rispetti.

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Sara Serafini non è più Assessore

scritto da Angelo Amoretti il 8 settembre 2014 ore 18:53

Mi dimetto perché non ho più consiglieri che mi sostengono in Giunta. Tutto qui“. E’ quanto ha dichiarato Sara Serafini a Imperiapost qualche giorno fa, in una intervista che è tutta da decifrare perché tra Repubblica di Salò, armistizio e cotillons va a finire che non ci ha capito del tutto neppure lei.
Insomma, la storia è questa. La simpatica Serafini era stata eletta nella lista civica del “Laboratorio per Imperia”. Senonché il gruppo di consiglieri eletti in quella lista è passato a NCD.
Nel partito di Alfano c’è stato peraltro un breve passaggio anche dellla Serafini che però si è dimessa perché nessuno l’aveva mai contattata. E anche qui ci sarebbe da fare un discorsetto su quanto possa contare il parere degli elettori che ti eleggono sotto un simbolo per poi ritrovarti sotto a un altro, in corso d’opera, ma sorvoliamo perché il disgusto è quasi al colmo.
Per capirci: è lo stesso disgusto che ho provato quando ho saputo che Alessandro Casano, eletto nella lista civica “La Svolta”, è passato a Fratelli d’Italia. Come lo ha giustificato ai 1.024 elettori che lo avevano votato? E adesso mettiamo che anche ’sti quattro fratelli si sciolgano  (è notizia di oggi che Crosetto sta per mollare, per dire), Casano che farà?
C’è poi la questione tecnica di questi passaggi che non è del tutto chiara, dal punto di vista regolamentare.
Parodi, che dal Laboratorio è passato a NCD, fa notare che il passaggio di Casano non vale. Mentre il suo e gli altri valgono. E’ difficile da chiarire e ci vorrebbe l’intervento di un avvocato. Infatti la replica di Casano a Parodi sembra giusto scritta da un avvocato che sa leggere i regolamenti.
In ogni caso Casano avrebbe offerto il suo sostegno alla Serafini, ma non c’è stato niente da fare.
Ma la Giunta, mi chiedo, non è fatta dal Sindaco, un po’ come il Primo Ministro fa il Governo? Di conseguenza un assessore dovrebbe avere l’appoggio della maggioranza, a prescindere dal gruppo che non c’è più o no?
Fatto sta che le spiegazioni della Serafini mi convincono poco. Il bello è che se parli di certe cose con i “politici” ti dicono “Eh, questo non te lo posso dire”.
E’ tutta lì l’enorme presa per i fondelli: ci chiedono di votarli, li votiamo e li mettiamo lì noi elettori, ma “certe cose” non ce le possono dire.
Se non si cambia a cominciare da lì, la vedo grigia per tutti.

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C’è più gnocca in Consiglio Comunale che alla movida di Dolcedo

scritto da Angelo Amoretti il 2 settembre 2014 ore 17:24

Questo post potrebbe apparire antifemminista e discriminatorio agli occhi di chi non mi conosce, a cui ricordo solo che quando alcune delle ragazze in oggetto non erano ancora nate, nel mio piccolo mi battevo già per i diritti di cui avrebbero potuto poi godere anche loro: aborto e divorzio, tanto per dirne due.
Detto questo, ecco il mio pensiero sul nuovo consiglio comunale in cui, si potrrebbe dire, c’è più gnocca che alla movida del Prino per cui ci sarà da divertirsi anche nelle stagioni morte.
Il consiglio comunale di Imperia è come la maglia del Palermo Calcio: rosanero.
A seguito delle dimissioni di Giorgio Montanari, su cui ritornerò più giù, e il trasloco all’assessorato di Paolo Strescino, si sono aperte le porte per due nuove new entry: Giulia Gorlero, in quota NCD, e Chiara Corinni in quota PD. La prima, 23 anni, è conosciuta a livello mondiale in quanto portiere della Rari Nantes Imperia di pallanuoto; la seconda, 28 anni, avrà tempo di essere conosciuta meglio.
Con tutto il rispetto per le due splendide ragazze, alle quali vanno i miei sinceri auguri, se al posto loro fossero entrati due robot in grado di alzare la manina a comando, sarebbe la stessa cosa. Perché il bello di quando si fa parte di un gruppo numeroso, è che puoi limitarti ad alzare la mano quando lo fanno i tuoi colleghi più grandi: ci pensano loro a mettere le cose a posto.
Un altro conto è essere in due, come lo sono Grosso e Servalli (Imperia bene comune), la Glorio e Russo (M5S), o addirittura in uno (Casano per La Svolta e Fossati per Imperia Riparte).
Loro devono arrangiarsi come possono per fare ricerche, per dire, all’urbanistica o studiare un capitolato di 500 pagine. E non è questione di età: ci sono giovani in gamba e altri no; meno giovani capaci e qualcuno incapace. Così come non è una questione di sesso: ci sono donne con competenze e altre no. Un po’ di esperienza, al limite, sarebbe necessaria nel caso in cui a un giovane (maschio o femmina che sia, non importa) venga assegnato il compito di assessore.
Le due ragazze in questione sono state elette democraticamente, quindi hanno pieno diritto di entrare a far parte del nuovo consiglio comunale.
Oltretutto chi le ha inserite nelle liste avrà pur pensato che per i voti (e qualche giro di poltrona) avrebbero potuto avere l’onore e l’onere di sedere in consiglio, no?
Le dimissioni di Giorgio Montanari sono passate troppo sotto silenzio e quand’è così, automaticamente mi pongo un sacco di domande.
Visto che era addirittura capogruppo del PD, con buona esperienza e tanta passione, come mai da un giorno all’altro si è dimesso?
Ci hanno detto che non si tratta di scelta politica, ma ci credo poco. Per cui sarebbe interessante, a meno che non si tratti di cose personali, conoscere la vera ragione per cui il giovane promettente ha dato l’addio a tutto il baraccone.

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ImperiaSgrunt: fumetti, giochi, animazioni e altro

scritto da Angelo Amoretti il 1 settembre 2014 ore 12:52

Sabato 6 e Domenica 7 Settembre 2014
Banchina Calata G. B. Cuneo – Imperia
Fiera del fumetto, del gioco, dell’animazione e del mondo nerd.

Tanti ospiti tra fumettisti, scrittori, youtubers, animatori, doppiatori, illustratori. Tanti eventi ed incontri: gare di cosplay, stand espositivi, mostre dedicate, spazi games, disegni alla mano e tanto altro ancora!
INGRESSO LIBERO

Tutte le info sul sito ImperiaSgrunt

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Braccia da restituire all’agricoltura

scritto da Angelo Amoretti il 29 agosto 2014 ore 16:07

L’articolo che riporto qua sotto si presterebbe a una bella raffica di battute e non su chi lo ha scritto. Mi limito a dire che da un “vecchio” compagno socialista avrei preferito sentir parlare di “pubblico” e non di “privato”.
Ma sono un ingenuo, anche nell’augurarmi che l’anno prossimo, finito il mandato, Barbagallo sparisca dalla scena politica per sempre e altrettanto ingenuamente mi auguro che il suo capo lo rottami al più presto perché, insomma, sono trent’anni che calca la scena e francamente mi ha un po’ stancato.
P.S. Inutile dire che la faccenda mi puzza. Bellissimo il passaggio della flora e della fauna (manca il cemento)

Giulio Geluardi per La Stampa

Foreste ai privati, ed è subito polemica
L’assessore Barbagallo: “Le aree che adesso sono improduttive diventeranno presto fonte di guadagno”

I boschi di proprietà della Regione e quindi di tutti, per 12 lunghi anni in esclusivo uso ai privati. I quali nelle foreste riconquistate a fatica proprio grazie all’assenza dell’essere umano dai loro veri titolari, gli animali selvatici, potranno fare ora una moltitudine di cose non tutte splendide: dal taglio di alberi – almeno sulla carta rigidamente regolamentato – a impianti ricettivi quali agriturismi e bivacchi, recuperodi fabbricati in disuso,stradetagliabosco,coltivazioni, apertura di sentieri e quant’altro la legge sulla «protezione» dei boschi, teoricamente, conceda.
C’è anche chi pensa di costruire agricampeggi conr omantici rifugi sui rami degli alberi (gli uccelli dovranno adeguarsi e faranno nidi da altre parti), a imitazione di quanto già assurdamente succede in alcuni parchi degli States.
Una leggere gionale,quella approvata e non ancora attuata, ma già subito peda di roventi polemiche.
Già un anno fa le associazioni ambientaliste si erano divise: Legambiente era favorevole al progetto ravvisandone gli aspetti migliori, Italia Nostra era contraria domandandosi chi e soprattutto come gestirà l’immenso e inestimabile tesoro verde della Liguria. A gettare acqua sul fuoco e, anzi, a difendere strenuamente il progetto è Giovanni Barbagallo, assessore regionale alle Politiche agricole, vero ideatore del piano: «Non capisco le perplessità. La Liguria è la regione con la maggiore superficie boscata d’Italia e io credo che il progetto non possa che portare vantaggi. Insomma, non dimentichiamoci che le foreste sono abbandonate, nessuno le cura come si faceva una volta: ora il bosco è sì salvaguardato, ma improduttivo. Con il nostro progetto diventa invece una risorsa. Questa è una legge-pilota unica in Italia e sta diventando unmodello per tutti: d’altra parte è stata approvata senza voti contrari dal Consiglio regionale. Si è capito che così si ridà impulso a immensi territori che necessitano della mano dell’uomo per restare vitali».
Ma come, visto che l’uomo- specie ina ssenza di controlli- in genere distrugge? «Semplice – continua l’assessore – I boschi che ricadono nei territori dei Comuni montani venivano tagliati dietro autorizzazione una sola volta ogni 20anni. Un danno. Oggi, invece, affidando i territori e dando continuità alle cure del bosco, l’uomo potrà ridare slancio alla flora, proteggere la fauna e creare anche nuovi posti di lavoro».
Finora le domande presentate dai privati sono 17. Dieci dalla Liguria, 6 da altre regioni, soprattutto Piemonte e Lombardia e una dalla Francia. In svariati casi si tratta di aziende del legname che ora vedono la Liguria come nuova terra di conquista. «Le domande sono strettamente verificate, c’è una commissione apposita che analizza i progetti allegati: se sono compatibili con le leggi che tutelano l’ambiente bene, altrimenti non diamo la concessione. Si tratta di soggetti qualificati e specializzati:dall’azienda che taglia ilbosco alla cooperativa sociale», dice ancora Barbagallo.
E aggiunge:«Concedendo il territorio per 12 anni, i titolati potranno accedere a fondi europei, ad esempio per realizzare strade tagliafuoco e altro ancora».
L’assessore non si ferma e annuncia: «Abbiamo deciso di promuovere la creazione di consorzi tra quei proprietari di boschi privati che lasciano le loro foreste improduttive: con un contributo di 35 mila euro cercheremo di favorire nuovamente la raccolta per esempio delle castagne e di altri prodotti della foresta. È ora di ritornare sulle montagne». Almeno per quello che resterà. La speranza è che la prossima volta ad essere «venduto» ai privati non sia anche il mare.

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