Archivio per la categoria ‘Politica’

Bilanciamenti famigliari

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Scritto da Angelo Amoretti

5 ottobre, 2014 alle 12:37

Elezioni Regionali 2015

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Dal momento che si è iniziato a scrivere di elezioni regionali, che ne dite, cominciamo a parlare degli eventuali candidati nostrani [vale tutto: gossip, inaugurazioni di bocciofile, indagati, incapaci ecc.ecc.] o aspettiamo a farlo più in là?

Ve lo chiedo perché oggi c’è un articolo sul Secolo XIX che dopo aver letto non sapevo se ridere, piangere o strappare il certificato elettorale.

Scritto da Angelo Amoretti

5 ottobre, 2014 alle 12:28

Dove è finito l’archivio di Scajola?

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Dal blog di Aldo Giannuli

Cappuccino, brioche e intelligence n° 51

Ci sono alcune notizie che quando salgono alla ribalta delle cronache restano sulla cresta dell’onda per alcuni giorni, salvo poi scomparire per mesi e mesi (o anche per tempi molto più lunghi) come un fiume carsiso. Sembra essere questo il caso dell’archivio segreto di Claudio Scajola. Facciamo un passo indietro.

Lo scorso 8 maggio 2014 la Dia di Reggio Calabria arrestava a Roma l’ex ministro dell’interno Claudio Scajola, con l’accusa di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Pdl Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Dall’indagine pare emergessero anche delle operazioni per portare all’estero i capitali di Matacena e l’ombra di legami con la ‘ndrangheta. Questo il filone principale dell’inchiesta che vedrà l’avvio del processo il prossimo 22 ottobre e su cui per ora non ci soffermeremo, sia per opportunità che per mancanza di informazioni approfondite.

Il problema che ci interessa approfondire è un altro. Nei giorni dell’esplosione dell’inchiesta infatti, due sono stati i grandi temi sotto i riflettori: da un lato l’appassionante love story tra lady Matacena e lo stesso Scajola, letteralmente impazzito secondo i racconti della segretaria, per l’avvenente moglie dell’ex collega di partito, la quale conquistava le colonne destre dei principali siti di informazione italiani con le consuete deprimenti fotogallery soft-porno a cui ci hanno ormai abituato i portali web che avranno prodotto ricchi dividendi in click per gli editori.

Il secondo filone, più serio ed importante, è stato quello legato all’archivio personale dell’ex ministro dell’interno (sic!). Sin dai primi giorni infatti non sono mancati articoli sui contenuti di questo archivio, per altro mai troppo particolareggiati, che sottolineavano “Migliaia di fascicoli su politici e favori. L’archivio segreto di Scajola sotto sequestro” (Corriere della Sera, 12 maggio 2014); “I segreti del Viminale nei dossier di Scajola” (Repubblica, 15 maggio 2014) e potremmo proseguire. Gli articoli dedicati alle carte che man mano gli inquirenti stavano acquisendo sono proseguiti fino a circa la metà di giugno (il Corriere ancora il 13 giugno 2014 dedicava pagina 18 ai contenuti degli interrogatori e delle carte). Come detto tuttavia, i temi emersi erano scottanti e bastevoli per far saltare il banco di molti aspetti recenti e non della storia repubblicana, a partire dell’omicidio Biagi, ma non esplosivi come ci si poteva aspettare e come lo stesso Scajola ci aveva fatto credere fino a prima del suo arresto, quando ancora minacciava i suoi ex colleghi parlamentari e di partito di “tenerli per le palle”.

Passato giugno, un po’ come ovvio nei processi di produzione delle notizie, un po’ probabilmente per l’attesa del processo del prossimo ottobre, l’attenzione sul caso Scajola scemava e così anche sui contenuti del suo archivio. Lo scorso 6 agosto però, mi sono balzati agli occhi alcuni articoli: “Scajola, l’archivio segreto era dentro i muri” (Repubblica, 6 agosto); “Scajola, trovato l’archivio segreto nascosto nel muro dietro alcuni quadri” (Il fatto, 6 agosto 2014). Le carte delle prime perquisizioni insomma, rimandavano ad altri materiali e gli inquirenti hanno disposto nuove ricerche che hanno portato al ritrovamento del database completo nelle nicchie nascoste dietro ai quadri nella villa di Imperia. Tombola! Mi venne da pensare quando lessi quegli articoli. Purtroppo però, causa il periodo agostano, ma forse anche per altri motivi, dei contenuti delle chiavette dell’archivio segreto di Claudio Scajola dopo questo rilancio del 6 agosto, non si è saputo più nulla. L’articolo di Repubblica recita che “Ora il materiale si trova al Centro Dia di Reggio Calabria, nelle mani degli analisti che ne stanno tirando fuori una marea di dati. Qualcuno si spinge a dire “gli ultimi 30 anni di storia politica e personale di Scajola”. Materiale sul quale al momento vige il massimo riserbo, che molto probabilmente confluirà nel processo del 22 ottobre”.

Nello spirito di questa rubrica dunque, raccolti un po’ di dati e messe in fila alcune notizie, ci corre d’obbligo porci alcune domande e fare alcune riflessioni (da prendere sempre con il beneficio del dubbio).

-Perchè nei giorni in prossimità dell’arresta i giornali sono stati generosi di notizie sui contenuti della prima parte di archivio sequestrata e dei ritrovamenti del 6 agosto non si è saputo nulla?

-Posto che come afferma l’articolo di Repubblica i documenti verranno prodotti al processo in programma per il 22 ottobre, come verranno selezionati? Con quale criterio? Da chi? C’è da immaginare che verranno scelti in base all’attinenza con il filone di indagine di Reggio Calabria, ma che fine faranno tutti gli altri documenti sugli innumerevoli argomenti ed episodi che l’archivio sicuramente contiene?

-Nel pieno rispetto della necessaria riservatezza che temi come quelli oggetto dell’indagine richiedono, chi garantisce che i documenti digitali non verranno modificati ed utilizzati per altri scopi inquisitori alla luce della grande debolezza dei file e documenti digitali, modificabili con successo e senza lasciare tracce da un comune informatico?

-siamo proprio sicuri che da qui ad ottobre, nel silenzio della stampa, non si lavori per cercare di disinnescare l’”ordigno ad ologeria” costituito dall’archivio di Scajola, magari con il “lasciapassare interessato” del ministro dell’interno e dei contraenti del patto del Nazareno, in nome della stabilità e del bene del paese? Vi immaginate infatti cosa potrebbe contenere un archivio simile? Non solo in merito alle debolezze dei parlamentari o dei singoli, ma in merito ad aziende, operazioni economiche e strategiche, servizi di intelligence regolari e “paralleli”, malefatte di membri di tutti i partiti o dei governi Berlusconi sul piano nazionale ed internazionale, G8 di Genova, rapporti Dell’Utri-Libano, Finmeccanica, infrastrutture liguri e non solo, ecc?

Insomma, non sarebbe male se dell’archivio segreto di Scajola ci si occupasse un po’ di più, anche in sede Copasir, magari, o ci fossero più informazioni a disposizione, così come sarebbe preziosa una maggiore attenzione degli storici sul tema, alla luce del valore sconfinato di archivi come quello ritrovato che rischiamo seriamente di perdere o di vedere manomessi se non sapremo mantenere alta l’attenzione.

Aldo Giannuli negli anni novanta, rovistando tra le carte della commissione stragi, intuì l’esistenza di quello che divenne noto come l’”archivio della via Appia”: noi storici del futuro dovremo sperare di trovare delle cassettiere piene di chiavette usb? Non sarebbe la stessa cosa…

Martino Iniziato, Lapsus

Scritto da Angelo Amoretti

17 settembre, 2014 alle 15:59

Sara Serafini non è più Assessore

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Mi dimetto perché non ho più consiglieri che mi sostengono in Giunta. Tutto qui“. E’ quanto ha dichiarato Sara Serafini a Imperiapost qualche giorno fa, in una intervista che è tutta da decifrare perché tra Repubblica di Salò, armistizio e cotillons va a finire che non ci ha capito del tutto neppure lei.
Insomma, la storia è questa. La simpatica Serafini era stata eletta nella lista civica del “Laboratorio per Imperia”. Senonché il gruppo di consiglieri eletti in quella lista è passato a NCD.
Nel partito di Alfano c’è stato peraltro un breve passaggio anche dellla Serafini che però si è dimessa perché nessuno l’aveva mai contattata. E anche qui ci sarebbe da fare un discorsetto su quanto possa contare il parere degli elettori che ti eleggono sotto un simbolo per poi ritrovarti sotto a un altro, in corso d’opera, ma sorvoliamo perché il disgusto è quasi al colmo.
Per capirci: è lo stesso disgusto che ho provato quando ho saputo che Alessandro Casano, eletto nella lista civica “La Svolta”, è passato a Fratelli d’Italia. Come lo ha giustificato ai 1.024 elettori che lo avevano votato? E adesso mettiamo che anche ’sti quattro fratelli si sciolgano  (è notizia di oggi che Crosetto sta per mollare, per dire), Casano che farà?
C’è poi la questione tecnica di questi passaggi che non è del tutto chiara, dal punto di vista regolamentare.
Parodi, che dal Laboratorio è passato a NCD, fa notare che il passaggio di Casano non vale. Mentre il suo e gli altri valgono. E’ difficile da chiarire e ci vorrebbe l’intervento di un avvocato. Infatti la replica di Casano a Parodi sembra giusto scritta da un avvocato che sa leggere i regolamenti.
In ogni caso Casano avrebbe offerto il suo sostegno alla Serafini, ma non c’è stato niente da fare.
Ma la Giunta, mi chiedo, non è fatta dal Sindaco, un po’ come il Primo Ministro fa il Governo? Di conseguenza un assessore dovrebbe avere l’appoggio della maggioranza, a prescindere dal gruppo che non c’è più o no?
Fatto sta che le spiegazioni della Serafini mi convincono poco. Il bello è che se parli di certe cose con i “politici” ti dicono “Eh, questo non te lo posso dire”.
E’ tutta lì l’enorme presa per i fondelli: ci chiedono di votarli, li votiamo e li mettiamo lì noi elettori, ma “certe cose” non ce le possono dire.
Se non si cambia a cominciare da lì, la vedo grigia per tutti.

Scritto da Angelo Amoretti

8 settembre, 2014 alle 18:53

C’è più gnocca in Consiglio Comunale che alla movida di Dolcedo

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Questo post potrebbe apparire antifemminista e discriminatorio agli occhi di chi non mi conosce, a cui ricordo solo che quando alcune delle ragazze in oggetto non erano ancora nate, nel mio piccolo mi battevo già per i diritti di cui avrebbero potuto poi godere anche loro: aborto e divorzio, tanto per dirne due.
Detto questo, ecco il mio pensiero sul nuovo consiglio comunale in cui, si potrrebbe dire, c’è più gnocca che alla movida del Prino per cui ci sarà da divertirsi anche nelle stagioni morte.
Il consiglio comunale di Imperia è come la maglia del Palermo Calcio: rosanero.
A seguito delle dimissioni di Giorgio Montanari, su cui ritornerò più giù, e il trasloco all’assessorato di Paolo Strescino, si sono aperte le porte per due nuove new entry: Giulia Gorlero, in quota NCD, e Chiara Corinni in quota PD. La prima, 23 anni, è conosciuta a livello mondiale in quanto portiere della Rari Nantes Imperia di pallanuoto; la seconda, 28 anni, avrà tempo di essere conosciuta meglio.
Con tutto il rispetto per le due splendide ragazze, alle quali vanno i miei sinceri auguri, se al posto loro fossero entrati due robot in grado di alzare la manina a comando, sarebbe la stessa cosa. Perché il bello di quando si fa parte di un gruppo numeroso, è che puoi limitarti ad alzare la mano quando lo fanno i tuoi colleghi più grandi: ci pensano loro a mettere le cose a posto.
Un altro conto è essere in due, come lo sono Grosso e Servalli (Imperia bene comune), la Glorio e Russo (M5S), o addirittura in uno (Casano per La Svolta e Fossati per Imperia Riparte).
Loro devono arrangiarsi come possono per fare ricerche, per dire, all’urbanistica o studiare un capitolato di 500 pagine. E non è questione di età: ci sono giovani in gamba e altri no; meno giovani capaci e qualcuno incapace. Così come non è una questione di sesso: ci sono donne con competenze e altre no. Un po’ di esperienza, al limite, sarebbe necessaria nel caso in cui a un giovane (maschio o femmina che sia, non importa) venga assegnato il compito di assessore.
Le due ragazze in questione sono state elette democraticamente, quindi hanno pieno diritto di entrare a far parte del nuovo consiglio comunale.
Oltretutto chi le ha inserite nelle liste avrà pur pensato che per i voti (e qualche giro di poltrona) avrebbero potuto avere l’onore e l’onere di sedere in consiglio, no?
Le dimissioni di Giorgio Montanari sono passate troppo sotto silenzio e quand’è così, automaticamente mi pongo un sacco di domande.
Visto che era addirittura capogruppo del PD, con buona esperienza e tanta passione, come mai da un giorno all’altro si è dimesso?
Ci hanno detto che non si tratta di scelta politica, ma ci credo poco. Per cui sarebbe interessante, a meno che non si tratti di cose personali, conoscere la vera ragione per cui il giovane promettente ha dato l’addio a tutto il baraccone.

Scritto da Angelo Amoretti

2 settembre, 2014 alle 17:24

Braccia da restituire all’agricoltura

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L’articolo che riporto qua sotto si presterebbe a una bella raffica di battute e non su chi lo ha scritto. Mi limito a dire che da un “vecchio” compagno socialista avrei preferito sentir parlare di “pubblico” e non di “privato”.
Ma sono un ingenuo, anche nell’augurarmi che l’anno prossimo, finito il mandato, Barbagallo sparisca dalla scena politica per sempre e altrettanto ingenuamente mi auguro che il suo capo lo rottami al più presto perché, insomma, sono trent’anni che calca la scena e francamente mi ha un po’ stancato.
P.S. Inutile dire che la faccenda mi puzza. Bellissimo il passaggio della flora e della fauna (manca il cemento)

Giulio Geluardi per La Stampa

Foreste ai privati, ed è subito polemica
L’assessore Barbagallo: “Le aree che adesso sono improduttive diventeranno presto fonte di guadagno”

I boschi di proprietà della Regione e quindi di tutti, per 12 lunghi anni in esclusivo uso ai privati. I quali nelle foreste riconquistate a fatica proprio grazie all’assenza dell’essere umano dai loro veri titolari, gli animali selvatici, potranno fare ora una moltitudine di cose non tutte splendide: dal taglio di alberi – almeno sulla carta rigidamente regolamentato – a impianti ricettivi quali agriturismi e bivacchi, recuperodi fabbricati in disuso,stradetagliabosco,coltivazioni, apertura di sentieri e quant’altro la legge sulla «protezione» dei boschi, teoricamente, conceda.
C’è anche chi pensa di costruire agricampeggi conr omantici rifugi sui rami degli alberi (gli uccelli dovranno adeguarsi e faranno nidi da altre parti), a imitazione di quanto già assurdamente succede in alcuni parchi degli States.
Una leggere gionale,quella approvata e non ancora attuata, ma già subito peda di roventi polemiche.
Già un anno fa le associazioni ambientaliste si erano divise: Legambiente era favorevole al progetto ravvisandone gli aspetti migliori, Italia Nostra era contraria domandandosi chi e soprattutto come gestirà l’immenso e inestimabile tesoro verde della Liguria. A gettare acqua sul fuoco e, anzi, a difendere strenuamente il progetto è Giovanni Barbagallo, assessore regionale alle Politiche agricole, vero ideatore del piano: «Non capisco le perplessità. La Liguria è la regione con la maggiore superficie boscata d’Italia e io credo che il progetto non possa che portare vantaggi. Insomma, non dimentichiamoci che le foreste sono abbandonate, nessuno le cura come si faceva una volta: ora il bosco è sì salvaguardato, ma improduttivo. Con il nostro progetto diventa invece una risorsa. Questa è una legge-pilota unica in Italia e sta diventando unmodello per tutti: d’altra parte è stata approvata senza voti contrari dal Consiglio regionale. Si è capito che così si ridà impulso a immensi territori che necessitano della mano dell’uomo per restare vitali».
Ma come, visto che l’uomo- specie ina ssenza di controlli- in genere distrugge? «Semplice – continua l’assessore – I boschi che ricadono nei territori dei Comuni montani venivano tagliati dietro autorizzazione una sola volta ogni 20anni. Un danno. Oggi, invece, affidando i territori e dando continuità alle cure del bosco, l’uomo potrà ridare slancio alla flora, proteggere la fauna e creare anche nuovi posti di lavoro».
Finora le domande presentate dai privati sono 17. Dieci dalla Liguria, 6 da altre regioni, soprattutto Piemonte e Lombardia e una dalla Francia. In svariati casi si tratta di aziende del legname che ora vedono la Liguria come nuova terra di conquista. «Le domande sono strettamente verificate, c’è una commissione apposita che analizza i progetti allegati: se sono compatibili con le leggi che tutelano l’ambiente bene, altrimenti non diamo la concessione. Si tratta di soggetti qualificati e specializzati:dall’azienda che taglia ilbosco alla cooperativa sociale», dice ancora Barbagallo.
E aggiunge:«Concedendo il territorio per 12 anni, i titolati potranno accedere a fondi europei, ad esempio per realizzare strade tagliafuoco e altro ancora».
L’assessore non si ferma e annuncia: «Abbiamo deciso di promuovere la creazione di consorzi tra quei proprietari di boschi privati che lasciano le loro foreste improduttive: con un contributo di 35 mila euro cercheremo di favorire nuovamente la raccolta per esempio delle castagne e di altri prodotti della foresta. È ora di ritornare sulle montagne». Almeno per quello che resterà. La speranza è che la prossima volta ad essere «venduto» ai privati non sia anche il mare.

Scritto da Angelo Amoretti

29 agosto, 2014 alle 16:07

Dove sono finiti gli amici di Claudio?

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Qualche volta, riordinando libri e documenti, mi capita di trovare cose che voi umani non potete neppure immaginare: i lecca lecca della Lega Nord, per esempio, rigorosamente verdi (immagino, dunque, al sapore di menta) e le bustine di zucchero con in bella mostra Alberto da Giussano.
Oppure un opuscolo, scritto nel 2001 da Andrea Orsini e Luigi Giglio, dal titolo “Claudio Scajola, la politica del fare”, a cura degli “amici di Claudio”.
Il documento, di sole 70 pagine, ma ricco di immagini e ritagli di giornali (ce n’è uno in cui si legge che l’Iva sul basilico era scesa dal 20 al 4 per cento grazie al nostro statista)  e da ritenere quindi di fondamentale importanza , inizia così:

Cos’è la politica? Per alcuni è semplicemente un mestiere, un modo come un altro per mantenere la famiglia, per tentare la scalata al successo e, qualche volta, per arricchire.
Per altri è poco più che un hobbyal quale dedicare un po’ di tempo libero, sottraendolo al lavoro, alla famiglia, al riposo.
Per fortuna non ci sono soltanto queste due alternative, altrimenti saremmo nelle mani soltanto di mestieranti senza ideali, pronti a vendersi a qualsiasi causa, oppure di dilettanti senza esperienza, senza per questo esserne schiavi; uomini per i quali la politica è un lavoro quotidiano, serissimo, che non ammette debolezze o distrazioni, proprio perché sono in gioco questioni importanti per la collettività, e per i quali la coerenza con i propri ideali, con la propria cultura, con i valori professati è una regola che non ammette eccezioni.
Per troppi anni, nel nostro paese, l’impegno politico è stato considerato dai moderati quantomeno con scarsa attenzione.
Questa è una delle cause – e non la meno importante – della debolezza strutturale che ha sempre caratterizzato nella nostra storia i partiti di centro, che pure hanno a lungo rappresentato la maggioranza degli elettori. In Italia gli uomini politici di grande professionalità, senza essere professionisti della politica, non sono dunque molti.
Claudio Scajola è uno di loro. Per questo vale la pena di conoscerlo meglio. E per questo crediamo che meriti la nostra fiducia e quella degli elettori.

Qualcosa, in seguito, deve essere andato storto, ma oggi mi preme porre la vostra attenzione, o affezionati lettori, sul seguente quesito: “Che fine hanno fatto gli amici di Claudio?”.
Lo spunto mi viene dato dall’intervista a La Stampa di oggi di Antonello Ranise, coordinatore cittadino di Forza Italia, al quale occorre riconoscere perlomeno la coerenza con cui si è sempre battuto in difesa di Scajola.
In sostanza dice che o Forza Italia cambia oppure se ne va. Basta leggere il suo comunicato di domenica scorsa per capire che il .C.C. è profondamente deluso. Solo che in quel comunicato sembrava deluso dal fatto che nessuno degli “amici di Claudio” si era fatto sentire in difesa dell’ex ministro. Oggi lo pare anche dal funzionamento del partito e addirittura si chiede se esiste un coordinamento regionale.
Aggiunge che “In questo primo anno di opposizione, pur tra mille difficoltà, il nostro gruppo consiliare ha saputo fare quadrato“. In verità ci ho visto più un triangolo che un quadrato e ricordo quando qualcuno del centrodestra aveva detto che era venuta l’ora di prendere in mano la situazione.
Temo che abbia preso qualcos’altro e, come Ranise, per Forza Italia locale la vedo grigia.

Scritto da Angelo Amoretti

17 agosto, 2014 alle 12:37

Scajola, l’archivio segreto era dentro i muri

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Giuseppe Baldessarro per la Repubblica

Gli hard disk e le chiavette con documenti riservati sono stati trovati nelle nicchie nascoste dietro ai quadri nella villa di Imperia

Sì del gip al giudizio immediato per l’ex ministro e per lady Matacena: saranno processati a Reggio Calabria il 22 ottobre.

REGGIO CALABRIA – Era nascosto in alcune nicchie scavate nel muro. In piccoli vani nascosti da quadri o stampe. In alcuni casi coperti ad occhi indiscreti da armadietti leggeri, tali da poter essere spostati da una sola persona. Lo hanno trovato in quei buchi l’archivio segreto di Claudio Scajola. È dalle mura che è saltata fuori la “storia” dell’ex ministro dell’Interno e Presidente del Copasir. Non è stato semplice, perché dalla prima perquisizione ad Imperia, fatta sia allo studio privato di via Matteotti che in quello della casa di Via Diano Calderina, non era affiorato nulla. O meglio, gli uomini della Dia di Reggio Calabria avevano sequestrato soltanto la parte di archivio “pubblico”. Documenti, computer, tablet e telefonini che già in passato erano stati passati allo scanner dagli investigatori di diverse procure. Nulla di particolarmente interessante, ma è proprio analizzando quei file che i magistrati che conducono l’inchiesta sulla fuga di Amedeo Matacena a Dubai (il pm della Dda Giuseppe Lombardo e l’aggiunto della Dna Francesco Curcio) si sono convinti a firmare un secondo decreto di perquisizione, eseguito dopo la prima dell’8 maggio scorso.

Una scelta compiuta alla luce del fatto che da alcuni documenti spuntavano riferimenti ad altri fascicoli e a cartelle informatizzate che però non erano state immediatamente trovate. Così, scrivono i magistrati, «atteso che vi è il fondato motivo di ritenere che uno o più documenti di natura informatica siano sfuggiti all’attività di ricerca» vi è la necessità di una «ulteriore attività di perquisizione dei locali di abitazione, di ufficio e delle sedi aziendali riferibili a Claudio Scajola». Un nuovo blitz che ha anche riguardato Giuliana Fossati (non indagata), un tempo segretaria dell’ex ministro. Un lavoro molto più dettagliato di quello svolto in precedenza dagli inquirenti. A essere rivoltati come un calzino questa volta non sono stati solo gli studi. I magistrati hanno agito d’urgenza per timore che il materiale potesse essere fatto sparire. Nello studio di Scajola spostando alcuni quadri sono saltate fuori le nicchie nelle quali c’erano alcuni hard disk e una serie di pen drive. Così una dopo l’altra sono saltate fuori tutte le “edicole” nascoste, ed in ognuna di esse il materiale informatico cercato.

Per la Procura si tratta dell’archivio segreto di Scajola, quello mai trovato in passato. Ora il materiale si trova al Centro Dia di Reggio Calabria, nelle mani degli analisti che ne stanno tirando fuori una marea di dati. Qualcuno si spinge a dire «gli ultimi 30 anni di storia politica e personale di Scajola». Materiale sul quale al momento vige il massimo riserbo, che molto probabilmente confluirà nel processo del 22 ottobre con rito immediato deciso ieri dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria che ha accolto la richiesta della Procura. I magistrati avevano chiesto il giudizio immediato per Chiara Rizzo (moglie di Amedeo Matacena), per l’ex ministro Claudio Scajola, le segretarie dei due ex politici Roberta Sacco e Maria Grazia Fiordelisi e per il factotum di Matacena, Martino Politi. Inizialmente lo stesso iter era stato chiesto per Matacena, la cui posizione è stata poi stralciata. Ad alcuni viene contestato il reato di procurata inosservanza di pena, ad altri l’intestazione fittizia di beni dello stesso Matacena, ancora latitante a Dubai.

Scritto da Angelo Amoretti

6 agosto, 2014 alle 8:38

I pm: Scajola subito a processo

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Marco Menduni per il Secolo XIX

Caso Matacena, richiesta di rito immediato
I pm:«Scajola subito a processo»
Ma non per mafia
I difensori: è una mossa perché non torni libero

La procura antimafia di Reggio Calabria chiede il giudizio immediato per Claudio Scajola e per Chiara Rizzo, la moglie dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, riparato a Dubai per sottrarsi a una condanna, ridotta nelle scorse settimane dalla cassazione da 5 a 3 anni. Ma subito scoppia la polemica innescata dagli avvocati difensori.
Per i legali la scelta dei pm di accelerare la corsa verso il processo risponde a un disegno preciso: evitare che l’ex ministro e la bionda lady arrestata al suo rientro in Francia possano tornare in libertà dagli arresti domiciliari.
Tra pochi giorni (per Scajola il termine coincide con i tre mesi dall’arresto, avvenuto l’8 maggio) entrambi sarebbero ritornati in libertà. Se fosse invece accolta la richiesta di rito immediato, i termini tornerebbero di nuovo a decorrere. Una decisione ancor più contestata per il fatto che la procura non ha voluto più ascoltare Scajola dopo il primo interrogatorio in carcere, a regina Coeli, nonostante l’ex ministro in almeno tre occasioni l’abbia richiesto per chiarire ulteriori circostanze.
Ora il giudice ha cinque giorni davanti per decidere se dare il via libera alla richiesta della procura. Con il rito immediato si salta l’udienza preliminare e il processo inizia subito: la stessa formula utilizzata dai pm (con scarso successo, a constatare i risultati raggiunti a oggi) per Silvio Berlusconi nel caso Ruby. Occorre però l’evidenza della colpa e i pm ritengono che ci sia. Non attendono nemmeno ottobre, data nella quale si discuterà dell’aggravante “mafiosa” per gli imputati. Il gip, che pure aveva dato il via libera agli arresti, l’aveva negata: Scajola e la Rizzo non avevano aiutato la criminalità organizzata.
I pm non sono d’accordo e hanno deciso di far ricorso. Che cosa accadrà ora,non è chiarissimo nemmeno agli addetti ai lavori: è un caso anomalo che venga chiesto il giudizio immediato mentre ancora non è arrivata una decisione su una delle aggravati addebitate agli indagati. Al momento, comunque, questa non viene contestata.
Nella richiesta arrivata ieri mattina al giudice Barbara Bennato la circostanza è scomparsa, almeno per ora, dall’elenco dei reati. Scajola non è accusato di aver favorito la ‘ndrangheta, ma solo per procurata inosservanza della pena: tradotto, per i suoi tentativi di aiutare Matacena nella latitanza. Scajola, e per i pm è una circostanza evidente, si è attivato per spostare Matacena da Dubai, dove si era rifugiato dopo la condanna, in Libano, ritenuto un Paese più tranquillo per evitare l’estradizione. A confermarlo, sempre secondo l’accusa, ci sono tutte le telefonate tra lo stesso Scajola e Chiara Rizzo e i contatti dell’ex ministro con Vincenzo Speziali, nipote (e omonimo) dell’ex senatore del Pdl, indagato in un altro troncone dell’inchiesta. La Rizzo e il factotum dell’ex politico Martino Politi sono accusati anche di avere schermato i beni dello stesso Matacena allo scopo di sottrarli ad un eventuale sequestro.
La linea difensiva di Scajola sembra delineata. In realtà il suo interessamento per le sorti di Matacena non si è mai tradotto in nessuna azione concreta. Solo chiacchiere, qualche richiesta di informazioni, magari pure qualche millanteria per accaparrarsi la simpatia di Chiara Rizzo, ma nulla di più. Da far dire ai suoi avvocati Elisabetta Busuito e Giorgio Perroni: «Siamo fermamente convinti che dalle carte emerga la prova evidente della sua innocenza, che siamo fiduciosi di poter dimostrare se e quando potremo difenderci appieno dinanzi ad un Giudice terzo».

Scritto da Angelo Amoretti

30 luglio, 2014 alle 9:22

Intervista all’ex assessore Amoretti (F.I.) sui problemi del traffico

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Giovanni Amoretti che, per il suo bene, non è mio parente, ha rilasciato un’intervista al Secolo XIX in cui racconta di come andò l’accordo con la Tra.de.co. all’epoca in cui era assessore all’ambiente
Secondo me l’intervista è un po’ depistante: del resto lo dice lui stesso, e la cosa è grave, che “in quel periodo” ha avuto paura.
A questo proposito esorto tutti (come se le mie esortazioni servissero a qualcosa…) a non avere paura e a mettere al corrente la cittadinanza di ciò che succede nelle stanze del Palazzo.
E siccome in tanti non hanno ancora capito, altri fanno finta, e qualcuno rosica, mi piacerebbe tanto che il Sindaco, o chi per lui, indicesse una sorta di convegno, o incontro, chiamatelo come volete, in cui venga spiegata ai cittadini, senza raccontare bugie e nulla tralasciare, l’operazione “Ci siamo ripresi il porto e siamo tutti felici e contenti”.

Diego David per il Secolo XIX del 19-7-2014

PARLA L’EX ASSESSORE ALL’AMBIENTE DELLA GIUNTA STRESCINO (QUEST’ULTIMO È IN SILENZIO STAMPA)
«La città è una discarica? Mi prendo io la colpa»
Amoretti: l’azienda non ci speculi, conosceva le condizioni

«Mi assumo oggettivamente la responsabilità di quanto sta accadendo in città». Giovanni Amoretti, membro della giunta municipale dal 2009 all’aprile del 2012 con delega all’Ecologia nella prima amministrazione Strescino, è stato l’assessore che ha dato il via alla gara d’appalto per il servizio di igiene urbana nel capoluogo e negli altri 34 centri del comprensorio imperiese aggiudicata un anno fa, quale unica azienda partecipante, allaTradeco di Altamura oggi al centro di polemiche.
Un po’come Felipe Scolari, il commissario tecnico del Brasile dopo l’,1-7 patito nella semifinale dei Mondiali dalla Germania, Amoretti, che oggi non ricopre più alcun ruolo politico né amministrativo, di fronte al disastro in cui versano le strade cittadine ingombre di rifiuti, fa autocritica ma non ci sta a fare l’agnello sacrificale.

«Mi prendo la responsabilità, ma voglio essere chiaro -incalza l’ex assessore forzista– Chi vuole speculare sulla vicenda e strumentalizzarla sta sbagliando indirizzo».

Chi è che vuole speculare?

«Rimango basito davanti a certe dichiarazioni dei dirigenti della Tradeco che sostengono di essere stati raggirati dal Comune. Ricordo che il bando di gara i tecnici dell’azienda pugliese se lo sono soppesato e guardato in lungo e in largo. Per potersi rendere conto della complessità dell’appalto sono stati accompagnati dagli operatori comunali a compiere una approfondita visita sul territorio.
Anche altre ditte interessate avevano chiesto questo tipo di accesso ai luoghi,mapoi si sono tirate indietro.
La Tradeco no, ha ritenuto di avere elementi sufficienti per formulare l’offerta. Ora, mettere con le spalle al muro l’amministrazione, dopo la massima trasparenza che gli è stata riservata, se qualche calcolo algoritmico che stabilisce le percentuali di differenziata non è perfettamente corretto mi pare esagerato. Ma non solo».

Ma alla luce del disastro che poi si è rivelata per la città e i dintorni l’applicazione dell’appalto, rifarebbe le stesse scelte, come per esempio quella di escludere Ecoimperia dalla gara?

«Venivano da vent’anni di proroghe, c’erano restrizioni che imponevano la gara di appalto. Il socio privato di Ecomperia (la Ponticelli dei fratelli Pizzimbone, ndr) era stato scelto senza evidenza pubblica. Non si poteva proseguire oltre. Ma se mi trovassi nelle stesse condizioni di allora ridarei gli stessi indirizzi politici, che tra l’altro, mi furono riconosciuti anche dall’estrema sinistra che in consiglio comunale si astenne».

La sinistra contestava la mancata previsione del porta a porta per la differenziata

«Rimango convinto che morfologicamente il territorio imperiese non sia adatto per il porta a porta».

E quali sarebbero dovute essere i vantaggi per la città?

«Intanto la comprensorialità, la limitazione dei costi, 190 mila euro all’anno risparmiati solo per il trasporto a Collette Ozzotto, l’introduzione degli scarrabili, l’ecomobile, innovazioni assolute per il nostro territorio. Poi, da utente, purtroppo ho verificato che la Tradeco non ha messo in pratica adeguatamente il contenuto dell’appalto».

Ci sono, secondo lei, responsabilità dell’amministrazione Capacci?

«L’assessore Podestà sta gestendo una situazione complicata, ma non mi sento di metterlo in croce. Se fosse costretto a ricorrere a un altro bando gli consiglierei di condividerlo con tutte le forze politiche come facemmo noi. In certi momenti quando è in gioco l’interesse della città bisogna saper mettere da parte le casacche politiche».

Ci furono anche momenti di tensione con sindacati e lavoratori. Oggi che non ricevono lo stipendio cosa si sente di dire loro?

«I conti eseguiti da professionisti pagati dal Comune non potevamo metterli in discussione. A ogni buon conto con Strescino attivammo la procedura antimafia. E le assicuro di aver avuto in quel periodo anche paura, avendo due f gli piccoli e ed essendo andato a toccare un comparto, quello dei rifiuti, non propriamente santificato».

Scritto da Angelo Amoretti

20 luglio, 2014 alle 11:44

Pubblicato in Politica

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